La Bce annuncia nuovi aumenti del costo del denaro per frenare l’inflazione. Diventerà più pesante la rata per chi ha un mutuo variabile. Rincari anche per i nuovi prestiti chiesti da famiglie e aziende. Anche per lo Stato sarà più oneroso finanziarsi sui mercati
Per chi sta pagando un mutuo variabile per la casa, per chi ha intenzione di chiedere un prestito per acquistare una macchina o – ancora - per un’impresa che ha intenzione di rinnovare i locali oppure comprare un nuovo macchinario, la conferma che l’aumento dei tassi d’interesse continuerà non è una buona notizia.
Tassi alti per frenare i prezzi
Alzare il costo del denaro è la ricetta che la Banca Centrale Europea sta adottando per frenare l’inflazione. Con tassi d’interesse più alti ottenere credito diventa più dispendioso. Si comprano quindi meno cose e la minore richiesta di beni e servizi dovrebbe bloccare la crescita dei prezzi e, nel tempo, portare a una loro discesa. Questo l’obiettivo della Bce e di altri Istituti centrali per combattere l’inflazione, che è come una tassa occulta: con gli stessi soldi che avevamo in tasca un anno fa oggi non riusciamo ad acquistare la stessa quantità di cose. L’aumento dei tassi, insomma, è una medicina amara con cui le banche centrali cercano di contenere l’aumento dei prezzi.
Quanto salgono mutui e prestiti
Certo, chi investe i propri soldi in titoli di Stato od obbligazioni, è favorito dai tassi più alti perché i rendimenti sono più consistenti (anche se siamo ancora lontani dal pareggiare la perdita causata dal carovita). Ma è un problema per chi i debiti già ce li ha e per chi li deve fare. Se ne sono accorti coloro che hanno un mutuo a tasso variabile per la casa. Il signor Rossi che, per esempio, ha firmato un anno fa un finanziamento da 126mila euro a 25 anni, ha visto già la rata aumentare del 36 per cento: da 456 a oltre 600 euro al mese. Il tasso d’interesse applicato dalla banca, molto basso al momento della stipula, è quintuplicato e i futuri rialzi che la Bce attuerà probabilmente faranno lievitare ulteriormente i costi. A giugno si prevede che il tasso di riferimento dei variabili passi dall’attuale 3,33 per cento al 4,75. Per il nostro signor Rossi vorrebbe dire che la rata supererà i 700 euro al mese.
Le aziende spendono di più per finanziarsi
L’Abi, l’associazione delle banche italiane, ci dice che ovviamente sono aumentati anche i mutui fissi. Se guardiamo quelli per la casa, a dicembre il tasso medio era del 3,09 per cento, contro l’1,40 di un anno prima (se riprendiamo l’esempio di prima si tratta di oltre 100 euro in più al mese). Anche gli istituti di credito spendono di più per prendere denaro in prestito e questo spiega le stangate a famiglie e imprese. Per le piccole e medie aziende, spiega l’Abi, il tasso d’interesse per nuovi finanziamenti è passato dall’1,18 per cento del dicembre 2021 al 3,44 del mese scorso.
Le incognite sui costi del debito pubblico
Livelli del genere sono ancora contenuti rispetto a quelli visti nei decenni passati, ma per un’intera generazione è una novità: tassi ai livelli di oggi non si vedevano da molti anni, se è vero che è dal 2008 che l’Eurotower non fissava il costo del denaro alle quote attuali (2,5 per cento). Un’inversione di rotta decisa – come detto – per raffreddare l’inflazione e che è accompagnata dalla fine dell’acquisto dei titoli di Stato dei Paesi dell’Area Euro. La combinazione di questi due aspetti riguarda da vicino l’Italia, che ha uno dei debiti più alti nel Vecchio Continente e che ha ampiamente beneficiato dell’aiuto della Bce. In futuro il nostro Paese rischia di dover spendere di più per finanziarsi sui mercati (i rendimenti dei Btp a 10 anni già in circolazione oggi sfiorano il 4 per cento; a gennaio 2022 erano all’1,18). Un maggior costo del debito si traduce in minore spazio sui conti pubblici e, quindi, meno margini per spendere denari - ad esempio - per sanità, scuola, pensioni e assistenza ai cittadini.