Bonus Irpef, 1,5 milioni di lavoratori dipendenti rischiano di doverlo restituire: perché?
Il Fisco potrebbe chiedere indietro i soldi, tutti o in parte, ad alcune persone che hanno ricevuto l’agevolazione in busta paga durante la seconda metà del 2020. A rischio soprattutto quei lavoratori tra i 28mila e i 40mila euro di reddito che hanno una prima casa di proprietà. Il motivo? La detrazione si calcola sul reddito complessivo, ma le aziende che fanno da sostituto d’imposta non hanno tutte le informazioni
Lo scorso 23 febbraio sono partite le prime erogazioni del bonus Irpef 2021. Circa 1,5 milioni di lavoratori dipendenti che hanno beneficiato del bonus durante la seconda parte del 2020, però, potrebbero doverlo restituire (in tutto o in parte). Vediamo perché
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Il bonus Irpef è un’agevolazione che permette di ricevere fino a 100 euro in più in busta paga al mese
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È conosciuto anche come ex bonus Renzi, perché introdotto dall’allora premier nel 2015: l’importo era di 80 euro, ora è passato a massimo 100. La Legge di bilancio 2021 ha esteso il bonus a una platea più ampia
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Il bonus si calcola in base al reddito annuo lordo: per averne diritto, il reddito deve essere compreso tra gli 8.174 e i 40mila euro
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Gli importi sono: 100 euro al mese per redditi annui tra 8.174 euro e 28mila euro; fino a 80 euro al mese per redditi tra 28mila euro e 35mila euro; meno di 80 euro al mese per redditi annui tra 35mila e 40mila euro; nessun bonus per redditi superiori a 40mila euro
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Per ottenere l’agevolazione non bisogna fare richiesta: l’importo viene calcolato ed erogato direttamente dall’Inps
Ha diritto al bonus anche chi percepisce la Naspi o l’indennità di disoccupazione Dis-Coll, i disoccupati del settore agricolo, i neo genitori che chiedono un congedo parentale e chi riceve un assegno per attività socialmente utili o svolge attività di tirocinio
Come dicevamo, però, circa 1,5 milioni di lavoratori dipendenti che hanno ricevuto il bonus durante la seconda parte del 2020 rischiano di doverlo restituire al Fisco
Secondo La Repubblica, che cita lo studio di Fisco Equo curato da Lelio Violetti, a rischio sono soprattutto alcuni lavoratori dipendenti tra i 28mila e i 40mila euro di reddito
L’anno scorso, il governo Conte II aveva ampliato l’erogazione del bonus a questa platea con un’operazione in due fasi: prima aveva dato ai titolari di un reddito compreso tra 8.145 e 26.600 euro un aumento del bonus di 20 euro, portandolo a 100; poi aveva introdotto un bonus anche per chi guadagna tra i 28mila e i 40mila euro (dell’importo di 100 euro, decrescente fino a zero per chi guadagna più di 40mila euro)
C’è una differenza: nel primo caso, lavoratori con redditi fino a 28mila euro, il bonus Irpef è un credito d’imposta; nel secondo caso, chi ha redditi tra 28mila e 40mila euro, si trasforma in detrazione
Qual è il problema? Che la detrazione si calcola sul reddito complessivo del lavoratore, immobili compresi, ma questa informazione - reddito complessivo del lavoratore - è sconosciuta alle aziende che fanno da sostituto d’imposta in busta paga
Di conseguenza, 1,5 milioni di lavoratori che possiedono una prima casa di proprietà - che quindi concorre alla formazione del reddito - rischiano di vedersi arrivare una lettera dall’Agenzia dell’Entrate che chiede di restituire (in tutto o in parte) l’importo della detrazione
Il diritto al bonus, infatti, deriva da un calcolo presunto e quindi è soggetto al conguaglio di fine anno. Chi percepisce altri redditi o ha altro che concorre alla formazione del reddito, deve fare attenzione: la simulazione del reddito sarebbe falsata e il rischio è di ricevere il bonus anche se non se ne ha diritto
A quel punto, dopo il conguaglio di fine anno (quando verranno presi in considerazione tutti i redditi effettivamente percepiti), il rischio è di dover restituire i soldi. Per questo motivo, è consigliabile valutare la propria situazione e, nel caso, presentare la rinuncia al bonus