Recovery Fund, obiettivi centrati ma spesa a rilento

Economia

Simone Spina

Polemiche sul Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Le tappe per ottenere le rate semestrali dei finanziamenti europei sono state rispettate ma l’impiego effettivo dei denari risulta inferiore alle precedenti previsioni

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L’Italia sta rispettando, oppure no, la tabella di marcia concordata con Bruxelles per il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza finanziato con gli oltre 190 miliardi europei (sussidi e prestiti) del Recovery Fund? Finora il nostro Paese ha raggiunto tutte le scadenze, che in questa prima fase riguardano per lo più la preparazione degli interventi (con decreti, progetti e bandi) e le riforme da approvare in Parlamento. Da questo punto di vista viaggiamo nei tempi previsti e stiamo ottenendo, come da protocollo, le rate comunitarie.

Quanto abbiamo ricevuto finora da Bruxelles

Si tratta di 45,9 miliardi, tra prefinanziamento e prima tranche, a cui a breve si aggiungeranno altri 21 miliardi relativi al primo semestre 2022. I denari si ottengono rispettando gli obiettivi stabiliti. Entro dicembre ce ne sono altri 55, ma 21 sono già nel cassetto e altri 8 ci entreranno a fine mese; per i restanti dovrà pensarci il prossimo governo in modo da avere il via libera per altri 19 miliardi.

Alla fine del 2022 avremo speso 21 miliardi

Perché allora si temono ritardi? Perché dopo aver ottenuto il disco verde, i soldi bisogna poi cominciare a spenderli. Il ministero del Tesoro ha certificato che alla fine di quest’anno avremo utilizzato 21 miliardi del Piano Nazionale di Ripresa, anziché i 33,7 che lo stesso governo prevedeva ad aprile (e in precedenza erano oltre 41). Colpa dell’inflazione (che ha costretto a rivedere i progetti) e di un apparato burocratico che ancora non si è allineato ai tempi richiesti dal Pnrr. 

Quanto è reale il rischio di ritardi

Ma quanto è rilevante questo ritardo? All’Europa, al momento, non interessa quanti denari effettivamente tiriamo fuori: l’importante, adesso, è che avviamo la macchina. Dovremo però completare tutte le opere entro l’agosto del 2026 e se si parte a rilento c’è il rischio di sforare l’appuntamento finale. Da questo punto di vista alcuni allarmi ci sono. Nei mesi scorsi alcuni bandi sono andati deserti, quindi sono stati prorogati, come nel caso delle scuole o di altre infrastrutture urbane.

L'incognita dei tempi al Sud

A preoccupare sono soprattutto i progetti in mano agli enti locali, in particolare quelli del Sud. Dove per completare (dal bando all’ultima pietra) un campo sportivo o un ambulatorio - secondo Svimez - serve un anno in più rispetto al resto del Paese.

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