Tfr e Tfs degli Statali, col pagamento differito si perdono in media 12mila euro. Le cifre
Economia
Introduzione
Il meccanismo attuale prevede che il Trattamento di fine servizio/rapporto (Tfs/Tfr) venga corrisposto ai dipendenti pubblici dopo 12 mesi se il pensionamento è di vecchiaia, 24 mesi se il pensionamento è anticipato, ma se supera i 50mila euro scatta la rateizzazione e dunque i tempi si allungano ulteriormente. E il pagamento può arrivare a 93 mesi, sottolinea Ezio Cigna della Cgil, nei casi di uscita con Quota 100-103, con poco meno di 2 milioni di persone interessate dal 2011 ad oggi.
Per questo sette sigle sindacali - tra cui Cgil e Uil - rilanciano il pressing a governo e Parlamento per superare una "discriminazione" con il settore privato che ritengono non più giustificabile e che vede "un inaccettabile sequestro" di risorse ai danni degli statali. Un tema su cui non manca l'attenzione della politica, ma su cui resta il nodo delle coperture. Mentre la Corte costituzionale è intervenuta nel 2023, dichiarando anticostituzionale il differimento della liquidazione ai dipendenti pubblici usciti per raggiunti limiti di età o di servizio.
Quello che devi sapere
I calcoli dei sindacati
- Ora le confederazioni Cgil, Uil, Cgs, Cse, Cosmed, Cida e Codirp rilanciano la necessità di una soluzione e calcolano gli effetti del ritardo nel pagamento. In due anni sono "2 miliardi e 157 milioni di euro sottratti ai lavoratori pubblici a causa del differimento e dell'inflazione", risorse che, sottolineano i sindacati, rappresentano una perdita anche per l'economia del Paese. I dipendenti pubblici per ottenere la liquidazione - rimarcano - possono arrivare a dover aspettare fino a sette anni e l'attesa inficia anche sul potere d'acquisto del Tfs/Tfr che, a causa dell'inflazione accumulata, perde valore con il passare del tempo. Le confederazioni stimano una perdita di 11.735 euro su un Trattamento medio di 82.400 euro, pari al 14,3% in meno, a causa dell'alta inflazione degli ultimi anni. Quanto all'impatto economico complessivo, spiega Ezio Cigna della Cgil, la perdita di potere d'acquisto, applicata alle cessazioni del 2022 e 2023, porta a una riduzione totale delle risorse pari a 2 miliardi e 157 milioni di euro: questo dato "conferma - sottolineano - come il differimento si traduca in un vero e proprio taglio occulto" per i dipendenti pubblici.
Per approfondire: Tfr in azienda o in un fondo pensione? Cos'è il silenzio assenso e cosa cambia
I sindacati: "Appropriazione indebita da parte dello Stato"
- "A distanza di quasi 15 anni dall'introduzione del differimento del Tfs/Tfr per i lavoratori dipendenti pubblici, permane l'ingiustificabile discriminazione tra i lavoratori del settore privato e quelli del settore pubblico", affermano le sette sigle sindacali. "Tale ingiustizia - proseguono -, perpetrata da molteplici governi indipendentemente dal loro colore politico, non è più accettabile". Secondo Cgil, Uil, Cgs, Cse, Cosmed, Cida, Codirp, si tratta "di una vera e propria appropriazione indebita da parte dello Stato, essendo il Tfs/Tfr salario differito e, pertanto, costituzionalmente garantito. A conferma di questa visione ci sono numerosi pareri giuslavoristi e, non ultima, la sentenza 130/2023 della Corte costituzionale". Inoltre, stimano che l'aumento del limite ordinamentale a 67 anni, introdotto con la Legge di Bilancio 2025, avrà un impatto significativo sul differimento del Tfs/Tfr. Sebbene nel 2025 non siano previsti effetti finanziari immediati, a partire dal 2026 inizieranno a manifestarsi risparmi per l'amministrazione pubblica, stimati in 339 milioni di euro nel decennio 2025-2034, ma a discapito di 76.300 lavoratori pubblici, che vedranno ulteriormente posticipato il loro diritto alla liquidazione. Se si considera anche l'impatto sulle pensioni, il risparmio complessivo nel decennio 2025-2034 raggiunge 2 miliardi e 145 milioni di euro, portando - concludono i sindacati - il totale dei risparmi tra Tfs/Tfr e pensioni a 2 miliardi e 484 milioni di euro.
