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Privatizzazioni, possibili novità in Poste e Ferrovie: cosa cambierebbe

Economia
Ansa e Ipa

Nel corso della conferenza stampa di ieri la premier Meloni ha ricordato ancora una volta l’importanza di ridurre la presenza del pubblico, lì dove non è necessaria, e affermarla dove invece serve. Il riferimento, poi esplicitato, è a Poste e Ferrovie, controllate in maggioranza dallo Stato ma con un probabile futuro ingresso di investitori privati. Questo porterebbe nelle casse statali una cifra stimata tra i 4,7 e i 6,7 miliardi di euro 

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“La mia idea è ridurre la presenza dello Stato dove non è necessaria e riaffermarla dove lo è”. Tra le tante frasi pronunciate dalla premier Giorgia Meloni ieri in conferenza stampa, questa resta una delle più evocative, visto che rimette al centro la questione delle privatizzazioni. Nella Nadef dello scorso settembre si stimava di recuperare quasi 20 miliardi in tre anni dalla cessione di alcune quote delle più importanti partecipate pubbliche. “L’impostazione del governo è lontana anni luce dal passato, quando erano regali milionari a fortunati imprenditori ben inseriti”, ha dichiarato la presidente del Consiglio.

L’ingresso dei privati in Poste e Ferrovie

Al centro delle attenzioni del governo ci sono due soggetti in particolare, Poste e Ferrovie dello Stato. Nel primo caso a detenere la maggioranza delle quote, il 65%, è il Ministero dell’Economia, sia in modo diretto che in modo indiretto, attraverso Cassa depositi e prestiti. Nel secondo caso, invece, lo Stato detiene il 100% delle quote di Trenitalia, attraverso Ferrovie dello Stato italiane, soggetto anch'esso totalmente pubblico. “La riduzione delle quote di partecipazione statale non riduce il controllo pubblico, come nel caso di Poste, mentre penso ci sia la possibilità di fare entrare i privati anche in società dove c’è il totale controllo pubblico, come in Ferrovie”, ha dichiarato Meloni in conferenza stampa. Secondo alcune stime, pubblicate da Il Sole 24 Ore, qualora venisse messa sul mercato una quota fino al 49% di Fs e meno del 30% di Poste la forchetta degli introiti per lo Stato potrebbe aggirarsi fra 4,7 e 6,7 miliardi.

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Il caso di Mps

I tempi di questo passaggio potrebbero non essere immediati, ma la volontà sicuramente sembra esserci. “I passaggi potrebbero essere abbastanza lunghi e questo non dipende solo da me. Intanto abbiamo dato un bel segnale per Mps, alcune risorse sono rientrate. Lo Stato deve controllare quello che è strategico ma questo non vuol dire non aprirsi al mercato”, ha dichiarato la presidente del Consiglio in conferenza stampa. La citazione dell’istituto senese non è casuale: a novembre è infatti avvenuto il passaggio di quote di Montepaschi Siena detenute dal pubblico, scese dal 64,23% a circa il 39,23%. Un tempo ripudiate dal mercato, questa volta le azioni sono andate letteralmente a ruba.

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