Manovra 2025, in pensione a 64 anni con i fondi complementari. Come funziona

Economia
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Introduzione

Arriva una novità sul fronte pensionistico, introdotta con un emendamento alla legge di Bilancio, con l'obiettivo di rendere più flessibile l'accesso alla pensione: sarà infatti possibile accedervi a 64 anni, cumulando gli importi del fondo complementare, ma solo se si hanno già 20 anni di contributi e se si è pienamente nel regime contributivo. La somma dei contributi previdenziali con l'aggiunta di quelli complementari vale infatti ai fini del raggiungimento dell'importo richiesto per accedere alla pensione.

Quello che devi sapere

Cosa sono i fondi complementari

  • Da tempo oggetto di potenziamento da parte di governo e maggioranza, i fondi complementari rientrano tra gli strumenti di risparmio privati che i lavoratori possono attivare per integrare l’assegno obbligatorio del sistema pubblico, quindi dell’Inps. Di fatto, spostando una determinata cifra, come per esempio il Trattamento di fine rapporto (Tfr), si crea una rendita che al momento dell’uscita dal lavoro si aggiungerà all’importo percepito mensilmente come pensione

Per approfondire: La rubrica di Carlo Cottarelli: "Accordo Ue-Mercosur, come dovrebbe schierarsi l’Italia?"

Cosa sono i fondi complementari

La nuova funzione

  • Con la modifica presentata alla Legge di bilancio, la somma tra contributi previdenziali e fondi complementari viene ammessa per il raggiungimento dell’importo richiesto a fini pensionistici.  L'attuale normativa consente di andare in pensione a 64 anni ai lavoratori in regime contributivo, con un minimo di 20 anni di contributi, solo se l'importo dell'assegno che si percepirà è pari a 3 volte la pensione minima per gli uomini e 2,8 volte per le donne. La novità consiste nel fatto che per raggiungere questo importo può essere utilizzata anche la rendita del fondo previdenziale complementare.

Quanti lavoratori riguarderà

  • Secondo le stime, la norma dovrebbe per adesso toccare da vicino una platea piuttosto ristretta, calcolando che i lavoratori che operano nel pieno regime contributivo hanno al massimo 28 anni di contributi, 8 in più del minimo richiesto. Un maggiore effetto è atteso a partire dal 2030 quando una quota più consistente di lavoratori avrà maturato i requisiti minimi

Obiettivo

  • Nell’ipotesi che la cumulabilità con i fondi previdenziali complementari venga estesa anche ai lavoratori che operano nel regime misto (retributivo-contributivo) pre-1996, la platea interessata salirebbe a 80mila. Come dichiarato da esponenti di governo e maggioranza, l'obiettivo resta favorire la flessibilità in uscita senza penalizzazioni

Il commento del governo

  • Un plauso alla modifica è arrivato dal sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon (Lega) secondo il quale l’emendamento Nisini “premia la flessibilità in uscita”. “Per la prima volta nella previdenza italiana si potranno cumulare la previdenza obbligatoria e quella complementare per raggiungere un assegno pensionistico pari a tre volte il minimo, riuscendo ad anticipare la pensione a 64 anni. Con il provvedimento si interviene in tema pensionistico affrontando concretamente il problema delle pensioni povere, destinate ad aumentare a fronte di un sistema contributivo che sarà più prevalente”, afferma Durigon

Le critiche del sindacato

  • Sull'uso dei fondi complementari per la pensione anticipata resta critica la posizione dei sindacati. Secondo la Cgil l'emendamento "certifica come nonostante le promesse di superamento della Legge Fornero sarà l'unica norma con cui si potrà accedere al pensionamento nel presente e in futuro". Per la segretaria confederale Lara Ghiglione "per coloro che utilizzeranno questa uscita non saranno più necessari 20 anni, ma dal 2025 ne saranno richiesti 25 e dal 2030 addirittura 30, con un importo soglia che in questo caso dovrà raggiungere 3,2 volte l'assegno sociale, ovvero 1.710 euro circa, 400 euro in più rispetto all'importo soglia del 2022" 

Tfr in fondi pensione?

  • Slitta invece al fotofinish il via libera alla norma che consente di attuare il “silenzio assenso” per trasferire il Tfr nei fondi pensione. Nei giorni scorsi dalla maggioranza (su tutti Fdi, Lega e Noi Moderati) era salito il pressing per approvare un nuovo semestre di silenzio-assenso che consentirebbe di scegliere di spostare il trattamento di fine rapporto dall'azienda alla previdenza complementare. Tra le ipotesi che circolano in queste ore c’è la restrizione del meccanismo ai neoassunti, limitazione che ridurrebbe i costi della misura e incontrerebbe il favore del Mef, pronto a fermare qualunque proposta non abbia le adeguate coperture

Cos’è il Tfr

  • Il Tfr è un compenso differito, erogato dopo la fine del rapporto di lavoro. Fa parte integrante del salario lordo, ma non è disponibile subito. Il datore di lavoro lo trattiene e ne è responsabile. Introdotto per la prima volta nel 1927, il trattamento di fine rapporto si calcola sommando per ciascun anno di servizio una quota pari all’importo della retribuzione dovuta per lo stesso anno divisa per 13,5

Previdenza integrativa

  • Scopo del “silenzio assenso” è trasferire direttamente le quote di Tfr nella previdenza integrativa in modo da avvicinare – per quanto possibile - l’importo futuro della pensione almeno all'80% dell’ultimo stipendio percepito

I conti Inps

  • Sul fronte dei conti dell’Istituto nazionale di previdenza, intanto il consiglio indirizzo vigilanza (Civ) ha dato il via libera al bilancio preventivo che per il 2025 stima una perdita di circa 9,3 miliardi di euro. Una previsione in linea rispetto al “rosso” di 9,2 miliardi previsto dall’assestamento di bilancio per l’anno in corso

Per approfondire: Manovra, torna l’ipotesi del silenzio-assenso per trasferire il Tfr ai fondi pensione