
Pensione anticipata, perché in alcuni casi conviene e in altri no
Guardando ai due canali principali per uscire dal mondo del lavoro prima del previsto - Quota 103 e la pensione anticipata della Legge Fornero - si può dire che la prima scelta non conviene soprattutto a chi sa già che prenderebbe un assegno superiore al massimo consentito da Quota 103. Ci sono però altri elementi da considerare

Pensione anticipata: quando conviene e quando non conviene? Al netto del fatto che andando in pensione prima del previsto l’assegno è sicuramente più basso, la risposta non è comunque semplice. Non lo è perché esistono diversi canali per uscire dal mondo del lavoro in anticipo rispetto all’età fissata per legge: ci sono Quota 103, la pensione anticipata contributiva a 64 anni, Opzione donna e Ape sociale
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Il quesito riguarda però molti italiani. L’ultimo monitoraggio Inps sui flussi pensionistici rivela infatti che, nel 2022, su un totale di 779.791 nuove erogazioni pensionistiche, il 31% è da ricondurre a qualche forma di prepensionamenti
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Una delle vie principali per andare in pensione prima del dovuto, al momento, è proprio Quota 103: a differenza di Opzione Donna e Ape Sociale, fissa requisiti solamente anagrafici e contributivi. Rimarrà così almeno fino al 31 dicembre 2023, salvo proroghe che interverranno soltanto se il governo non riuscisse a trovare una soluzione per superarla, come più volte ha detto di voler fare. I requisiti per accedervi sono: 62 anni di età anagrafica e 41 anni di contributi versati
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Ci si chiede quindi a chi convenga accedere a Quota 103, che ha sostituito le precedenti Quota 100 e Quota 102. Per capirlo bisogna tenere a mente tutta una serie di regole, come quella per cui l’importo lordo dell’assegno non può superare di cinque volte il trattamento minimo previsto dall’Inps, circa 2800 euro lordi, fino a quando non si sarà raggiunta l’età anagrafica standard per andare in pensione (67 anni)
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Questo significa innanzitutto che ci perderebbe chi avrebbe diritto a una pensione che supera i 2800 euro, e che quindi ha già uno stipendio medio, se non alto. Anche perché, aspettando qualche mese, si può invece accedere alla pensione anticipata prevista dalla Legge Fornero
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Le donne possono farlo al raggiungimento di 41 anni e 10 mesi di contributi versati, gli uomini di 42 anni e 10 mesi. In entrambi i casi si prescinde dall’età anagrafica. Chi sa che la sua pensione supererebbe sicuramente l'importo massimo previsto da Quota 103 potrebbe quindi avere interesse a restare al lavoro ancora un po’

Per tutti gli altri la scelta deve necessariamente considerare elementi personali: a quanto ammontano i propri risparmi e quanto si è disposti a sopportare lo stress lavorativo, ad esempio. Bisogna anche tener conto del fatto che, una volta che si accede a Quota 103, non è più possibile lavorare

O meglio: si può lavorare solamente in maniera autonoma e occasionale. Senza però superare il limite annuo di 5mila euro. Anche questa è una considerazione di cui va tenuto conto prima di scegliere, perché la pensione anticipata ordinaria non pone lo stesso paletto

L’ultima Legge di Bilancio ha poi recuperato l’ex bonus Maroni, incentivo per restare a lavoro pur avendo raggiunto i requisiti per Quota 103. Vale per i lavoratori dipendenti e permette in sostanza di rinunciare all’accredito dei contributi che andrebbero impiegati per l’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti. Il datore di lavoro va così a versare quei contributi direttamente in busta paga, senza doverli invece reindirizzare verso l’Inps, aumentando lo stipendio. Per i lavoratori autonomi non è previsto nulla di simile

I primi assegni pensionistici con Quota 103 verranno erogati a partire dal 1° aprile. Resta quindi ancora da vedere in quanti la preferiranno ad altre vie. Ovviamente tutte le forme di flessibilità in uscita dal mondo del lavoro presentano delle ricadute sull’importo finale che si andrà a ricevere mese per mese

In generale, è ovvio che più si rimane a lavoro più si riceve di pensione. Questo perché il calcolo dell’importo previdenziale è fatto tenendo conto del montante contributivo, elemento che sale in relazione al tempo lavorato
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