Contratto Sanità, manca accordo e salta la firma per il rinnovo. Cosa sta succedendo

Economia
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Introduzione

Tutto bloccato per il rinnovo del Contratto nazionale del comparto Sanità, relativo al triennio 2022-2024, che coinvolge oltre 581mila lavoratori del Servizio sanitario nazionale, tra infermieri, tecnici, amministrativi e personale sanitario non medico. Dopo sette mesi di trattative, l'Aran, Agenzia per la rappresentanza negoziale delle Pubbliche Amministrazioni, ha convocato le organizzazioni sindacali nei giorni scorsi, con l'obiettivo di concludere le negoziazioni e siglare una pre-intesa. Ma ieri è saltata la firma.

Quello che devi sapere

Cosa è successo

  • La fumata nera sulla firma del contratto nazionale di lavoro del comparto sanità 2022-24 - che riguarda oltre 580mila lavoratori del Servizio sanitario nazionale tra infermieri, tecnici e personale non medico - è arrivata dopo sette mesi di trattativa serrata e quando sembrava di essere ormai al rush finale. I sindacati, nel confronto conclusivo all'Aran, si sono spaccati sugli aumenti e sulle risorse economiche messe in campo. Favorevoli all'accordo il Nursind, la Fials e la Cisl, mentre Cgil, Uil e Nursing up hanno deciso di non firmare, impedendo così di raggiungere la maggioranza necessaria.

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Gli aumenti contrattuali

  • Sul rinnovo del contratto del comparto Sanità, il presidente Aran, Antonio Naddeo, si era detto fiducioso: "Poco più di due anni fa, con tutti i sindacati, abbiamo concluso un contratto con un incremento del 4,4%, nonostante l'incertezza sulle risorse future. Oggi, invece, abbiamo il 6,8% e possiamo contare su risorse certe per il rinnovo 2025-2027. Sarebbe dunque difficile comprendere le ragioni di un mancato accordo". Il rinnovo, nella sua formulazione, prevederebbe risorse complessive pari a 1,784 miliardi di euro, con un aumento medio mensile di 172,37 euro per tredici mensilità, pari al 6,8% in più rispetto alle retribuzioni attuali. Le risorse includono indennità specifiche per le professioni sanitarie: 175 milioni di euro per l'indennità di pronto soccorso; 35 milioni di euro per l'indennità di specificità infermieristica; 15 milioni di euro per l'indennità di tutela del malato. 

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Le reazioni dopo lo stop

  • Per Andrea Bottega del Nursind, la "fumata nera sul contratto rappresenta un'occasione persa" e i "protagonismi danneggiano i lavoratori". Infatti, spiega, "non erano le risorse - troppo poche quelle da distribuire in questa tornata contrattuale - il punto di forza del contratto, ma la possibilità di aprire subito la nuova negoziazione per il triennio 2025-2027 e, quindi, di fruire dei fondi già stanziati nella legge di Bilancio". A farne le spese, secondo il Nursind, saranno ora i lavoratori, a cominciare dal personale dei pronto soccorso che attendeva ancora l'adeguamento dell'indennità con le risorse stanziate dal giugno 2023. Anche per la Cisl Fp, far saltare il contratto è stata "una decisione grave che tocca direttamente le tasche di chi ogni giorno garantisce il diritto alla salute dei cittadini", senza contare che l'accordo prevedeva anche "misure significative per la qualità della vita lavorativa: il riconoscimento del buono pasto in smart working, l'introduzione sperimentale della settimana corta e nuove tutele per il personale in età avanzata"

I sindacati che hanno detto no

  • Boccia invece l'accordo la Fp Cgil, secondo cui la bozza di contratto "non dava le risposte necessarie ai lavoratori: troppo poche le risorse per incrementare gli stipendi, nessuna risposta sulle indennità, un evidente messaggio ai lavoratori che per incrementare le proprie entrate dovevano essere disponibili a lavorare di più, strumenti insufficienti per la valorizzazione di carriera dei professionisti". Sulla stessa linea il Nursig up, che parla di contratto "decisamente inadeguato" e annuncia che non accetterà "compromessi al ribasso", mente la Uil Fpl chiede al governo di mettere in campo risorse adeguate per un contratto "dignitoso": "Le risorse stanziate sono del tutto insufficienti per recuperare il potere d'acquisto eroso negli anni. A fronte di un'inflazione che sfiora il 17% netto - evidenzia il sindacato - l'aumento complessivo proposto si ferma a un irrisorio 6% lordo". Per l'Unione sindacale di base (Usb) - che ha protestato sotto la sede dell'Aran - questo contratto rappresenta "l'ennesimo attacco a Ssn pubblico", con un governo che è "più interessato a finanziare l'economia di guerra che ai lavoratori"

