
Pensioni, nel 2021 valore "svalutato" a causa del calo del Pil: cosa sapere
Il ministero del Lavoro ha fatto sapere che diminuirà il valore del montante contributivo, uno degli importi che contribuiscono al totale pensionistico, perché calcolato sulla base del tasso medio annuo di variazione del Pil nei cinque anni precedenti. Nel 2021, il coefficiente di rivalutazione del montante sarà di 0,999785, complice l'andamento negativo del Pil tra il 2016 e il 2020. I sindacati chiedono l'intervento del governo

Pensioni “svalutate” a causa del calo del Pil. Il motivo è il valore del montante contributivo, il cui coefficiente viene valutato con un calcolo basato sull'andamento del Pil. Ecco come funziona e cosa è successo
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Il calcolo, effettuato dall’Istat, si basa sul “valore del tasso annuo di capitalizzazione” ai fini della valutazione del montante, che risulta così influenzato dagli andamenti del Pil, parametrati sui cinque anni precedenti
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Il tasso medio annuo composto di variazione del Pil nominale, tra il 2016 e il 2020, è stato negativo. Questo significa che, nel 2021, il coefficiente di rivalutazione del montante contributivo per le pensioni sarà inferiore a uno
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Lo ha comunicato in una nota il ministero del Lavoro. “Il tasso medio annuo composto di variazione del Pil nominale, nei cinque anni precedenti il 2021, risulta pari a -0,000215 e, pertanto, il coefficiente di rivalutazione è pari a 0,999785”, si legge. Nel 2020 il Pil è calato dell’8,9%
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Il coefficiente era sceso sotto quota uno soltanto un’altra volta, da quando nel 1995 era stata approvata la riforma delle pensioni che ha previsto questo calcolo. È successo nel 2014, anno in cui il tasso di rivalutazione era di 0,998073
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Cosa significa in concreto questa diminuzione? In pratica, il tasso di rivalutazione inferiore a 1 determina una perdita di valore del montante contributivo, che rappresenta il 33% dell’importo pensionistico

Questione centrale è il superamento di Quota 100. Il presidente Inps Pasquale Tridico (in foto), in audizione alla Camera martedì 12 ottobre, ha proposto l’uscita anticipata dal mondo del lavoro a 63 o 64 anni, incassando però solo la pensione contributiva maturata fino ad allora (Ape contributiva). Per la quota retributiva, bisognerebbe aspettare i 67 anni