Accordo Ue-Mercosur, come dovrebbe schierarsi l’Italia?

L’accordo negoziato dalla Commissione Europea per l’abbattimento dei dazi sul commercio coi Paesi Mercosur sta suscitando notevoli polemiche. Ancora una volta, si dice, i burocrati di Bruxelles, capitanati dalla tedesca Ursula von der Leyen, avrebbero colpito per danneggiare gli interessi di molti degli Stati Membri, soprattutto quelli con settori agricoli ancora importanti come Italia e Francia, a vantaggio della Germania, il Paese più industrializzato d'Europa. Non sono certo un fanatico della liberalizzazione del commercio: ho sempre riconosciuto che, per esempio, la liberalizzazione verso la Cina sia avvenuta per lo meno un po’ troppo rapidamente. Ciò detto, vorrei invitare tutti a non affrettarsi a bocciare l'accordo col Mercosur. Prima di tutto, l’accordo deve essere ratificato dai Paesi membri dell’Unione Europea. I burocrati di Bruxelles quindi non hanno deciso per noi. Per la ratifica, inoltre, serve non solo un voto favorevole del Parlamento Europeo, a maggioranza semplice, ma anche il sostegno di una maggioranza qualificata degli Stati Membri: per bloccarlo basterebbero la Francia, che si è già espressa negativamente, più altri tre Paesi per un totale del 35% della popolazione dell’Unione. Quindi starà alla maggioranza degli Stati dell'UE, secondo regole che proteggono anche le minoranze, decidere democraticamente come proseguire. Passiamo alla sostanza. L'accordo prevede l'abbattimento dei dazi per il commercio tra l'area UE e quella Mercosur. La nostra area ha un vantaggio nella produzione di prodotti industriali , mentre il Mercosur ha un vantaggio per i prodotti dell'agricoltura . Per tutti i prodotti l'abbattimento dei dazi dovrebbe portare a un calo dei prezzi con un vantaggio per i consumatori di entrambe le aree. Il problema sono i produttori. Nella UE sono preoccupati gli agricoltori e i governi di Paesi con un settore agricolo ancora sviluppato. Tra questi, come si è detto, la Francia, per bocca di Macron, si è espressa in modo particolarmente netto contro l'accordo. A favore è invece l'industria tedesca, che spera in questo modo di trovare maggiori sbocchi ai propri prodotti, anche alla luce della minore crescita prospettiva, se non della contrazione, del mercato cinese. E l'Italia? Le associazioni degli agricoltori hanno già espresso preoccupazione, mentre invece il nostro settore industriale dovrebbe essere favorevole. Alla luce di tutto questo, come dovrebbe schierarsi l'Italia? Offro alcune considerazioni in proposito. Primo, occorrerà leggere l'accordo con attenzione e questo non è ancora stato possibile: i dettagli saranno fondamentali. Secondo, è ormai passato il tempo in cui qualunque taglio dei dazi doveva essere per principio accolto favorevolmente, come se non ci fossero dei perdenti. Al tempo stesso bocciare un accordo solo perché ci sono dei perdenti è sbagliato. Quello che occorre è quindi prevedere che ci siano adeguate compensazioni per chi viene colpito dalla liberalizzazione del commercio, compreso quelle nostre aziende agricole che subiranno la concorrenza dei prodotti Mercosur. Se però ci sono, e penso che ci siano, vantaggi complessivi per il nostro Paese, allora dovrebbero esserci anche adeguate risorse per compensare sufficientemente i perdenti. Occorrerà anche assicurare che la liberalizzazione del commercio di prodotti agricoli tra le due aree non vada a scapito della qualità dei prodotti scambiati, qualità che nel nostro continente è tutelata da precise norme che gravano sulle nostre aziende del settore. La terza considerazione è di carattere più generale. I venti delle guerre commerciali soffiano forte dopo la vittoria trumpiana alle elezioni presidenziali. Come ho detto, non tutti i dazi sono sbagliati, soprattutto se riguardano scambi tra aree profondamente diverse in termini di regolamentazione e di coinvolgimento del settore pubblico nel governo dell'economia e nell'attività produttiva . Non dimentichiamo però che se c'è un Paese che ha da perdere da una guerra dei dazi è proprio l'Italia. Non solo l'Italia negli ultimi 10 anni ha prevalentemente avuto surplus di partire correnti con l'estero . L'Italia è anche ai primi posti nel mondo in termini di capacità di esportare. Siamo al settimo posto tra i principali trenta Paesi del globo come esportazioni pro capite , con un livello ben superiore a quello sia degli Stati Uniti sia della Cina. È quindi nel nostro interesse di produttori che non si scatenino guerre commerciali. Ne soffriremmo più di quasi tutti gli altri.