Per approfondire: Tfr nei fondi pensione, a quanto ammonterebbe la rendita? I calcoli
I tempi di pubblico e privato
- "È inaccettabile che i dipendenti pubblici, dopo una vita di lavoro al servizio del Paese, non abbiano il diritto di ricevere in tempi ragionevoli l'erogazione del Trattamento di fine servizio (Tfs) e del Trattamento di fine rapporto (Tfr). Una discriminazione ingiustificata che non è più tollerabile", ha dichiarato il segretario confederale della Uil, Santo Biondo, in occasione di un incontro dedicato al tema. "Nel settore privato - ha proseguito - il Tfr viene erogato subito dopo la cessazione del rapporto di lavoro, mentre nel pubblico il pagamento può avvenire anche dopo 24, 27 o addirittura 60 mesi, a seconda della causa di cessazione del servizio e dell'importo spettante. Questo meccanismo rappresenta una lesione del principio costituzionale di giusta retribuzione e mina la fiducia nelle Istituzioni". Peraltro, ha ricordato Biondo, "quasi 50.000 lavoratrici e lavoratori hanno sottoscritto una petizione per chiedere una riforma immediata: un intervento legislativo non è più rinviabile, soprattutto alla luce della sentenza n. 130 della Corte costituzionale che ha dichiarato incostituzionale il differimento del Tfs per i dipendenti pubblici. Stiamo parlando di una platea di oltre 1 milione e 600 mila lavoratrici e lavoratori, costrette ad attendere per anni una somma che potrebbe servire per affrontare spese impreviste, sostenere i figli o semplicemente garantire una vecchiaia più serena"
Il tema dei Contratti collettivi nazionali
- "Un motivo in più per dire no alla sottoscrizione di Contratti collettivi nazionali di lavoro che, perdendo di vista la primaria funzione di rivalutare le retribuzioni almeno in ragione dell'inflazione registrata nel periodo di riferimento, oltre a svalorizzare il lavoro consegnano i lavoratori e le loro famiglie alla povertà da pensionamento", ha detto il segretario nazionale Fp-Cgil, Florindo Oliverio, commentando i dati resi noti dal convegno Il trattamento di fine rapporto dei dipendenti pubblici, proposte e iniziative per superare l'inaccettabile sequestro della liquidazione". "Appare dunque evidente che se non si firmano contratti di lavoro che mantengono il potere d'acquisto - ha aggiunto Oliverio - si incide in modo estremamente negativo sia sui salari, che con il rinnovo dei contratti di lavoro devono crescere ad un valore almeno pari all'inflazione se non vogliamo sancire un impoverimento ex lege per i dipendenti pubblici, ma anche sulla pensione e sul Tfs che si svaluta anno dopo anno". Il differimento del Tfs/Tfr è "una misura ingiustificata che, nel tempo, si è trasformata in una vera e propria penalizzazione strutturale-sequestro. Inoltre, le risorse sottratte ai lavoratori pubblici non solo ne penalizzano la stabilità economica, ma violano il principio di equità di trattamento rispetto ai dipendenti privati, ai quali il Tfr viene erogato in tempi ragionevoli. Negli ultimi anni, inoltre, sono cresciuti i tempi di attesa del Tfr dei dipendenti pubblici che hanno aderito ai Fondi di previdenza complementare di tipo negoziale, tempi che sono passati da una media di 6 mesi fino agli oltre 15 mesi attuali, il tempo che impiega Inps per liquidare le somme alle lavoratrici e ai lavoratori", ha osservato Ezio Cigna, responsabile Previdenza Cgil nazionale
La posizione del Civ Inps
