Coronavirus, Landini: “Conte può fermare lo sciopero. Non uccidiamo il futuro"

Economia

Il segretario della Cgil ha spiegato che l’interesse del sindacato è “trovare la migliore soluzione” e ha invitato il premier a “non uccidere il futuro” con una parziale chiusura delle attività produttive: "Difendere oggi salute e sicurezza è via per ripartire domani”

"Difendere oggi la salute e la sicurezza di chi lavora" è "l'unico modo perché domani le fabbriche possano ripartire". Così Maurizio Landini, segretario Cgil, in un'intervista a La Repubblica, motiva la decisione di uno sciopero generale per chiudere tutte le attività produttive e lancia un appello a presidente del Consiglio Giuseppe Conte: "Il premier può fermare lo sciopero. Non uccidiamo il futuro"  (GLI AGGIORNAMENTI - LO SPECIALE - IL NUOVO DECRETO).

"Troviamo la soluzione migliore"

Nei giorni scorsi la Cgil ha chiesto al Governo di modificare il decreto sulla chiusura della attività non essenziali in senso più restrittivo e ha minacciato lo sciopero nel caso non ci fossero le condizioni di sicurezza per i lavoratori. "Noi vogliamo trovare la migliore soluzione", ha spiegato Landini nell'intervista. Capisco che lo sciopero "possa sembrare paradossale" perché non si tratta di una "protesta contro qualcuno, né per un interesse dei lavoratori", ha poi proseguito ma "questa volta scioperiamo per la difesa della salute e della sicurezza di chi lavora, di tutti i cittadini italiani e anche degli imprenditori". (LE TAPPE DELL'EPIDEMIA - LE FOTO SIMBOLO - LA SITUAZIONE IN ITALIA: GRAFICI E MAPPE).

"Lavorino solo attività essenziali"

L'obiettivo dei sindacati è che "si lavori in tutte le attività oggi essenziali, applicando il protocollo sulla sicurezza firmato da Palazzo Chigi". Ma "tutte le produzioni che non sono essenziali in questo momento devono essere interrotte nell'intero Paese" in quanto "sono esattamente le cose che il presidente del Consiglio Conte ha detto agli italiani sabato notte", ha sottolineato il segretario generale Cgil. Landini considera "un errore" il metodo seguito da Confindustria che il 22 marzo "ha scritto una lettera al premier chiedendo correzioni al testo proposto dal governo il giorno prima senza rendere partecipi tutti gli altri interlocutori".

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