La spesa sale al 5%, ma da chi si difende la Nato?

Il vertice della NATO dell’Aia è ancora in corso, ma è probabile che venga concordato l’obiettivo di raggiungere, per tutti i Paesi membri, una spesa per la difesa di almeno il 5% del Pil , entro una data che è ancora in corso di negoziazione. L’obiettivo del 5% venne citato per la prima volta da Trump in una conferenza stampa tenuta a Mar-a-Lago il 7 gennaio scorso. Non è chiaro perché il Presidente americano chiese proprio il 5%, piuttosto che il 4% come aveva fatto nel 2018, o, che so, il 6%. Fatto sta che un’ampia maggioranza di Paesi UE, e gli altri Paesi Membri della NATO, sembrano aver accolto tale richiesta. Come si confronta tale obiettivo di spesa con quanto raggiunto in passato? Definire cosa costituisce una spesa per la difesa non è semplice. Ma affidiamoci alla definizione usata dalla stessa NATO, che già include la spesa per infrastrutture per la difesa . Andiamo indietro nel tempo, alla seconda metà degli anni ’80 quando c’era ancora l’URSS e i Paesi NATO non erano impegnati in nessuna guerra combattuta . Nella media del periodo 1985-89 solo un Paese, gli Stati Uniti, eccedeva il 5% . Due Paesi stavano al 4,5%. Francia, Turchia e Germania stavano, rispettivamente, al 3,7%, 3,3% e 3%. Tutti gli altri erano ampiamente sotto il 3% . Non ho la media della NATO , ma certamente la spesa media era sotto il 5% del Pil. Questo nonostante la NATO avesse come principale avversario di fronte a sé l’URSS. E l’attuale Russia non è comparabile economicamente e militarmente all’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. Queste includevano l’Ucraina, un Paese che la Russia non è riuscita a sconfiggere dopo oltre tre anni di guerra, nonostante non abbia ricevuto un sostegno militare da altri Paesi se non attraverso la fornitura di armi. E ora l’Ucraina starebbe dal lato della NATO, in un eventuale conflitto. La realtà è che la Russia è, rispetto alla NATO, molto più piccola. Basta guardare alla popolazione. Nel 1989 l’Unione Sovietica aveva 286 milioni di abitanti, il 54% di quelli della Nato. Ora ne ha solo 144 milioni, meno del 15% di quelli della NATO. Niente di comparabile. Perché mai allora la NATO dovrebbe spendere, in percentuale del suo reddito, più di quanto spendeva quando c’era l’URSS, per fronteggiare un Paese che, in termini di popolazione relativa, vale ora tre volte e mezzo meno dell’URSS? Questi confronti portano a una considerazione rassicurante e, purtroppo, a una molto preoccupante. Quella rassicurante è semplice: forse non abbiamo bisogno di spendere il 5% del Pil per difenderci da Putin. Per quanto possa essere avventuriero, la sproporzione tra risorse della NATO e quelle della Russia dovrebbe portarci a pensare che un attacco russo a un Paese NATO, che farebbe scattare la reazione di tutti gli altri, ha una probabilità trascurabile. La considerazione preoccupante è ugualmente semplice: la spesa del 5% del Pil per la difesa non serve per fronteggiare la Russia, ma per fronteggiare la Cina o, comunque, un’alleanza di Paesi Emergenti. Il peso di questi ultimi, in termini di popolazione e Pil, è cresciuto enormemente negli ultimi 40 anni e la Cina e gli altri ora reclamano un maggior ruolo politico a livello mondiale, visto il mutato rapporto di forze. Il trumpiano “Make America Great Gain” è la risposta a questo sconvolgimento di forze legato alla globalizzazione: gli Stati Uniti hanno scoperto di non essere più il solo Paese egemone al mondo. C’è ora anche la Cina. E il rischio è che questa rivalità economica si trasformi in una rivalità politica. E si sa, per dirla con von Clausewitz che “la guerra è la continuazione della politica con altri mezzi". In quest’ottica l’aumento della spesa militare dei Paesi NATO riflette la contrapposizione che potrebbe caratterizzare il XXI secolo: quella tra i Paesi avanzati, che sono stati, i leader economici degli ultimi due secoli, e i Paesi emergenti, che aspirano a essere i nuovi leader o che, per lo meno, richiedono un riequilibrio rispetto al passato. Che sia il riarmo della NATO l’unica soluzione a questa contrapposizione è del tutto da dimostrare. Ma se così fosse, allora il XXI secolo potrebbe davvero essere anche peggio di quel disastro che fu la prima parte del XX secolo.

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