Coronavirus, gli effetti sull'economia italiana: si stima un calo tra l'1% e il 3% di Pil

Economia

Il Ref Ricerche ha quantizzato una perdita tra i 9 e i 27 miliardi di euro del prodotto interno lordo del nostro Paese a causa della diffusione dell'epidemia del nuovo virus

Il coronavirus potrebbe avere effetti negativi sull'economia italiana stimati in un calo del Pil del Paese compreso tra l'1% e il 3% nel primo e secondo trimestre 2020. È l'indicazione del Ref Ricerche, che indica una perdita tra i 9 e i 27 miliardi di euro. I sindacati premono affinché venga promossa una ripartenza dei territori considerati zone rosse dell'emergenza. Intanto il 4 marzo a Palazzo Chigi il premier Conte incontrerà le associazioni delle imprese e i sindacati  (LO SPECIALE DI SKY TG24 - LA MAPPA DEL CONTAGIO - LE FAQ DEL MINISTERO - GLI ULTIMI AGGIORNAMENTI).

Lombardia e Veneto contano il 31% del Pil italiano

La stima del Ref Ricerche considera l'impatto nelle regioni italiane, con effetti immediati e di più lunga durata, a seconda del settore considerato. Lombardia e Veneto sono le regioni più interessate che contano per il 31% del Pil. Una contrazione del 10% del prodotto interno lordo in queste regioni vale un calo del 3% di quello dell'intero Paese. Questa stima si basa su una valutazione degli effetti sui singoli settori, raggruppati in quattro categorie in base al range di probabile variazione del rispettivo valore aggiunto e poi calcolando il peso di tali categorie sul Pil totale (LE MISURE - L'IMPATTO IN CINA).

L'impatto nelle diverse categorie

Il primo gruppo comprende quei settori che vedono aumentare tra il 2% e il 6% la loro attività in conseguenza dell'epidemia virale (attività legate alla farmaceutica, alla cura della casa e i servizi connessi allo smart working e alle video conferenze); il suo peso è dell'8,5%. Il secondo gruppo vale il 54,6% dell'intera economia e non patisce sostanziali variazioni di attività a causa del virus. Il terzo gruppo incide per il 25,1% e patisce una contrazione produttiva limitata al massimo del 4%. Infine, c'è l'insieme dei settori che stanno subendo contraccolpi molto forti, tra il 10% e il 40%, ma che hanno un peso contenuto nell'11,7%: dalla filiera del turismo, a tutte le attività legate a centri di aggregazione. "Queste stime - sottolineano i ricercatori - hanno un alto grado di congettura, tuttavia fanno comprendere in modo chiaro e realistico l'entità del danno che l'Italia sta subendo".

L'allarme della Cgia di Mestre

Intanto la Cgia di Mestre avverte che, se l'emergenza coronavirus dovesse diffondersi a dismisura in tutte le regioni del Nord e durasse qualche mese, il rischio che una buona parte dell'economia nazionale si fermi è probabile. La Cgia ricorda che in Lombardia, Veneto, Emilia R., Piemonte e Liguria viene "generata" la metà del Pil nazionale e del gettito fiscale. Per questo motivo, oltre alle misure urgenti che interessano le attività e i contribuenti che rientrano nei Comuni nella cosiddetta zona rossa è necessario, per l'associazione, che il governo metta a punto una misura strutturale che interessi tutta l'economia. "Il danno di immagine provocato al nostro Paese dal coronavirus è alquanto pesante. Molti settori produttivi - segnala Paolo Zabeo - sono già allo stremo, per questo chiediamo al governo di approvare subito un intervento di medio-lungo termine che preveda il rifinanziamento degli ammortizzatori sociali e l'estensione degli stessi ai settori che oggi ne sono sprovvisti, si rafforzino le misure di accesso al credito delle Pmi e la Pa paghi tutti i debiti che ha contratto con i propri fornitori". Oltre a questo, la Cgia chiede di rilanciare anche gli investimenti pubblici. 

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