
Pnrr, corsa a ostacoli tra cambi di governo e dubbi dell’Ue: com’è nato e com’è cambiato
Il Piano nazionale di ripresa e resilienza continua a far discutere e fatica a decollare. Nato con l’esecutivo Conte, è stato modificato da quello Draghi e ora è in mano al governo Meloni. Ma nel frattempo lo scenario economico globale, con la guerra in Ucraina e le sanzioni alla Russia, è totalmente diverso da quello in cui il Recovery plan italiano è stato immaginato. E intanto Bruxelles ha sospeso per un mese la tranche da 19 miliardi di euro in attesa di ultimare la fase di "valutazione"

Continua a far discutere, e fatica a decollare, il Piano nazionale di ripresa e resilienza. L’Italia vuole chiedere all’Ue di rimodularlo. Dal ministro per il Made in Italy Adolfo Urso a quello dell'Economia Giancarlo Giorgetti, il governo ha parlato delle possibili mosse: isolare i progetti "poco realistici", portare avanti quelli realizzabili entro il 2026, lavorare sulle garanzie per le imprese che partecipano ai bandi, migliorare l'organizzazione della struttura della Pa. Tra cambi di premier e dubbi di Bruxelles, ecco com’è nato e com’è cambiato il Pnrr
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Partiamo dai soldi. Il Recovery Plan italiano vale 191,5 miliardi, ai quali si aggiungono altri 30 miliardi del fondo complementare: un totale di circa 220 miliardi. La cifra è stata strappata dal secondo governo Conte e annunciata all'alba del 21 luglio 2020, dopo uno storico Consiglio europeo che è durato tutta una notte. L'Italia ha ottenuto il 28% dell'intero Recovery Found europeo (750 miliardi). Meno di un mese dopo, il 13 agosto 2020, è arrivato un anticipo di quasi 25 miliardi di euro
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Sin da subito è iniziata la sfida contro le croniche debolezze dell'Italia, ben riflesse nel suo Pnrr: frammentazione degli obiettivi, scarsa capacità di spesa, una macchina burocratica indebolita da decenni di blocco del turn over con quadri e dirigenze sempre più anziani e con numeri ridotti all'osso. Per non parlare della litigiosità politica, attizzata dal fiume di denaro in arrivo
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Il 6 gennaio 2021 il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri ha consegnato al premier Giuseppe Conte la bozza aggiornata del Recovery plan, giusto poco prima della caduta del governo. Il 13 febbraio, infatti, a Palazzo Chigi sono arrivati i tecnici guidati da Mario Draghi, chiamati dal presidente Sergio Mattarella anche per garantire una marcia efficiente del Pnrr: nell'entusiasmo generale, il Piano dovrebbe fare da leva a un nuovo boom dell'Italia nel dopo-Covid
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Il governo Draghi è intervenuto sul piano e il nuovo Pnrr italiano, un volume di 269 pagine dal titolo “Italia domani”, ha passato l'esame europeo. Il 31 dicembre 2021 il nostro Paese ha ricevuto la prima rata da 21 miliardi di euro. Ma nel frattempo tutto il sistema è stato investito dall'aumento precipitoso dei prezzi delle materie prime e dall'impennata dell'inflazione. Il governo è intervenuto con finanziamenti per permettere alle imprese di portare avanti i cantieri e far fronte al quasi quotidiano saltare dei preventivi
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Il 30 giugno 2022 è arrivata la seconda tranche di altri 21 miliardi. Quattro mesi dopo, il 22 ottobre 2022, dopo le elezioni il governo Draghi ha lasciato Palazzo Chigi al governo Meloni. Lo scenario economico globale è a quel punto totalmente diverso da quello in cui il Pnrr di Conte e gli aggiustamenti fatti da Draghi sono stati immaginati. Le sanzioni alla Russia e la guerra in Ucraina hanno cambiato il paradigma
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La nuova premier ha incaricato del dossier Pnrr Raffaele Fitto, ministro degli Affari Europei. È stata istituita una cabina di regia, rivista la governance del Piano, messi in cantiere alcuni decreti per aumentare il personale dedicato. È stata creata una piattaforma digitale per monitorare tutti gli obiettivi del Piano e intervenire in caso di debolezze. Ma a fine marzo 2023 è arrivata una doccia fredda da Bruxelles: la terza tranche da 19 miliardi di euro è stata sospesa per un mese in attesa di ultimare la fase di "valutazione"

Nel mirino di Bruxelles sono finite opere che già in Italia hanno generato polemiche, come lo stadio di Firenze e quello nuovo di Venezia. Per Bruxelles non sono di "riqualificazione urbana e sociale", ma piuttosto mega strutture realizzate con soldi pubblici da passare poi a soggetti privati per il loro sfruttamento. È piaciuta poco anche la mossa di Milano: invece di piantare alberi in terra come previsto, ha pensato di cavarsela mettendo dei semi in vasi

Intanto, secondo gli ultimi calcoli effettuati al 13 marzo scorso dalla Piattaforma della Ragioneria generale, la spesa finora effettuata è di 23 miliardi, che riguardano 107 misure (105 investimenti e 2 riforme) delle 285 elencate dal Pnrr: una percentuale di realizzazione vicina al 12% delle risorse complessive al 2026

Un’altra ombra che negli ultimi giorni è tornata a stagliarsi sul Pnrr è quella del debito: diversi esponenti di governo hanno ricordato come i soldi del Pnrr non siano gratis. Quasi 69 miliardi sono a fondo perduto, ma 122,6 sono prestiti che l'Italia dovrà restituire
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