Fisco, verso rimborsi semplificati sui dividendi esteri: cosa prevede la direttiva Faster

Economia
©IPA/Fotogramma

Introduzione

La direttiva Faster and Safer Tax Excess Relief, pubblicata a inizio anno nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, mira a uniformare e velocizzare il recupero dei crediti maturati da investitori di ogni dimensione sui dividendi di società estere ed erosi in parte dal fenomeno della doppia tassazione. Ecco quando entra in vigore

Quello che devi sapere

L'entrata in vigore nel 2030

Gli Stati membri hanno tempo fino al 31 dicembre 2028 per recepire la direttiva Faster che sarà applicabile dal 1° gennaio 2030.

 

Per approfondire: La rubrica di Carlo Cottarelli: “La spesa sale al 5%, ma da chi si difende la Nato?

L'entrata in vigore nel 2030

L’obiettivo

Scopo della Direttiva Faster è innanzitutto quello di uniformare a livello comunitario la procedura di rimborso sui dividendi così come sugli interessi maturati dal possesso di titoli esteri, attualmente tassati due volte

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Come funziona la doppia tassazione

I guadagni frutto di un investimento internazionale vengono attualmente tassati sia nel Paese di residenza dell’investitore sia nel Paese dove è avvenuta l’operazione con aliquote che arrivano fino al 33-35%. Come conseguenza del duplice prelievo fiscale, i rendimenti vengono affossati e sono compensati solo in parte dal recupero delle tasse trattenute all’estero

Quanto sono tassati i dividendi nei paesi esteri

Secondo i dati dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), Repubblica Ceca e Slovacchia sono i Paesi Ue che ad oggi prevedono le ritenute alla fonte più elevate con aliquote entrambe al 35%. Tra i Paesi dove la tassazione risulta maggiore spiccano Belgio, Svezia e Danimarca con percentuali che oscillano dal 27 al 30%. In fondo alla classifica si colloca invece la Grecia con un’imposizione del 5%, dietro a Lussemburgo e Paesi Bassi, entrambe al 15%

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Gli accordi bilaterali

Per ridurre l’impatto negativo della doppia tassazione, negli anni le convenzioni internazionali e gli accordi bilaterali hanno sancito il diritto alla salvaguardia dell’investimento. L’Italia ha firmato oltre 80 patti con altrettanti Paesi stabilendo per gli investitori che non risiedono nella Penisola un’aliquota standard del 15% sui dividendi, percentuale che scende al 10 sugli interessi dei bond societari e si azzera del tutto per l’acquisto di cedole legate ai titoli di Stato

Le difficoltà della procedura

Nonostante l’affermazione a livello legislativo, il diritto a recuperare una parte dei guadagni maturati con un investimento internazionale trova ostacoli, dalle lungaggini temporali alla complessità delle procedure. A riscontrare la difficoltà sono sia cittadini italiani che hanno compiuto operazioni finanziarie fuori dai confini nazionali sia stranieri che hanno fatto domanda di rimborso all’Agenzia delle Entrate

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Come funziona la richiesta

L’iter per il rimborso prende avvio da una domanda da inviare all’amministrazione finanziaria estera competente con modulistiche che differiscono da Paese a Paese. Per l’Italia l’investitore è chiamato inoltre ad allegare la certificazione di residenza fiscale rilasciata dall’Agenzia delle Entrate e la contabile del proprio intermediario in cui emerge la ritenuta alla fonte applicata all’estero

Il ruolo delle banche

Un aiuto dovrebbe in teoria essere garantito dalle banche che hanno l’autorità di guidare l’investitore nella procedura di rimborso. L’iter viene però spesso scoraggiato dagli stessi istituti di credito per i costi legati all’operazione. Di conseguenza miliardi di euro detenuti da investitori italiani restano "sepolti" nelle casse di vari Paesi stranieri

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Verso un protocollo di comunicazione comune

Per Paola Deantoni, pubblic affairs officer di Societe Generale Securities Services, la nuova direttiva Ue non modificherà il principio della doppia imposizione così come la sottoscrizione di accordi bilaterali da parte dei singoli Paesi. “Lo scopo della direttiva è standardizzare, semplificare, velocizzare e rendere più sicura la procedura di recupero fiscale”, afferma la manager sottolineando la necessità per i Paesi dell’Unione di convergere “verso un tracciato standard e un modello il più possibile accessibile e omogeneo”

Tracciato unico con tutte le informazioni

Secondo l’esperta, la definizione di un tracciato unico con tutte le informazioni dettagliate potrebbe portare benefici doppi. Da un lato il modello rassicurerebbe i Paesi più esigenti, a partire dalla Germania che sulla procedura richiede maggiori requisiti. Mentre le informazioni ritenute ridondanti verrebbero eventualmente cestinate in quei paesi, come la Finlandia, che prevedono una procedura di recupero più snella

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Securities Market Practice Group

Sulla definizione di uno standard unico europeo dedicato ad autorità fiscali e operatori è in corso un’interazione tra il Securities Market Practice Group e la Commissione Europea. L’obiettivo finale resta il dimezzamento dei tempi complessivi della procedura che potrebbe essere evasa in pochi mesi rispetto agli anni attualmente necessari

 

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