Deluso il presidente Aran Antonio Naddeo

  • Esprime "delusione" per il mancato accordo il presidente Aran Antonio Naddeo perché, afferma, "c'erano tutte le condizioni per firmare e avviare rapidamente anche la trattativa per il successivo contratto 2025-2027". Inoltre, "non potranno essere applicati molti degli istituti che avrebbero da subito migliorato le condizioni lavorative e di vita dei lavoratori". Quello che ora si prospetta è invece un periodo di incertezza. Lo stesso Naddeo afferma che "è difficile capire cosa succederà, perché in queste due intense giornate di contrattazione abbiamo esplorato tutte le vie per giungere a un accordo". Eppure, conclude, "il nuovo contratto aggiungeva e non toglieva, sia in termini di risorse sia di innovazioni"

Cosa succederà per il prossimo triennio

  • "La chiusura di questo contratto è anche un passaggio strategico per il prossimo triennio”, aveva spiegato Naddeo. "La legge di bilancio ha infatti stanziato 1,904 miliardi di euro per il rinnovo contrattuale 2025-2027, che garantirà un incremento medio del 6,93%, pari a 183,98 euro mensili. Con il precedente contratto chiuso poco più di due anni fa, il settore sanitario potrebbe beneficiare di tre rinnovi contrattuali in soli quattro anni, con un incremento complessivo delle retribuzioni del 21,08%, equivalente a 530,68 euro medi al mese”

Gli altri punti del contratto

  • Oltre agli aspetti economici, sottolinea l'Aran in una nota, il contratto introdurrebbe significative innovazioni normative volte a migliorare le condizioni di lavoro. Tra queste: maggiore tutela contro le aggressioni al personale; riorganizzazione degli incarichi professionali; potenziamento della formazione; nuove norme per migliorare l'equilibrio tra vita e lavoro, in linea con il Ccnl delle Funzioni Centrali

La richiesta degli infermieri

  • Prima che l'accordo saltasse, era emersa una richiesta degli infermieri: l'introduzione nel contratto di lavoro della possibilità di poter vestire i panni di un'altra professione oltre a quella ospedaliera, fuori dall'orario di lavoro e previa autorizzazione, con l'obiettivo di avere una ulteriore entrata economica

Il lavoro “extra”

  • Quella di un “lavoro extra” è, in realtà, un'opzione già prevista dalla legge ma non ancora dal contratto di lavoro. Inoltre, vi sono diverse interpretazioni della norma legislativa e per questo se ne chiede una definizione chiara nel contratto. A dar voce alla richiesta è il segretario del sindacato degli infermieri Nursind, Andrea Bottega: "Chiediamo che il contratto riconosca quanto già la legge dice. Attualmente esiste infatti una legge che consente agli infermieri e al personale sanitario di fare attività al di fuori dell'orario di lavoro presso altri istituti e datori o come libera professione, previa autorizzazione"

Le diverse bozze

  • Nelle precedenti bozze del contratto, precisa, "si prevedeva l'introduzione di questa norma ma in una formulazione restrittiva: cioè si prevedeva la possibilità di svolgere una attività extra ma attinente al proprio profilo professionale; ovvero, un infermiere che lavora in ospedale potrebbe svolgere solo l'attività di infermiere anche fuori dall'orario di lavoro sempre se autorizzato". La legge, però, chiarisce il leader sindacale, "dice che si può svolgere qualsiasi attività lavorativa, perché fa venire meno l'incompatibilità. Tuttavia nella versione considerata in precedenza, sulla base della interpretazione delle Regioni, la possibilità di un lavoro extra era limitata appunto solo all'attività professionale esercitata, ovvero l'attività infermieristica”

“Norma sia reintrodotta, ma nella interpretazione prevista dalla legge

  • Secondo Bottega, questo "è limitativo, perché se un infermiere ha ad esempio competenze di carattere informatico e vuole lavorare in una ditta di informatica, o se volesse lavorare in una attività di famiglia, ciò non sarebbe consentito secondo la versione arrivata alla bozza di contratto". Il Nursind ha chiesto, quindi, che la norma sia reintrodotta, ma nella interpretazione prevista dalla legge. Nella bozza attuale del contratto, "tale articolo non è più presente, ma ci batteremo perché sia reintrodotto. Stiamo infatti cercando di mettere anche nella contrattazione dei contenuti che magari sono stati già anticipati dalla legge ma che ora vanno disciplinati al fine di evitare diversità interpretative da parte delle singole aziende sanitarie regionali”

Un’altra fonte di guadagno

  • Il lavoro extra, sottolinea, "consentirebbe a chi ha maggiori difficoltà economiche di poter avere un'altra fonte di entrata". Ma ovviamente, precisa Bottega, "per noi l'aspetto sostanziale resta quello di migliorare la situazione economica del rapporto di lavoro remunerando meglio il lavoro infermieristico che già si fa e le prestazioni aggiuntive, ad esempio per smaltire le liste di attesa. Ma sappiamo che un miglioramento degli stipendi in alcuni casi potrebbe non bastare, e questa sarebbe una possibilità in più se venisse correttamente recepita dal contratto". Così, conclude, "si potrebbe contrastare il fenomeno dell'abbandono della professione, perché poco remunerativa, oltre a porre un freno al lavoro in nero”.

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