Inps, pensione media uomini +34% rispetto alle donne

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Nel 2024 i pensionati hanno ricevuto una media di 2.142,60 euro al mese, una cifra superiore del 34% a quella media ricevuta dalle pensionate, pari a 1.594,82 euro. Lo afferma il rapporto annuale dell'Istituto nazionale di previdenza sociale

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Nel 2024 è salita di qualche punto percentuale l'età media di pensionamento, ma le diseguaglianze di genere restano forti: i pensionati uomini hanno ricevuto una pensione media di 2.142,60 euro al mese, una cifra superiore del 34% a quella media ricevuta dalle donne pensionate, pari a 1.594,82 euro.  Lo hanno riferito i dirigenti dell'Inps presentando il Rapporto annuale dell'Istituto nazionale di previdenza sociale. La crescita è dovuta prevalentemente alla stretta sulle pensioni anticipate con l'introduzione del calcolo contributivo per chi va in pensione con Quota 103 (62 anni di età e 41 di contributi) e in parte agli incentivi sulla permanenza al lavoro. L'età media di uscita in pensione di vecchiaia è di 67,2 anni mentre quella per l'anticipata è di 61,6 anni.

Pensione media uomini +34% rispetto a quella delle donne

"Al 31 dicembre 2024- si legge - i pensionati erano circa 16,3 milioni, di cui 7,9 milioni di maschi e 8,4 milioni di femmine. L'importo lordo delle pensioni complessivamente erogate era di 364 miliardi di euro".  Le donne sono il 51% dei pensionati ma percepiscono il 44% dei redditi ( 161 miliardi contro 204) . L'importo medio lordo  mensile dei redditi pensionistici è cresciuto del 4,4% sul 2023. L'importo medio dei redditi da pensione mensili percepito nel 2024 tra uomini e donne  era di 1.860,83 euro. Dei pensionati italiani nel 2024 il 96% circa percepiva almeno una prestazione dall'Inps e aveva un reddito lordo mensile medio di circa 1.884 euro. Il restante 4% non beneficiava di prestazioni da parte dell'Inps, ma percepiva rendite Inail, pensioni di guerra o pensioni da Casse professionali, Fondi pensione ed Enti minori. Con riferimento agli importi medi delle diverse tipologie di prestazioni pensionistiche, le pensioni anticipate/anzianità erano quelle più elevate, in quanto generalmente riconducibili a carriere lavorative più lunghe, con un importo medio di 2.133 euro mensili, a fronte di pensioni di vecchiaia di 1.021 euro, di invalidità di 1.151 euro e al superstite di 855 euro. Le prestazioni assistenziali si attestavano intorno ai 502 euro mensili, in media. Per quanto riguarda la distinzione per genere, il 66% delle pensioni anticipate era erogato ai maschi,  mentre le femmine percepivano il 61% dei trattamenti di vecchiaia (con un importo medio di 867  euro mensili a fronte di 1.260 euro mensili delle pensioni di vecchiaia percepite dai maschi). Le femmine erano in una netta prevalenza anche nelle pensioni ai superstiti (l'87% delle prestazioni) e nelle pensioni e assegni sociali (il 62%). Le percentuali delle altre categorie erano pressoché equamente  distribuite tra i sessi. Nell'ambito delle prestazioni previdenziali, se si escludono i trattamenti al superstite, a parità di altra tipologia di pensione, il reddito medio percepito dalle donne è inferiore a quello degli uomini. Per le donne il reddito medio da pensione è più basso di quello degli uomini anche in caso di pensione anticipata e quindi di carriera continua, a causa delle retribuzioni mediamente più basse ma il divario è minore. Gli uomini con redditi da pensione anticipata ricevono importi medi pari a 2.277,50, superiori del 22,94% a quelli delle donne (1.852,48 euro). 

Prestazioni liquidate nel 2024 +4,5% rispetto a 2023

Nel 2024, le prestazioni liquidate dall'Inps, ovvero il flusso di nuovi trattamenti previdenziali e assistenziali, sono cresciute del 4,5% rispetto all'anno precedente, avvicinandosi a 1,6 milioni. Di queste, il 55% consiste in prestazioni previdenziali e il 45% in assistenziali, con importi medi mensili pari rispettivamente a 1.302 e 493 euro. A fine 2024 i pensionati complessivi erano 16,30 milioni a fronte dei 16,23 del 2023. 

