
Energia, quali nodi deve risolvere l'Ue per rinunciare al petrolio russo
Secondo l'Aie (Agenzia internazionale dell'energia) la Russia alla fine del 2021 vendeva sui mercati globali quasi 8 milioni di barili al giorno. Di questi, il 60% con destinazione Europa. Per questo imporre un embargo immediato sul greggio di Mosca sarebbe controproducente per l'Unione. Intanto si guarda ai mercati del Medio Oriente

Secondo l'Aie (Agenzia internazionale dell'energia) la Russia, maggior esportatore di greggio al mondo, alla fine del 2021 vendeva sui mercati globali quasi 8 milioni di barili al giorno. Di questi, il 60% con destinazione Europa, l'8% Usa e Gb. I dati servono a capire perché l’Ue abbia preso ancora tempo per imporre l'embargo sul petrolio russo, mentre Usa e Gb hanno adottato la drastica misura poco dopo l’invasione da parte di Mosca dell’Ucraina
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Secondo i dati di Bp, le esportazioni russe di greggio e prodotti petroliferi in Europa rappresentano il secondo maggior flusso bilaterale di petrolio al mondo, solo dietro quello tra Stati Uniti e Canada. Nella Statistical review of world energy, il report annuale di BP, nel 2019, l'ultimo anno prima della pandemia, la Russia aveva fornito il 29% delle importazioni di greggio europee e il 51% di quelle di prodotti petroliferi del continente
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Imporre un embargo immediato, per l’Ue, sarebbe molto difficile. “Da un giorno all'altro significherebbe far precipitare il nostro paese e l'intera Europa in una recessione", ha detto il cancelliere tedesco Olaf Scholz recentemente. E proprio mentre il cancelliere tedesco parlava, il vice-premier russo, Alexander Novak, spiegava che con l'embargo europeo i prezzi potrebbero arrivare a 300 dollari al barile
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Nel breve termine, quindi, diventa estremamente difficile la sostituzione del greggio russo. Si potrebbe eliminare il petrolio russo che arriva in Europa reindirizzando i flussi internazionali, riducendo in questo modo anche l'eventuale balzo dei prezzi. Secondo questa tesi il greggio russo 'sanzionato' verrebbe reindirizzato a Cina e India, liberando quello mediorientale che verrebbe consegnato alle raffinerie in Europa

Ma, secondo molti analisti, ci sarebbero comunque diversi ostacoli per realizzare questo piano. Per prima cosa, aumenterebbero i costi di trasporto per produttori e consumatori, con le rotte di approvvigionamento che diventerebbero molto più lunghe, facendo aumentare la domanda di navi cisterna, più costose rispetto a spedire il greggio attraverso un oleodotto

Va poi ricordato che le raffinerie sono predisposte per lavorare determinate tipologie di greggio. Cambiare quello russo e con quello mediorientale ridurrebbe l'efficienza, aumentando i costi e di conseguenza i prezzi

L’Asia è percepita come un'area in crescita, mentre l'Europa viene considerata come un mercato in declino, soprattutto dopo le scelte nette di transizione green. I trader mediorientali si interrogano, sui motivi per i quali dovrebbero vendere i loro prodotti in Euro

Ad ogni modo, i flussi di greggio e di prodotti derivati formano, a livello globale, una fitta rete interconnessa. Riprogrammare in maniera forzata le esportazioni russe tramite sanzioni implica modifiche a tutti gli altri rapporti tra fornitori e clienti. Una cosa non facile da portare avanti soprattutto dall'oggi al domani. Per motivi commerciali, la maggior parte degli esportatori fanno riferimento alle raffinerie geograficamente più vicine

Finora, la Russia ha venduto il suo petrolio all'Europa, l'importatore più vicino. Per le stesse ragioni geografiche, l'Europa ha acquistato la maggior parte del greggio e dei prodotti dalla Russia e da altri Paesi dell'ex Unione Sovietica

Riprogrammare dunque una quota così grande del commercio mondiale nell'arco di poche settimane o mesi creerebbe un enorme sconvolgimento. Inoltre, nel passato gli embarghi sul petrolio hanno sempre provocato un aumento dei prezzi