Superbonus, arriva l’obbligo di spalmare i crediti in dieci anni: chi ci guadagna e chi no
Secondo la relazione tecnica all'emendamento del governo, la detraibilità in 10 anni delle spese per interventi col Superbonus riguarda un ammontare di detrazioni fruibili pari a quasi 12 miliardi tra il 2024 e il 2025. Abi e Ance hanno firmato una nota congiunta per denunciare i rischi. Problemi anche per le imprese, che potrebbero contare su un flusso di denaro inferiore a quello pianificato. Il ministro Giorgetti ha paragonato l'agevolazione al Vajont: "La diga l'abbiamo messa, ma la valanga era già partita"
- Nella notte tra il 10 e l’11 maggio è stato bollinato l'emendamento del governo al Decreto Superbonus. Il testo, in sei pagine, contiene anche la norma che prevede per le spese legate al Superbonus sostenute nell'anno 2024 la ripartizione della detrazione "in dieci quote annuali di pari importo". C'è, quindi, l'obbligo di spalmare i crediti del Superbonus su 10 anni (e non più in quattro). Sono previste anche norme specifiche per le banche, a partire dal 2025
- La detraibilità in 10 anni delle spese per interventi col Superbonus riguarda un ammontare di detrazioni fruibili pari a quasi 12 miliardi tra il 2024 e il 2025. Emerge dalla relazione tecnica all'emendamento del governo che introduce la misura. "Ai fini della stima sono stati considerati l'ammontare di detrazioni fruibili per l'anno 2024 pari a circa 6.211 milioni di euro e per l'anno 2025 pari a circa 5.780 milioni di euro, scontati nelle previsioni di bilancio", si legge
- Con questa mossa il governo prova a mettere un nuovo argine all'impatto inarrestabile della maxi agevolazione sul debito pubblico. Giorgetti ha paragonato il Superbonus al Vajont: "La diga l'abbiamo messa, ma la valanga era già partita"
- Nello specifico, nel corso del 2023 i contribuenti che nel 2022 non erano riusciti a cedere il credito e rischiavano l’incapienza fiscale hanno avuto la possibilità di scegliere la detrazione decennale al posto di quella in quattro anni, e gli emendamenti delle forze politiche chiedevano di riproporre l’opzione anche per i redditi 2023. Si trattava però di un’opzione e non di un obbligo
- Il Corriere della Sera fa un esempio e ipotizza lavori per 70mila euro con bonus al 110% (77mila euro complessivi). Chi richiede il rimborso fiscale diretto in quattro anni in teoria può ottenere 19.250 euro all’anno. Tuttavia, per averli tutti, deve disporre di un reddito imponibile al netto di qualsiasi altra detrazione o deduzione di 61.300 euro
- Con il rimborso decennale, pari a 7.700 euro all’anno, basta invece un imponibile di 31mila euro. Se la detrazione così pensata fosse obbligatoria, il contribuente con un reddito di 61mila euro verrebbe penalizzato: minore è il periodo necessario per il rimborso e maggiore è la convenienza
- I problemi maggiori tuttavia li dovrebbero affrontare le imprese che potrebbero contare su un flusso di denaro inferiore a quello pianificato: la remunerazione delle operazioni diminuirebbe di almeno 10 punti. Un taglio molto difficile da sostenere per imprese a corto di liquidità come quelle edili
- Per compensare, dovrebbero essere i condomini a garantire una maggiore partecipazione. Non è però scontato che tutti possano permettersi spese ulteriori a quelle previste. Secondo Il Corriere molti cantieri potrebbero doversi fermare
- Secondo il quotidiano non ha senso far partire ora lavori e usufruire del Superbonus: gli stessi interventi sono possibili ricorrendo all’ecobonus ordinario se si tratta di risparmio energetico. Quest’ultimo in particolari condizioni arriva a rimborsare il 75% dei lavori con molti meno obblighi e meno burocrazia
- Per quanto riguarda infine il Superbonus finalizzato al consolidamento statico l’alternativa del Sismabonus ordinario è migliore, perché il rimborso del credito (che a determinate condizioni può arrivare addirittura all’85% della spesa in condominio) avviene in cinque anni
- Preoccupazioni arrivano anche dalle banche: Abi e Ance hanno firmato una nota congiunta per denunciare i rischi presentati dall’emendamento del Governo. Secondo l'emendamento, per le banche dal 2025 non è più possibile compensare i crediti del Superbonus con debiti previdenziali. La norma, che vale anche per gli studi finanziari, non tocca invece le persone fisiche
- Per quanto riguarda la rateizzazione dei crediti delle banche e delle società appartenenti ai gruppi bancari o assicurativi è prevista, a partire dal 2025, la ripartizione in 6 rate annuali di pari importo: le rate dei crediti risultanti dalla nuova ripartizione non possono essere cedute ad altri soggetti, oppure ulteriormente ripartite. Le nuove norme non si applicano ai soggetti che abbiano acquistato le rate dei predetti crediti a un corrispettivo pari o superiore al 75% dell'importo delle corrispondenti detrazioni
- In pratica, la norma non penalizza gli istituti finanziari che hanno acquistato i crediti senza un eccessivo sconto. Negli altri articoli dell'emendamento si prevede un fondo da 35 milioni per il 2025 per gli interventi di riqualificazione nelle aree interessate da piccoli interventi sismici e finanziamenti per 100 milioni per il 2025 la riqualificazione energetica e strutturale realizzata dagli enti del terzo settore, dalle onlus, dalle organizzazioni di volontariato e dalle associazioni di promozione sociale