Ok del governo a un ingresso dello Stato in Tim. Meloni: “Difendiamo interesse nazionale”

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Il Cdm ha approvato un Dpcm che autorizza l’ingresso del ministero dell’Economia nella Netco di Tim e un decreto che ne assicura le risorse finanziarie da destinare all’operazione. La partecipazione del Mef, ha precisato il ministro Giancarlo Giorgetti, "sarà di minoranza per un importo massimo di 2 miliardi e 200 milioni"

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Il governo, con un atto formale, ha autorizzato il ministero dell'Economia a entrare nella Netco di Tim: garantisce che ci saranno le risorse finanziarie per acquistare fino al 20% della futura società della rete. Sul tavolo, per una partecipazione che ritiene strategica, l’esecutivo punta a spendere fino a 2,2 miliardi. In particolare, il Consiglio dei ministri ha approvato un Dpcm che autorizza il ministero dell'Economia a entrare nella Netco con una quota di minoranza e il decreto legge che ne assicura le risorse finanziarie.

Il Dpcm

"Il Dpcm autorizzerà il Mef ad acquisire una quota di NetCo compresa tra il 15 e il 20%, con un esborso massimo di 2,2 miliardi", si legge nel comunicato di Palazzo Chigi dopo il Consiglio dei ministri che ha approvato il decreto-legge con misure urgenti in materia di finanziamento di investimenti di interesse strategico. Nel decreto che assicura fino a 2,2 miliardi per consentire l'ingresso del Mef nella NetCo di Tim ci sono risorse "pari a 2.525 milioni", si legge ancora. "Si tratta di residui utilizzabili inerenti il suddetto patrimonio che potranno essere finalizzati alla realizzazione di operazioni attinenti società di rilievo strategico individuate con dpcm", si spiega. Le risorse derivano dalle disponibilità sul “patrimonio destinato” creato dal decreto-legge n.34 del 2020.

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Meloni: “Assumere controllo strategico della rete di telecomunicazioni e salvaguardare posti di lavoro”

"Questo è un primo passo, al quale seguiranno ovviamente logiche di mercato, ma finalmente possiamo dire che in Italia c'è un governo che su un dossier così importante si attiva a difesa dell'interesse nazionale e dei lavoratori. E che ha una strategia", ha detto in Consiglio dei ministri la premier Giorgia Meloni. Ha poi aggiunto: "Dopo aver trovato una soluzione seria per Ita con un accordo con Lufthansa - Commissione Ue permettendo, che a volte solleva problemi che difficilmente capiamo - ora è venuto il momento di dare una prospettiva a quello che è stato uno dei campioni internazionali delle telecomunicazioni". "La direzione intrapresa dal governo è quella che il centrodestra ha sempre auspicato e sostenuto: assumere il controllo strategico della rete di telecomunicazioni e salvaguardare i posti di lavoro", ha detto ancora la presidente del Consiglio. Una dichiarazione che suona come un sigillo al Memorandum firmato il 10 agosto scorso tra il Mef e Kkr, il fondo americano già azionista di Tim che sta trattando in esclusiva per l'acquisto della società della rete.

La sede di Tim a Rozzano (Milano), dove si svolge l'assemblea chiamata a nominare il nuovo cda, 4 maggio 2018.
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Giorgetti: “Speriamo di dare un quadro stabile e definitivo”

La partecipazione del Mef alla Netco di Tim, ha precisato il ministro Giancarlo Giorgetti, "sarà di minoranza per un importo massimo di 2 miliardi e 200 milioni". Ha poi ribadito che si tratta di una partecipazione "finalizzata ad assicurare comunque l'esercizio di poteri speciali, sostanzialmente la capacità di incidere in termini di strategia di sicurezza su quella che consideriamo una infrastruttura, la rete di Tlc, come decisiva per il futuro del Paese". "Speriamo – ha aggiunto Giorgetti – che con questa azione si possa in qualche modo dare un quadro stabile e definitivo a una vicenda che da molto tempo vive una situazione di impasse e nei prossimi mesi potrebbe avere una soluzione definitiva".

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I punti da definire e i nodi

I prossimi mesi, infatti, saranno decisivi per la riuscita dell’operazione. C'è ancora un mese di tempo per presentare l'offerta vincolante, che dovrà arrivare entro il 30 settembre, ma entro fine mese il fondo dovrebbe, secondo le attese, riuscire a trovare un accordo con le banche per il finanziamento dell'operazione. Tra i punti ancora da definire c'è la partecipazione di Cdp, che si è detta disponibile a forme di cooperazione. Anche la Cassa potrebbe avere un ruolo, ha detto Giorgetti in conferenza stampa, "è possibile all'interno dei vincoli dell'Antitrust". Non ci sarebbe invece l’ipotesi di porsi al fianco di un investitore estero (ed extraeuropeo): "Kkr non è nuova in Tim – ha ricordato Giorgetti –, esiste già la partecipazione in Fibercop, ed è quindi il naturale interlocutore" in un'operazione come quella della separazione e vendita della rete. Siccome questo è un investimento strategico per il controllo della rete, in particolare per alcuni aspetti come Sparkle, lo Stato ci deve essere e noi ci saremo". Il ministro ha ricordato che sulla rete ha già puntato una grossa fiche, "qualche miliardo di Pnrr". Tra gli ostacoli che ancora si possono frapporre c'è Vivendi, il socio di maggioranza (con il 24%) che resta comunque insoddisfatto del piano industriale di Tim e ha sollevato forti dubbi sulla sostenibilità della ServiceCo una volta scorporata la rete: chiede "un dialogo serio" con il governo italiano per arrivare a una soluzione che tuteli i suoi interessi.

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