Titoli di Stato italiani, verso il ritorno dei finanziamenti delle banche. Cosa sappiamo

Economia
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Introduzione

Nel corso degli ultimi tempi si è ridotta la quantità di titoli di Stato posseduta dalle banche italiane: è passata da 430 miliardi del 2022 a 370 miliardi di fine 2024. Al termine dello scorso anno si è infatti concluso il Tltro, cioè il Targeted Longer-Term Refinancing Operations, un sistema con cui la Banca centrale europea fornisce alle banche dei fondi con scadenze pluriennali che gli istituti di credito dovranno poi trasferire all'economia reale, cioè quella tangibile, per concedere prestiti a privati e aziende.

 

La situazione però sta cambiando e si sta aprendo, spiega Il Sole 24 Ore, una nuova fase in cui le banche europee dovrebbero tornare a investire sui titoli di Stato italiani. In parte questa svolta potrebbe essere indotta dalle politiche economiche statunitensi, volute da Donald Trump. 

Quello che devi sapere

Indebolimento di dollaro americano e Treasury

  • La Casa Bianca sta infatti portando avanti una strategia basata su diversi fattori, fra cui - come noto - i dazi, che stanno indebolendo il dollaro e i Treasury, cioè i titoli di stato emessi dal governo federale allo scopo di rifinanziare il debito pubblico. Entrambi (dollaro e Treasury) sono da sempre considerati solidi beni rifugio. Ma di recente, per via della politiche di Trump, la valuta ha perso un po’ di forza e i Treasury hanno visto impennare i propri rendimenti (cosa che succede quando i titoli di Stato risultano più incerti): a inizio aprile quelli decennali sono passati da un tasso del 3,95 al 4,5%, ed entro la fine del 2024 potrebbero raggiungere il 5% 

Per approfondire: Dazi, 12 Stati Usa fanno causa a Trump. Il presidente: "Improbabile nuova sospensione"

Il carry trade

  • Una possibilità, spiega ancora Il Sole, potrebbe essere il cosiddetto carry trade: è una strategia di investimento che prevede di prendere in prestito capitali in una data valuta per investirli in strumenti finanziari (raramente in beni reali) denominati in altre valute e comunque con un rendimento superiore al costo del finanziamento. Il profitto che si ottiene è appunto pari alla differenza tra rendimento dell’investimento e costo del finanziamento. Lo spiega il sito di Borsa Italiana. Le valute scelte devono avere fra loro un rapporto pressoché stabile nel tempo e in particolare nel periodo che intercorre tra il momento in cui viene contratto il prestito e quello in cui viene restituito, altrimenti le perdite sul cambio assottiglierebbero i guadagni realizzati fino ad annullarli

Stati Uniti ed Europa in situazioni opposte

  • Il carry-trade però prevede un finanziamento a tassi più bassi, e gli Stati Uniti non possono permetterseli: non li può abbassare la Fed, perché i dazi rischiano di impattare sull’inflazione. La situazione europea e italiana è all’opposto: la Bce sta riducendo i tassi proprio in virtù di un’inflazione sotto controllo. Gli analisti, intanto, sostengono che i titoli di Stato italiani non sono più considerati rischiosi e sono anzi più sicuri

In 18 mesi acquisti esteri su titoli italiani per 100 miliardi

  • Il tutto è successo anche a seguito del miglioramento del deficit pubblico dell’Italia, che ha ottenuto un upgrade del rating sovrano a BBB+ da parte di S&P (Standard & Poor's) nelle scorse settimane. Negli ultimi 18 mesi, infatti, sono arrivati acquisti dagli investitori esteri sui titoli di debito pubblico italiano per oltre 100 miliardi. Nei giorni scorsi lo spread tra Btp e Bund a 10 anni si è fermato a 110,5 punti base. Il rendimento dei titoli italiani è al 3,57% e quello dei titoli tedeschi al 2,46% 

Le banche europee potrebbero usare il carry trade

  • A questo punto, e in questa cornice, le banche europee e quelle italiane possono ricorrere al carry trade: spiega Il Sole che gli istituti di credito possono puntare su finanziamenti a breve termine facendo leva sul tasso al 2,5% della Bce, a fronte di rendimenti che si aggirano sul 3,5%. Beneficiano così di 100 punti base di spread che potrebbe anche crescere in caso di nuovi tagli dei tassi

Cosa stima il Fondo monetario internazionale

  • Intanto, nei giorni scorsi il Fondo Monetario Internazionale ha tagliato le stime per quest'anno e il prossimo. Non si salva neanche l'Italia: il pil del Belpaese è previsto crescere nel 2025 dello 0,4%, ovvero 0,3 punti percentuali in meno rispetto alle previsioni di gennaio, e nel 2026 dello 0,8% (-0,1 punti)

Previsto in aumento il rapporto debito-pil

  • Il rallentamento è accompagnato da un aumento del rapporto debito-pil: nel giorno in cui l'Istat ha notificato all'Ue i conti italiani (135,3% debito e 3,4% deficit nel 2024), il Fondo ha previsto un aumento del debito quest'anno al 137,3% dal 135,3% del 2024. Il prossimo anno invece si attesterà al 138,5%, con un deficit in calo al 2,8% dal 3,3% del 2025 e un tasso di disoccupazione al 6,7%

Per approfondire: Perché il Fondo monetario internazionale rivede in negativo tutti i Pil mondiali