Coronavirus, Svimez: il lockdown costa all’Italia 47 miliardi di euro al mese

Economia

Secondo un rapporto, i blocchi alle attività resi necessari dalla pandemia costano ogni mese 37 miliardi al Centro-Nord e 10 al Sud. Considerando una ripresa delle attività nella seconda parte dell'anno, il Pil nel 2020 si ridurrebbe dell'8,4% per l’economia italiana

Il lockdown imposto dal coronavirus costa all’Italia 47 miliardi di euro al mese, di cui 37 al Centro-Nord e 10 al Sud. Considerando una ripresa delle attività nella seconda parte dell'anno, il Pil nel 2020 si ridurrebbe dell'8,4% per l’Italia (-8,5% al Centro-Nord e -7,9% nel Mezzogiorno). Sono i dati che emergono dal rapporto Svimez sull'impatto economico del coronavirus (LO SPECIALE - GLI AGGIORNAMENTI) in cui si sollecita la politica a completare il pacchetto di interventi per compensare gli effetti della crisi sui soggetti più deboli, lavoratori non tutelati, famiglie a rischio povertà e micro imprese (I PAESI CON IL MAGGIOR NUMERO DI CONTAGI - LE TAPPE).

Quanto costa il lockdown all’Italia

Svimez calcola che il costo del lockdown corrisponde a 788 euro pro capite al mese nella media italiana, 951 euro al Centro-Nord contro i 473 al Sud. Dal report emerge che l'emergenza sanitaria colpisce più il Nord, ma il Sud rischia di accusare una maggiore debolezza rispetto al Centro-Nord nella fase della ripresa, perché sconta inevitabilmente la precedente lunga crisi, prima recessiva, poi di sostanziale stagnazione, dalla quale non è mai riuscito a uscire del tutto (L'ALLARME DI OXFAM SULLA POVERTÀLE FOTO SIMBOLO).

L’impatto sull’occupazione

Analizzando l'impatto sull'occupazione, si evidenzia come autonomi e partite Iva siano a rischio. Tenendo conto anche del sommerso, sono interessati dal lockdown il 34,3% degli occupati dipendenti e il 41,5% degli indipendenti. Al Nord l'impatto sull'occupazione dipendente risulta più intenso che nel Mezzogiorno (36,7% contro il 31,4%) per l'effetto della concentrazione territoriale di aziende di maggiore dimensione e solidità. La struttura più fragile e parcellizzata dell'occupazione meridionale si è tradotta in un lockdown a maggiore impatto sugli occupati indipendenti (42,7% rispetto al 41,3% del Centro e del Nord). Svimez calcola che sono "fermi" circa 2,5 milioni di lavoratori indipendenti: oltre 1,2 milioni al Nord, oltre 500 mila al Centro, quasi 800 mila nel Mezzogiorno. Si tratta in larga parte di autonomi e partite iva: oltre 2,1 milioni, di cui 1 milione al Nord, oltre 400 mila al Centro e quasi 700 mila nel Mezzogiorno (LA MAPPA GLOBALE DEL CONTAGIO - LE GRAFICHE CON I DATI IN ITALIA).

Perdita di fatturato di oltre 25 miliardi

Le perdite di fatturato e reddito lordo operativo di autonomi e partite iva sono piuttosto uniformi a livello territoriale. La perdita complessiva di fatturato è di oltre 25,2 miliardi in Italia, così distribuiti territorialmente: 12,6 al Nord, 5,2 al Centro e 7,7 nel Mezzogiorno. Una distribuzione territoriale simile si osserva per le perdite di reddito operativo: circa 4,2 miliardi in Italia, di cui 2,1 al Nord, quasi 900 milioni circa al Centro e 1,2 milioni nel Mezzogiorno. La perdita di fatturato per mese di inattività ammonta a 12 mila euro per autonomo o partita iva, con una perdita di reddito lordo di circa 2 mila euro, 1900 e 1800 per mese di lockdown rispettivamente nelle tre macroaree.

“Cura Italia compensa solo 30% perdite degli autonomi”

Secondo i dati di Svimez, il decreto Cura Italia compensa solo il 30% delle perdite subite dai lavoratori autonomi per il lockdown ed esplica maggiori effetti al Sud in rapporto al Pil (1,4% contro l'1,2% nel Centro-Nord), mentre in termini pro capite si concentra maggiormente al Centro-Nord (372 euro pro capite contro i 251 nel Mezzogiorno). Con il Cura Italia il Centro-Nord risulta "compensato" per il 40% della perdita subita, il Sud per il 50%. "La maggiore precarietà del mercato del lavoro meridionale rende più difficile assicurare una tutela ai lavoratori, precari, temporanei, intermittenti o in nero, con impatti rilevanti sulla tenuta sociale" viene spiegato nel rapporto. Il Cura Italia ha esteso gli ammortizzatori sociali a una platea di 14,7 milioni di dipendenti privati, ma "rimangono privi di tutela circa 1,8 milioni lavoratori privati dipendenti, di cui 800mila lavoratori domestici (200mila al Sud e 600mila nel Centro-Nord) e circa 1 milione di lavoratori a termine, che pur avendo lavorato in passato non erano occupati il 23 febbraio (350 mila al Sud e 650 mila nel Nord)". Per Svimez si tratta di una "platea cui occorre dare risposta con uno strumento universale di tutela dalla disoccupazione, ma che non deve rientrare nell'area assistenziale del Reddito di Cittadinanza. Infine, va considerato che, oltre ai circa due milioni di lavoratori irregolari (1,2 milioni al Nord e 800 mila nel Mezzogiorno) è possibile stimare circa 800 mila disoccupati in cerca di prima occupazione che per effetto della crisi presumibilmente non potranno accedere al mercato del lavoro nei prossimi mesi, concentrati prevalentemente nel Sud (500 mila a fronte di 300 mila nel Centro-Nord).

Economia: I più letti