
Superbonus 110% e cessione del credito: cosa cambia dopo la caduta del governo Draghi
Ora che l’esecutivo è rimasto in carica solo per il disbrigo degli affari correnti, restano i dubbi su come risolvere i nodi relativi al provvedimento

“Per quanto riguarda le misure per l’efficientamento energetico e più in generale i bonus per l’edilizia, intendiamo affrontare le criticità nella cessione dei crediti fiscali, ma al contempo ridurre la generosità dei contributi”, aveva dichiarato il presidente del Consiglio Mario Draghi nel discorso dello scorso 20 luglio in Senato. Ora che il governo è rimasto per il disbrigo degli affari correnti, cosa succede al Superbonus?
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Nonostante le difficoltà, la strada verso una stretta sembra essere già stata tracciata, visto che un riferimento in tal senso è contenuto anche nell’ultima legge di bilancio, votata sia dal Movimento 5 Stelle che dal centrodestra. Eppure, i problemi per tutti quei cantieri bloccati da imprese che ora non riescono più a scontare i crediti fiscali restano
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“Il problema non è il Superbonus, ma il meccanismo di cessione dei crediti disegnato senza discrimine o discernimento”, aveva dichiarato Draghi il pomeriggio del 20 luglio in Senato, facendo riferimento ai 6 miliardi di euro sottratti allo Stato, di cui 2 miliardi “già incassati”, come aveva dichiarato il ministro dell’Economia Daniele Franco in un’audizione al Parlamento
Superbonus, Confartigianato: imprese in ginocchio per crediti
La società Nomisma aveva infatti sottolineato gli effetti positivi del Superbonus, evidenziando come i 38,7 miliardi di euro finora investiti dallo Stato avrebbero generato un valore economico pari a 124,8 miliardi di euro, cioè il 7,5% del Pil
Bonus 110% ed edilizi, è possibile la cessione di credito a partite Iva?
Il punto però è che parte di quei soldi pubblici sono anche finiti in mano ad esponenti della criminalità organizzata, cittadini condannati per reati gravi o persone che avevano tentato di frodare lo Stato con il reddito di cittadinanza, come aveva sottolineato Fiorenza Sarzanini sul Corriere
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Secondo Draghi, la colpa dei rallentamenti è di quei politici che avevano disegnato il sistema di cessione del credito senza prevedere tutto questo: un chiaro riferimento al Movimento 5 Stelle, che aveva voluto fortemente l’introduzione del Superbonus durante il governo di Giuseppe Conte

Per questa ragione, già nel dl aiuti dello scorso 17 maggio era stato previsto un allentamento del sistema di cessione del credito, con l’aggiunta di un’ulteriore operazione, oltre alle tre previste, verso i correntisti qualificabili come clienti professionali e le partite Iva (ma per quest’ultime soltanto per le somme derivanti da cessioni comunicate dopo il 1° maggio 2022)

Il sistema però ad oggi risulta bloccato: ormai tutti i lavori vengono fatti o con la cessione del credito o con lo sconto in fattura riconosciuto dall’impresa che fa i lavori

Le banche però sono diventate molto più esigenti, a causa del ritiro di troppi crediti: per questa ragione hanno fermato le operazioni perché rischiano di non poter scaricare per intero le somme

Il danno ulteriore è che potrebbero anche non riuscire a usufruire del credito, se colui che l’ha ceduto non aveva diritto di chiedere l’agevolazione. Nonostante le truffe relative al Superbonus siano pochissime, le banche non si fidano

Intanto Dario Costantini, presidente di Cna, ha incontrato Draghi e Franco e ha assicurato che resta aperto il "tema del superbonus e il riconoscimento alle imprese che hanno già fatto i lavori, che hanno anticipato i soldi per conto dello Stato, che questi soldi vengano riconosciuti perché parliamo di decine di migliaia di imprese che rischiano la chiusura. Il ministro ci ha detto che faranno un ulteriore incontro con gli istituti di credito. Ho ricordato che questo per noi è un tema di vita o di morte di almeno 30mila imprese"