- Anche il Consiglio di Indirizzo e Vigilanza dell'Inps "ha espresso un'idea rispetto al tema Tfr/Tfs" per i dipendenti pubblici, "lo ha fatto attraverso una delibera del 2024 con cui abbiamo posto l'accento almeno su quattro aspetti; il primo è quello di invitare l'istituto a promuovere un'azione nei confronti del legislatore e del governo affinché si dia attuazione alla sentenza della Corte costituzionale del 2023, intervenendo sui tempi di erogazione, sapendo che vi è una discriminazione e un danno concreto per i dipendenti pubblici dal punto di vista economico". Lo ha affermato il presidente del Civ Inps, Roberto Ghiselli, nel corso dell'iniziativa dei sindacati. "L'istituto ha interloquito con i ministeri, lo ha fatto valutando e pesando le proposte. Si è messo in moto. Ora - ha concluso - si tratta di capire in che misura la politica, il governo, il parlamento riescano a dare risposte in modo strutturale"
Attese fino a sette anni
- Anche per la Cida - la confederazione che rappresenta dirigenti, quadri e alte professionalità - "lo Stato è un datore di lavoro latitante. Il dipendente pubblico può attendere fino a sette anni per la liquidazione del rapporto di fine impiego; nel settore privato l'attesa è di pochi mesi, come è giusto che sia. Nel pubblico la normativa attuale impone ritardi e rateizzazioni che penalizzano in particolar modo i vertici della Pa, ossia proprio coloro che più si sono spesi per il buon funzionamento dello Stato e del suo apparato". L'attuale sistema "colpisce in modo sproporzionato i dirigenti e i professionisti pubblici, ossia quei lavoratori che hanno versato più contributi e garantito il buon funzionamento della macchina statale. Oggi gli importi inferiori ai 50mila euro vengono erogati in un'unica soluzione; per quelli compresi nella fascia tra 50mila e 100mila euro, l'erogazione avviene in due rate annuali; chi è in attesa di importi superiori ai 100mila euro deve attendere tre anni. Una prassi inaccettabile", ha dichiarato il presidente Fp-Cida, Roberto Caruso. Per Cida una soluzione esiste ed è economicamente sostenibile: secondo i dati Inps, il Tfs/Tfr per i dipendenti pubblici ha generato una spesa di 9,7 miliardi nel 2023, e la proposta di modifica contenuta nel disegno di legge attualmente in discussione comporterebbe un costo iniziale di 3,8 miliardi di euro, ma consentirebbe di sostenere minori costi progressivi fino a ridurre la spesa prevista nei piani pluriennali dell'Inps per una somma pari a 1,08 miliardi di euro annui dal 2030 al 2033
Il nodo risorse e le posizioni della politica
- Quelle che andrebbero trovate sono le risorse necessarie, che viaggerebbero intorno ai 3,8 miliardi per anticipare il pagamento delle liquidazioni per l'uscita di vecchiaia da 12 a 3 mesi. L'erogazione del Tfs/Tfr per i dipendenti pubblici, sui cui tempi c'è "una indubbia differenza" rispetto ai privati, "è un diritto, penso che la politica di qui ai prossimi mesi qualche risposta - forse non completa - la possa dare", ha detto il presidente della Commissione Lavoro della Camera, Walter Rizzetto (FdI). L'opposizione rilancia il pressing e la richiesta di aprire un tavolo. "Non è una battaglia ideologica, bisogna sanare un vulnus", afferma il deputato del M5s Alfonso Colucci, primo firmatario proprio della proposta di legge presentata nel 2023 per ridurre a massimo 3 mesi i tempi di pagamento. "C'è una pace che lo Stato deve fare immediatamente con i propri dipendenti: dare attuazione alla sentenza della Corte costituzionale", incalza il capogruppo Pd in commissione Lavoro alla Camera, Arturo Scotto.
Per approfondire: Statali, cos'è la tassazione separata e come viene calcolata. La guida di NoiPa