Pensioni, aumenti nel 2026 per la rivalutazione legata all’inflazione. Ecco di quanto

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Introduzione

Dopo l’approvazione in Consiglio dei ministri del Documento di economia e finanza (Def) che da quest'anno ha cambiato nome in Dfp, Documento di finanza pubblica, inizia a delinearsi il quadro sull’entità delle pensioni future. A partire dal 1° gennaio del prossimo anno i trattamenti potrebbero tornare a salire, frutto della rivalutazione degli assegni basata sul tasso di inflazione. Ecco alcune simulazioni.

Quello che devi sapere

Cos’è la rivalutazione

  • Conosciuta anche come perequazione, la rivalutazione è un meccanismo di aumento pensionistico che prende come riferimento il tasso di inflazione dell’anno precedente certificato dall'Istat, necessario per uniformare gli assegni con il costo della vita.

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Cos’è la rivalutazione

Il livello di inflazione

  • Le prime proiezioni del documento, approvato dal governo il 9 aprile scorso, indicano per il prossimo anno un aumento dello 0,8% calcolato sull’inflazione. Secondo dati preliminari dell’Istat, a febbraio il tasso risultava all’1,6% per poi salire a marzo al 2%. A trainare la crescita dei prezzi è stato in particolare il comparto energetico che ha segnato un +3,2% su base annua, oltre mezzo punto rispetto al mese precedente

La proiezione

  • Le previsioni più ottimistiche stimano per fine anno una crescita dell’indice armonizzato dei prezzi al consumo (Ipca) attestato al 2,1%, percentuale che potrebbe tradursi in un aumento più netto delle pensioni nel 2026 compreso tra 1,6 e 1,8%

Torna la rivalutazione su tre livelli

  • In attesa di dati ufficiali, quel che è certo è che dal prossimo anno l’incremento non investirà in misura analoga tutte le pensioni ma sarà diviso su tre livelli come previsto dalla legge n.448 del 1998. Salvo modifiche in corso d’opera, gli assegni che non superano di 4 volte il valore del trattamento minimo di pensione vedranno una rivalutazione del 100%, percentuale che scende al 90% per la parte che resta sotto la soglia del 5 volte. Per la fascia superiore le 5 volte il trattamento minimo invece la rivalutazione sarà pari al 75%

Soglie secondo le minime del 2024

  • Stando al trattamento minimo che nel 2024 era fissato a 598,61 euro, l’aumento pieno interessa gli importi sotto la soglia di 2.394,44 euro. La rivalutazione parziale al 90% riguarda invece la fascia tra 2.394,45 a 2.993,05 euro mentre è del 75% per chi percepisce mensilmente oltre 2.993,05 euro

Soglie con le minime 2025

  • Nel 2025 il minimo salirà a 603,40 euro e di conseguenza saranno riviste le soglie. Ipotizzando un aumento pensionistico compreso tra 1,6 e 1,8% la rivalutazione sarà integrale per gli importi sotto la soglia di 2.413,60 euro mentre calerà al 90% per chi percepisce tra 2.413,61 e 3.017 euro (tasso tra 1,44% e l’1,62%). La parte che supera i 3.017 euro sarà rivalutata al 75%, corrispondente a un tasso tra 1,2 e 1,35%

Simulazione con rivalutazione tra 1,6 e 1,8

  • Di conseguenza, secondo alcune stime chi percepisce un importo lordo della pensione di 800 euro vedrà aumenti mensili “pieni” compresi tra 12,80 e 14,40 euro. Per gli assegni da mille euro gli incrementi vanno da 16 a 18 euro, quelli da 1.200 euro invece saranno più pesanti tra 19,20 e 21,60 euro

Simulazione con rivalutazione a 0,8

  • Ipotizzando invece una rivalutazione dello 0,8% le pensioni da mille euro aumenteranno di 8 euro, la metà di quanto stimato per gli assegni da 2.000 euro. Una pensione di 3.000 euro vedrà una rivalutazione parziale al 90% con un l'incremento di circa 24,63 euro mentre per un assegno di 5mila euro, la rivalutazione al 75% si tradurrà in un aumento di 37,50 euro

Trattamenti assistenziali

  • Oltre alle pensioni minime e a quelle ordinarie, per il prossimo anno sono attesi incrementi mensili anche per altre tipologie di prestazioni assistenziali. L’assegno sociale dovrebbe salire da 534,41 a 539,75 euro mentre la pensione di invalidità civile passerebbe da 333,33 a 336,66 euro. Allo studio c’è anche l’ipotesi di un intervento maxi sulle minime con un adeguamento tra il 2,2 e il 2,7 che porterebbe gli assegni ad attestarsi tra i 617,90 e i 620 euro

Nuovi coefficienti di trasformazione

  • Dal prossimo anno debuttano infine i nuovi coefficienti di trasformazione, parametri che traducono i contributi maturati in pensione. Il nuovo meccanismo farà scendere leggermente gli importi per chi ha intenzione di uscire dal lavoro tra il 2025 e il 2026. Secondo un’analisi del Messaggero un lavoratore che quest’anno compie 67 anni e ha accumulato un montante contributivo pari a 400mila euro percepirà un assegno annuo pari a 22.432 euro, circa 460 euro in meno se si fosse ritirato nel 2024.

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