Introduzione
L’Italia è autorizzata a continuare a prevedere il meccanismo dello split payment fino al 30 giugno 2026, grazie a una deroga concessa dal Consiglio Ue nel 2023. Lo split payment prevede che l'IVA non venga incassata direttamente dal fornitore che effettua la cessione di beni o la prestazione di servizi, bensì sia versata direttamente da parte del soggetto che riceve la fattura, tipicamente un ente della Pubblica Amministrazione. Però da oggi, 1° luglio 2025, le società quotate in Borsa non possono più usufruire di questo meccanismo.
Quello che devi sapere
Cos’è lo split payment
Lo split payment, o scissione dei pagamenti IVA, è un meccanismo fiscale che modifica il tradizionale flusso di riscossione dell'Imposta sul Valore Aggiunto. Nel sistema ordinario, quando si emette una fattura, l'importo dell'IVA viene sommato al costo del bene o del servizio e incassato dal venditore che deve poi versare l'IVA all'Agenzia delle Entrate. Con lo split payment, questo flusso viene “interrotto”: il fornitore emette la fattura con l'IVA, ma riceve dal cliente solo l'importo netto. L'IVA viene invece versata direttamente allo Stato dall’acquirente.
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Cosa succede dal 1° luglio 2025
Dal 1° luglio 2025 le società quotate nell’indice FTSE MIB della Borsa Italiana identificate ai fini IVA (art. 17-ter comma 1-bis lett. d) del DPR 633/72), sono escluse dallo spilt payment. Questa però non è una vera e propria novità in quanto era già stata prevista dalla Commissione UE nell’ambito della proroga fino al 30 giugno 2026 dell’autorizzazione ad applicare il regime della scissione dei pagamenti.
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Cosa si chiede alle imprese
Alle imprese è stato richiesto di adeguare i propri sistemi di fatturazione, al fine di recepire la modifica che dal 1° luglio comporta il passaggio alle regole ordinarie in materia di addebito e versamento IVA. In sostanza, le fatture elettroniche devono essere emesse senza più l’indicazione del riferimento all’art.17-ter del DPR 633/1972 e l’imposta è incassata e successivamente riversata all’Erario.
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Cosa accadrà con le fatture
Senza lo split payment, i cedenti e prestatori che effettuano operazioni nei confronti di società quotate in Borsa, incassano dalle stesse l’imposta addebitata in via di rivalsa, salvo quando si applica il reverse charge.
Cos’è il reverse charge
Il reverse charge, detto anche inversione contabile, è un particolare metodo di applicazione dell’IVA che comporta lo spostamento degli obblighi fiscali relativi al pagamento dell'IVA dal soggetto che emette la fattura al soggetto che la riceve. Chi riceve una prestazione o compra un prodotto è dunque obbligato all'integrazione e al versamento dell’IVA
Cosa bisogna fare per adeguarsi alla novità
Con la nuova modalità, i fornitori devono valutare attentamente come operare osservando le regole dell’effettuazione dell’operazione che incidono nella tempistica di emissione della fattura. Gli automatismi della fatturazione devono essere stati aggiornati entro il 30 giugno 2025
Un esempio di fatturazione
Nel caso di un contratto per prestazioni di servizi verso una società quotata con fatturazione mensile che prevede l’applicazione del regime dello split payment, la fattura viene ordinariamente emessa entro il giorno 5 di ogni mese in riferimento alle prestazioni relative al mese precedente. Per il mese di giugno 2025, invece, dovrà essere emessa entro il 5 luglio senza il regime split payment.
La liquidazione Iva
Dal momento che l’imposta non viene più pagata dalla società quotata committente (che può comunque portare in detrazione l’Iva e non è tenuta alla doppia registrazione), l’emittente deve far concorrere l’Iva esposta in fattura alla propria liquidazione Iva periodica.
Cosa fare se si riceve una fattura sbagliata
Nella ipotesi in cui una società quotata ricevesse una fattura emessa con data luglio 2025 e con il riferimento al regime split payment, dovrà chiedere al fornitore l’emissione di una nota di variazione in accredito e la riemissione non potendo in nessun modo sostituirsi al fornitore per effettuare il relativo pagamento.
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