Conti università italiane, divario con Europa di 5,3 miliardi: lo studio
Secondo il report Mediobanca sono tanti gli aspetti su cui intervenire: dal corpo docente, sempre più anziano e precario, fino alla scarsa ricettività delle residenze studentesche. Ampio, soprattutto al Sud e in Sardegna, il rischio spopolamento causa calo demografico e bassa attrattività degli atenei
- L’Area Studi Mediobanca per la prima volta ha dedicato un ampio studio al sistema universitario italiano, prendendo in considerazione 61 atenei statali e 31 non statali o liberi, tra cui 11 telematici. Lo ha analizzato Il Corriere della Sera. Emergono diversi problemi, a cominciare dalla spesa per l’educazione in confronto con il contesto internazionale: l’Italia spende l’equivalente di 12.663 dollari per ciascuno studente full time contro i 18.880 della Francia e i 20.760 della Germania, i 14.631 della Spagna e i 17.578 della media Ue
- Se si considerano i dati dell’incidenza della spesa universitaria sul Pil pro capite emerge che l’Italia è in basso alla classifica rispetto agli altri Paesi europei: l’istruzione di alto livello impatta infatti del 28,9% contro 37,3% della Ue e 38,9% dei Paesi Ocse. In rapporto al totale della spesa pubblica, l’Italia universitaria resta ferma a quota 1,5% contro il 2,3 Ue e il 2,7 Ocse
- Secondo il report, “il gap italiano di risorse non appare riferibile alla spesa sostenuta dai privati (per lo più famiglie), ma a quella pubblica: la prima è pari allo 0,4% del Pil, in linea quindi con la media Ue (0,3%) e quella Ocse (0,5%), mentre la seconda si fissa nel nostro Paese allo 0,6% del Pil ben al di sotto dell’1% di Ue e Ocse”
- Buona parte di questa spesa proviene dal settore pubblico e non dal privato: su cento euro investiti nelle università, 61 vengono dall’amministrazione pubblica italiana e 39 da soggetti privati o non residenti
- Mediobanca ipotizza una spesa aggiuntiva di 5,3 miliardi di euro per raggiungere la media Ue e 8,8 miliardi per raggiungere la media Ocse (in foto, l'ateneo di Torino)
- Un altro tema complesso è il rapporto fra il calo demografico e la scarsa attrattività nei confronti degli studenti stranieri. Mediobanca ha simulato la situazione delle iscrizioni al 2041: il minore introito da rette di frequenza è stimato in circa 500 milioni per effetto di circa 415 mila studenti in meno (-21,2%)
- Le regioni meridionali e le isole sono quelle più a rischio: Molise, Basilicata, Puglia e Sardegna registrano nella simulazione un calo complessivo del 27,6%. Sempre con le stesse simulazioni, più contenuto è il calo al Nord che segnerebbe comunque -18,6% e al Centro -19,5%. La carenza di infrastrutture è fra i fattori più determinanti (in foto l'Università Statale di Milano)
- Il report ha anche analizzato la situazione del corpo docente, la cui età è sempre più avanzata: in Italia la quota di under40 è solo del 15,1% contro il 19,7% della Spagna, il 30,5% della Francia e il 52,1% della Germania. Al contempo, il 56% del corpo docente ha almeno 50 anni. Molti di loro, inoltre, sono a contratto: privi, cioè, di un titolo di insegnamento derivante da concorso. Il valore è 23,3% dell’intero corpo docente negli atenei statali, 68,9% nelle non statali. (In foto l'Università La Sapienza di Roma)
- Mediobanca prende in considerazione anche la ricettività degli studentati italiani. Il Pnrr si è posto come obiettivo un finanziamento di 970 milioni: si punta a creare posti per i fuorisede, oltre 100mila entro il 2026. Oggi il dato si aggira sui 40mila
- Nati fra il 2003 e il 2006, ora sono in tutto 11: fra le principali ci sono Multiversity (proprietaria della Pegaso) e Unicusano. Il report riassume i dati della loro crescita: dal 2012 +112,9% il numero dei corsi, +410,9% gli iscritti, +102,1% il corpo docente, +131,3% il personale amministrativo. Stanno spopolando sia perché offrono la possibilità di seguire un percorso di formazione a chi sta già lavorando, sia perché sono un’alternativa per chi non vuole o non può sopportare i costi da fuorisede