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Inps: 126 giorni media congedo parentale madri, 36 per padri

Durante il primo anno di vita del bambino, si registra un picco significativo nel numero di giorni di congedo parentale, con una media di circa 126 giorni per le madri. Nel primo anno di vita del bambino, le madri fruiscono in media di 126 giorni di congedo, contro i 36 giorni dei padri. Lo rileva l'Inps nel suo rapporto annuale. A partire dal secondo anno, si osserva una riduzione per entrambi i genitori, anche se molto più marcata per le madri, le quali fruiscono in media di circa 37 giorni di congedo, mentre i padri scendono a circa 27 giorni. Il trend continua con un ulteriore calo nel terzo e quarto anno, seguito da una lieve ripresa fino al sesto anno di vita. Dal settimo al nono anno, il ricorso al congedo parentale diminuisce ulteriormente, stabilizzandosi intorno ai 13-14 giorni sia per le madri che per i padri. Nel 2023 le condizioni di accesso al congedo parentale sono diventate più favorevoli, il che potrebbe aver incentivato anche madri meno propense ad assentarsi a lungo dal lavoro a utilizzare comunque lo strumento, seppur per periodi più brevi. Dai dato, sottolinea l'Inps, emerge una marcata concentrazione nei congedi di brevissima durata, inferiori ai 10 giorni, a indicare che la maggior parte dei padri tende a usufruire del congedo parentale per periodi molto limitati. Nel 2023 si osserva un picco iniziale più pronunciato rispetto al periodo 2012-2013, suggerendo un aumento della percentuale di padri che usufruiscono del congedo parentale per periodi molto brevi. La distribuzione presenta, poi, una densità progressivamente decrescente al crescere della durata del congedo. Dunque solo una piccola percentuale di padri fa ricorso a periodi prolungati di congedo parentale.

Presidente Fava: "Investire su donne e giovani per sostenibilità sistema"

"Le riforme del sistema pensionistico degli ultimi decenni hanno contribuito a contenere l'incidenza della spesa pensionistica sul Pil, evitando rotture di sostenibilità. Tuttavia, la transizione demografica in corso richiede scelte coraggiose capaci di contrastare e governare il graduale invecchiamento della forza lavoro e la contrazione di circa 5 milioni di persone in età lavorativa entro il 2040". Lo ha detto il presidente dell'Inps, Gabriele Fava presentando il Rapporto annuale dell'Istituto sottolineando che "il contrasto di questo fenomeno si concretizza in una serie di misure tese al rafforzamento della partecipazione al mercato del lavoro con incremento delle risorse che sostengono il sistema".   "Investire su donne e giovani - ha spiegato - è una condizione imprescindibile per assicurare la sostenibilità dinamica del sistema di welfare. Questi due segmenti della popolazione, pari a oltre 25 milioni di persone, rappresentano un potenziale produttivo e contributivo oggi solo parzialmente valorizzato". Secondo Fava ".è altresì importante sostenere l'apporto dei lavoratori anziani, riconoscendo il patrimonio di competenze ed esperienze che rappresentano. Ciò significa incentivare, su base volontaria, la prosecuzione dell'attività lavorativa oltre il termine di maturazione dei requisiti pensionistici, confermando gli incentivi già previsti per i lavoratori, come ad esempio il cosiddetto "Bonus Giorgetti" (contributi a carico del lavoratore in busta paga per chi rinuncia al pensionamento anticipato pur avendo i requisiti, ndr), ma anche promuovendo il coinvolgimento attivo del sistema produttivo". "Un ulteriore fattore che può contribuire sia ad ampliare la platea degli occupati che a rispondere ad un persistente mismatch tra domanda ed offerta di lavoro, ha detto ancora, è la valorizzazione dei flussi migratori come risorsa qualificante".

Pensionati all'estero

Sono 37.825 i pensionati italiani che hanno deciso di trasferirsi all'estero con il pensionamento all'estero dopo aver fatto la loro intera carriera lavorativa in Italia. Emerge dal Rapporto annuale Inps presentato oggi secondo il quale dopo un calo del 19% registrato nel 2021, durante la pandemia, si è avuto un rimbalzo nei due anni successivi con un +13% nel 2022 e un +7,5% nel 2023.

 

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