
Lavoro, il 60% di chi fa smart working ha realizzato interventi per adattare la casa
Un’indagine Taskrabbit-GPF Inspiring Research rivela che il 33% di chi lavora da casa ha deciso di rivoluzionare una stanza per ricreare l’ufficio, il 23% di acquistare una sedia ergonomica da poter utilizzare per più ore consecutive e il 7% ha insonorizzato una o più pareti per non essere disturbato durante l’orario lavorativo. Un altro rapporto, realizzato da NFON, dice che con il lavoro agile aumenta il tempo libero, ma anche lo stress

La pandemia ha fatto scoprire nuove modalità di lavoro agli italiani, introducendoli allo smart working, anche se attualmente solo un terzo (32%) dei lavoratori ha la possibilità di lavorare da remoto. Per queste persone l’abitazione diventa quindi un luogo in cui esercitare la propria professione, al punto che circa 6 smart workers su 10 hanno fatto interventi per adattare la casa come ambiente di lavoro
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Il 33% ha deciso di rivoluzionare una stanza per ricreare l’ufficio, il 23% di acquistare una sedia ergonomica da poter utilizzare per più ore consecutive, e il 7% ha deciso di insonorizzare una o più pareti per non essere disturbato durante l’orario lavorativo. Questa è l’immagine scattata dall’indagine di Taskrabbit, il network globale che mette in contatto chi ha bisogno di una mano per lavori dentro e fuori casa con tasker competenti e affidabili, condotta da GPF Inspiring Research per analizzare come gli italiani vivano la propria casa con lo smart working
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La ricerca delinea anche i fattori che spingerebbero gli abitanti del nostro Paese a cambiare casa per poter svolgere al meglio il proprio lavoro: il 56% degli intervistati che lavora in smart working si trasferirebbe in un nuovo appartamento per una connessione wi-fi migliore, il 50% per una casa in una zona più bella e confortevole, il 46% per uno spazio più comodo in cui lavorare e il 44% per percorrere una distanza inferiore per raggiungere l’ufficio
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In particolare, a Roma metà degli intervistati in smart working (53%) prenderebbe in considerazione l’idea di cambiare casa a favore di un’abitazione più vicina al luogo di lavoro, rispetto al 40% riscontrato a Milano. Non sorprende quindi che il 68% dei romani apprezzi lo smart working, rispetto al 40% dei milanesi
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Il lavoro da remoto viene preferito maggiormente dalle donne (72%) rispetto agli uomini (63%), ed è la fascia di lavoratori dai 55 ai 64 anni che lo apprezza di più (77%) dei lavoratori più giovani, ovvero quelli di età compresa tra i 35 e i 44 anni (58%)

Sempre in tema di smart working, il “Rapporto sul benessere nel lavoro da casa 22” effettuato da NFON, spiega come ci sia stata un'accelerazione dell'utilizzo dello smart working da parte delle aziende. Una novità che impatta sulla vita del lavoratori, come evidenziano i risultati dello studio

Viene evidenziato il cosiddetto “paradosso del lavoro da casa”. Il 28% degli intervistati, infatti, afferma che il carico di lavoro è aumentato e per il 25,2% sono aumentate le ore di lavoro. Allo stesso tempo, però, il 36% dichiara di aver raggiunto un migliore equilibrio tra lavoro e vita privata e di avere più tempo per la famiglia e gli amici. Questo perché in molti casi si evitano i lunghi spostamenti e con una programmazione generalmente più flessibile è possibile avere più tempo a disposizione, nonostante l'aumento delle ore di lavoro

Lo smart working, però, ha anche creato nuovi motivi di stress nei lavoratori, con il 37% dei partecipanti che ha dichiarato di sentirsi stressato in varia misura. Tra i fattori di stress la necessità di dover cucinare (8,7%), la scarsa qualità della connessione a Internet (17,2%) e il dover sempre essere reperibili (19,7%). La mancanza di interazione sociale con i colleghi è un fattore di stress per il 35,3% delle persone intervistate e la mancanza di flessibilità per bilanciare vita privata e professionale è causa di stress per il 30,3% del campione analizzato

Per gestire lo stress, ma anche per superare i traumi nati con la pandemia, la ricerca evidenzia come il 34,4% dichiari di aver assunto integratori non soggetti a prescrizione medica per migliorare il proprio benessere dall'inizio della pandemia, il 18,2% per aumentare la concentrazione, il 13,4% per il recupero. Mentre i dati europei sono molto simili, la situazione in Italia è diversa: il 49,7% ha dichiarato di aver assunto integratori non soggetti a prescrizione medica per aumentare il benessere
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