Smart Working al 100% per chi ha bimbi, ma non è sempre così

Economia
Simone Spina

Simone Spina

In vigore le nuove regole sul lavoro agile. Il diritto a svolgere la propria attività sempre da casa vale fino al 30 giugno per chi ha gravi problemi di salute e per chi ha figli fino a 14 anni. Quest'ultima opportunità vale però solo nel settore privato e, inoltre, non è chiara la sua applicazione se l'azienda ha stabilito regole specifiche

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Fatta la legge, trovato l’inghippo. Parliamo dello smart working nella modalità semplificata adottata all’inizio della pandemia, che il governo ha prorogato fino al 30 giugno per due categorie di lavoratori: i fragili (per i quali altrimenti scadeva a fine marzo) e coloro che hanno figli con meno di quattordici anni, per i quali – invece – la possibilità era finita a dicembre.

Lavoro agile pieno solo nel settore privato 

Tutti coloro che hanno gravi problemi di salute hanno dunque il diritto a lavorare sempre da casa. L’opportunità dello smart working pieno per chi ha bambini, invece, vale solo per i lavoratori privati, sempre che il tipo di mansioni lo permetta e che tutti e due i genitori abbiano un’occupazione. Si conferma, quindi, la disparità di trattamento con il pubblico impiego ma, in ogni caso, non è chiaro cosa accada se già l’azienda ha messo nero su bianco delle regole specifiche.

Legge sibillina 

Il dipendente privato con figli piccoli potrà evitare di andare in ufficio tutti i giorni o dovrà essere in presenza un certo numero di volte come previsto da norme interne? La legge (il Milleproroghe) non scioglie questo nodo. Così, a fronte di chi sostiene che bisogna limitare lo smart working se l’azienda ha stabilito dei paletti, c'è chi ritiene che il diritto a stare a casa copra il 100 per cento delle giornate lavorative perché si tratta di una norma dello Stato (quindi con valore superiore ad altre norme), inoltre non stabilire un perimetro sarebbe stato fatto di proposito per proteggere una categoria specifica.

Nel pubblico impiego norme più stringenti

Potrebbe fugare i dubbi un chiarimento da parte del governo, che non ha intanto cambiato la disciplina generale per il pubblico impiego, dove deve prevalere il lavoro in presenza, ma le singole amministrazioni possono prevedere un certo numero di giornate da remoto.

"Un'occasione non pienamente sfruttata" 

Da ricordare, infine, che a svolgere almeno una parte del lavoro in smart working è attualmente il 14,9 per cento degli occupati del nostro Paese. Una percentuale ritenuta bassa dall’Inapp (Istituto nazionale per le analisi delle politiche pubbliche), secondo il quale si potrebbe arrivare al 40 per cento. Nel 2019, il lavoro agile riguardava solo il 4,8 per cento dei lavoratori e nel 2020 (in piena emergenza Covid) si arrivò al 13,7. Questo andamento in crescita è poi “decisamente rallentato”, aggiungono gli esperti, secondo i quali si tratta di “un’occasione non pienamente sfruttata”.

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