Lavoro, metà delle donne occupate è concentrata in 21 professioni (53 per uomini). I dati
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Corte Suprema Uk: definizione donne si basa su sesso nascita
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Introduzione
Dai dati Istat emerge che, anche se l'occupazione femminile è in crescita, è in aumento anche la segregazione professionale orizzontale: le donne, cioè, sono sempre più presenti nelle attività già storicamente femminilizzate. Ecco i dettagli
Quello che devi sapere
L’occupazione femminile
- La metà dell'occupazione femminile è concentrata in 21 professioni, mentre per gli uomini le professioni sono 53. Questo fenomeno si chiama segregazione professionale orizzontale e negli ultimi 15 anni risulta in aumento: le donne, cioè, sono sempre più presenti nelle attività già storicamente femminilizzate. Il quadro emerge dai dati contenuti nel podcast dell'Istat “Dati alla mano - Donne al lavoro, verso la parità di genere”, che sono stati illustrati da Maria Clelia Romano, esperta in materia dell'Istituto di statistica
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I dati
- L'occupazione femminile, da quanto emerge, è in crescita e sempre più donne sono sul mercato del lavoro. Nel 2023 l'attività delle donne fra i 15 e i 64 anni ha raggiunto il 57,7%, mentre negli anni Settanta era di poco superiore al 30%. Il tasso di attività, ha sottolineato l’esperta, è un indicatore importante perché dice quante donne sono sul mercato del lavoro, occupate o in cerca di occupazione. È in crescita, tra l’altro, anche la quota di donne occupate
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L’Italia
- L’Italia, comunque, in Europa è all'ultimo posto per tasso di occupazione femminile. Le tedesche, le olandesi e le finlandesi ci staccano di almeno 20 punti percentuali, le francesi di oltre 10 punti e le spagnole di 8. L'Italia è più allineata a Grecia e Romania, ma sempre dietro ai due Paesi
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Le professioni
- Se osserviamo i lavori in cui le donne sono più rappresentate, partendo dalle professioni specialistico- intellettuali, si riscontra una prevalenza femminile nelle occupazioni legate alla formazione: maestre di scuola preprimaria e primaria, insegnanti di discipline umanistiche nella secondaria superiore e insegnanti di sostegno. Nelle professioni come ingegneria e architettura, invece, le donne sono poco meno di un quarto. Va meglio tra le specialiste in scienze matematiche, chimiche, fisiche e naturali, dove le donne rappresentano un terzo degli occupati. Nel settore delle scienze informatiche e tecnologiche, però, le donne occupate sono meno del 18%
Le giovani
- Se si analizzano le fasce d’età, le più giovani stanno facendo progressi negli ambiti storicamente meno femminili. Ma il gap rimane ed è ampio. Nelle professioni in ambito Stem, le donne tra i 25 e i 39 anni sono più rappresentate di quelle della generazione di 55-69 anni. La distanza è di circa 10 punti percentuali. Ma le giovani restano comunque fortemente minoritarie rispetto ai coetanei maschi
I passi avanti
- Tra le professioni altamente qualificate che vedono un avanzamento importante della presenza femminile ci sono le dirigenti della pubblica amministrazione e i medici. In particolare, le professioni sociosanitarie e infermieristiche sono fra quelle a forte prevalenza femminile. Nel 2022, più della metà dei dirigenti medici del servizio sanitario nazionale erano donne: il 56% per l'esattezza. Tuttavia, quando si parla di “carriera” i numeri cambiano: fra i responsabili di struttura semplice le donne sono il 38% e fra i responsabili di struttura complessa - quelli che una volta si chiamavano primari - scende al 21%
Altri esempi
- Altro esempio emblematico è quello dei magistrati: le donne sono più del 58% (dati di marzo 2024), ma non fra i magistrati con ruoli direttivi. In quel caso la presenza femminile è sotto al 30%. Nei ruoli istituzionali, come quelli governativi, l'Italia è al di sotto della media europea. Nel Parlamento italiano invece la situazione è in linea con l'Europa, perché le donne sono un terzo, ma è distante dai Paesi nordici: in Islanda, Finlandia e Svezia le parlamentari sono tra il 46% e il 47%
Politica e imprese
- Per quanto riguarda la rappresentanza territoriale, alla fine del 2024 c’erano due presidenti di Regione donna (Alessandra Todde in Sardegna e Stefania Proietti in Umbria), due donne tra i sindaci dei comuni capoluogo e nessuna donna alla guida di una città metropolitana. Nelle imprese, poi, meno di un terzo è a conduzione femminile e anche in questo caso le donne sono concentrate in determinati settori: c'è maggiore equilibrio di genere in alcune imprese di servizi e in quelle che operano nella sanità, nell'assistenza sociale e nell'istruzione; ma guardando alle imprese industriali meno di una su cinque è a guida femminile. Nelle società quotate in Borsa, dove c'è stato un intervento normativo per la parità di genere, i consigli di amministrazione presentano un discreto equilibrio di genere ma a livello di amministratori delegati le donne non arrivano al 3%. La media europea della presenza di donne fra gli amministratori delegati delle grandi società quotate è prossima all'8%
Gli impieghi
- Tornando all'Italia, le donne con un part-time involontario sono il triplo degli uomini. Invece quelle che possono contare sul lavoro standard - perché dipendenti a tempo indeterminato e full-time oppure autonome con dipendenti - sono poco più della metà delle occupate: hanno un lavoro standard, invece, circa 7 uomini su 10. Le più vulnerabili sono le lavoratrici giovani, residenti nel Mezzogiorno, con bassa istruzione e cittadinanza straniera
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