Manovra 2025, quanto varrà il bonus Maroni per non andare in pensione? Le simulazioni
EconomiaIntroduzione
C’è anche la proroga del cosiddetto bonus Maroni tra le misure inserite dal governo nella Legge di Bilancio 2025. Si tratta di un incentivo che prevede vantaggi fiscali per i lavoratori dipendenti che decidono di ritardare il momento del proprio pensionamento, pur avendo maturato i requisiti per poterlo fare con Quota 103 (62 anni di età anagrafica e 41 anni di contributi versati). Ma usufruirne conviene?
Quello che devi sapere
La relazione dell'Ufficio Parlamentare di Bilancio
- L’Ufficio Parlamentare di Bilancio (Upb), nella sua relazione alla Manovra presentata lo scorso 5 novembre, ha analizzato nel dettaglio tutte le misure che entreranno nel testo definitivo della finanziaria, se confermate durante l’esame parlamentare. Tra queste anche tutte quelle in campo previdenziale (GLI INTERVENTI SULLE PENSIONI), compreso il bonus Maroni. In linea generale, la sua efficacia - si legge - “dipenderà anche dal modo in cui gli stessi lavoratori risponderanno agli incentivi”.
Per approfondire:
La rinuncia al versamento dei contributi a proprio carico
- Partendo dalla misura in sé, la relazione - ripresa da Il Sole 24 Ore - ricorda che la decisione di ritardare la pensione si accompagna alla rinuncia “al versamento della quota dei contributi a proprio carico (pari al 9,19 e all’8,85 per cento dell’imponibile pensionistico per i lavoratori dipendenti, rispettivamente, del settore privato e di quello pubblico)”. Dove sta il beneficio? “Tali contributi – spiega l’Upb - verranno accreditati in busta paga e, a differenza di quanto previsto con la Legge di Bilancio per il 2023, saranno esenti ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche”
La versione originale del bonus Maroni
- L’incentivo viene chiamato comunemente bonus Maroni perché va a ricalcare quello previsto dalla legge n.243/2004, proposto appunto dall’allora ministro Maroni. Ci sono però grandi differenze rispetto alla sua versione originale. Vent’anni fa, ricorda l’Upb, “l’intera contribuzione (sia a carico del lavoratore che del datore di lavoro) veniva corrisposta, in esenzione di imposta, al lavoratore”. In questo modo si “aumentava la percezione immediata dello sconto contributivo, importante soprattutto quando le decisioni sono prese in un’ottica di breve periodo e/o in presenza di vincoli di liquidità”. Non solo: “L’età media dei potenziali beneficiari era decisamente più bassa allora rispetto a oggi. Questo comportava una maggiore disponibilità a continuare l’attività lavorativa”. Ai tempi, l’adesione al provvedimento si inseriva infatti in “un sistema pensionistico in cui i beneficiari rientravano in grande maggioranza nel sistema retributivo”. Queste condizioni andavano a far sì che, accanto al beneficio monetario, si sommasse “quello implicito nel sistema di computo retributivo della pensione… che rendeva costoso in termini attuariali il versamento dei contributi per l’accumulo della pensione nella fase finale della vita lavorativa”
La versione 2025 del bonus Maroni: vantaggi a breve e lungo termine
- Nella sua versione futura, secondo le stime dell’Upb, “l’effettivo vantaggio del trasferimento dei contributi pensionistici in busta paga assume connotazioni differenti a seconda che l’orizzonte temporale di valutazione sia il breve oppure il medio-lungo periodo”
I vantaggi nel breve periodo
- Nel breve periodo, ciò che rileva è “l’aumento immediato del reddito disponibile”. E se negli ultimi due anni - 2023 e 2024 - la crescita del reddito disponibile è stata pari “all’ammontare dei contributi a carico del lavoratore al netto della maggiore imposta personale che deriva dal più elevato reddito imponibile”, con il venir meno dell’imponibilità fiscale dei contributi prevista per il 2025 gli effetti positivi sul reddito saranno ancora più forti.
- L'Upb fa un esempio pratico, prendendo a parametro un reddito da 40mila euro annuali, con aliquota contributiva del 9,19% e contributi pensionistici da 3.676 euro. Nella relazione si legge che "fino al 31 dicembre 2024 la rinuncia all’accredito contributivo provoca un aumento del reddito imponibile", che "con un’aliquota marginale del 35% significa una maggiore Irpef per 1.286,6 euro". Ebbene, dal 1° gennaio 2025 "anche questo ammontare entrerà nelle disponibilità del lavoratore"
Il medio-lungo periodo
- In un orizzonte temporale più ampio, l’Upb avverte: “La rinuncia dell’accredito contributivo non rileva ai fini della convenienza”. Come si spiega “questo apparente paradosso”? La risposta è in realtà semplice: a minori contributi pensionistici versati corrispondono minori assegni pensionistici in futuro. Insomma: si prende di più prima e si prende di meno dopo. “L’unico vantaggio sostanziale”, evidenzia l’Ufficio, è che “i contributi che entrano in busta paga sono esenti da tassazione personale sul reddito”. Tutto questo significa, in una prospettiva intertemporale, che “l’esenzione dall’imposta sul reddito dei contributi, quando questi non contribuiscono alla futura prestazione pensionistica, fa sì che essi non vengano mai tassati nel corso della vita del lavoratore”
Le simulazioni
- Ecco una tabella di simulazioni, messa a punto dall'Upb, da cui si evince che "il guadagno netto" è legato semplicemente "all’esenzione dei contributi pensionistici". In questo caso l'Ufficio considera tutti redditi da 40mila euro, ma età anagrafiche differenti
Le simulazioni
- Ecco altre simulazioni, questa volta prendendo a parametro redditi differenti.
Per approfondire: Irpef, ipotesi taglio della seconda aliquota per lavoratori e pensionati. La simulazione
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in questa scheda
- La relazione dell'Ufficio Parlamentare di Bilancio
- La rinuncia al versamento dei contributi a proprio carico
- La versione originale del bonus Maroni
- La versione 2025 del bonus Maroni: vantaggi a breve e lungo termine
- I vantaggi nel breve periodo
- Il medio-lungo periodo
- Le simulazioni
- Le simulazioni
- Leggi anche
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