La Procura valuta "eventuale sussistenza di ipotesi di reato". Ricorso contro la richiesta di ArcelorMittal di recedere dal contratto. L'azienda: stop a gennaio. Conte: non lasceremo perseguire spegnimento. Scontro su scudo penale. Nulla di fatto nell'incontro al Mise
La crisi dell'ex Ilva prosegue su più tavoli e la tensione sulla vicenda rimane altissima. Sul fronte giudiziario, i legali dei commissari dell'impianto hanno depositato il ricorso cautelare e d'urgenza contro la causa promossa da ArcelorMittal per il recesso del contratto d'affitto dello stabilimento di Taranto. A Milano invece la Procura ha aperto un fascicolo esplorativo per verificare "l'eventuale sussistenza di ipotesi di reato" sulla vicenda. Intanto, nel pomeriggio di venerdì 15 novembre si è svolto un faccia a faccia al ministero dello Sviluppo economico tra sindacati e ArcelorMittal alla presenza del ministro Stefano Patuanelli, che ha ribadito all'azienda che non c'è diritto di recesso (LE TAPPE DEL CASO ILVA - I NUMERI DELLA CRISI - I POSSIBILI SCENARI - L'IPOTESI DELL'INTERVENTO DELLO STATO). Le sigle hanno fatto sapere che l'azienda ha comunicato il piano per fermare gli altiforni, tra il 12 dicembre e il 15 gennaio. Il premier Conte ribatte: non lasceremo perseguire lo spegnimento. Resta sul tavolo la questione dello scudo penale (COS'È) che ha tenuto banco negli ultimi giorni e che in molti - sindacati compresi - chiedono di ripristinare.
Conte: grandissima responsabilità Mittal, pagherà danni
Il presidente del Consiglio Conte, con un post su Facebook, ha usato parole dure per commentare la vicenda: "ArcelorMittal si sta assumendo una grandissima responsabilità" sull'ex Ilva, in quanto la decisione dello stop "prefigura una chiara violazione degli impegni contrattuali e un grave danno all'economia nazionale. Di questo ne risponderà in sede giudiziaria sia per ciò che riguarda il risarcimento danni, sia per ciò che riguarda il procedimento d'urgenza". "È stato depositato il ricorso al fine di fermare il depauperamento di un asset strategico del nostro sistema industriale e ben venga anche l'iniziativa della Procura di Milano che ha deciso di intervenire in giudizio e di accendere un faro anche sui possibili risvolti penali della vicenda". Anche il ministro degli Esteri Luigi Di Maio si è schierato sulla stessa linea: "Dopo avere firmato due contratti", Arcelor Mittal "se ne sta andando da Taranto in violazione di due contratti. Impugneremo l'atto con cui hanno deciso di andarsene. Abbiamo un contratto che li obbliga a restare lì. In pochi giorni i giudici ci devono rispondere se ha ragione o no. Dobbiamo lavorare per farli stare qui. Non possiamo contemplare l'ipotesi che se ne vadano".
L'incontro al Mise tra sindacati e ArcelorMittal
Nel primo pomeriggio si è svolto un incontro al Mise, durato diverse ore, a cui hanno partecipato il ministro Patuanelli, i leader di Cgil, Cisl e Uil, Landini, Furlan e Barbagallo, e una rappresentanza di ArcelorMittal. Patuanelli ha esordito al tavolo sottolineando che il governo non riconosce che per l'azienda ci sia oggi un diritto di recesso. Il ministro più tardi ha aggiunto che "l'azienda ha dichiarato qualcosa che ci ha lasciato piuttosto perplessi, cioè che tutto è legato allo scudo, quando dal 12 settembre dichiara che ci sono 5 mila esuberi necessari per un problema strutturale dell'impianto, che non potrà mai più produrre più di 4 milioni di tonnellate. Credo che l'azienda si debba mettere d'accordo con sé stessa quando fa le dichiarazioni".
Dal canto suo, L'ad di Arcelor Mittal, Lucia Morselli, al tavolo ha invece ribadito che "non siano stati rispettati i termini del contratto". Con il venir meno dello scudo penale "è stato rotto il concetto base del piano risanamento dell'ex Ilva", ha detto Morselli. Sono venuti meno i presupposti di un un piano "che diceva: 'ci piacerebbe avere la bacchetta magica ma non l'abbiamo, allora bisogna andare al 2023, quando l'area a caldo sarà accettabile, nel frattempo creiamo le condizioni per arrivarci e una delle condizioni era dare la protezione a chi ci lavora". Uno dei nodi è proprio l'area a caldo: lavorarci "fino a qualche settimana non era un crimine ora lo è. Non è una cosa di poco conto". Poi le prescrizioni sull'altoforno Afo2: "Ci era stato detto che tutto quello che era stato chiesto dalla magistrature come interventi di miglioramento era in corso, invece non era stato fatto niente". Morselli ha spiegato: "Noi siamo qui perché riteniamo che il contratto legalmente possa essere sciolto. Questo è quello che abbiamo chiesto e stiamo agendo in coerenza".
La delusione dei sindacati
I sindacati si sono detti "per nulla soddisfatti" dall'incontro che "non è andato bene". I segretari generali di Cgil, Cisl e Uil dopo la riunione al Mise hanno detto: "La proprietà ha espresso la volontà di lasciare la fabbrica", e hanno spiegato che è urgente "l'avvio di un tavolo con la proprietà per trovare soluzioni". Al governo chiedono di "ripristinare lo scudo penale per togliere gli alibi ad ArcelorMittal". Avvertono che la "mobilitazione prosegue" e mettono in guardia: "I lavoratori non si renderanno complici dello spegnimento dell’acciaieria". Poco dopo, il segretario generale della Uilm, Rocco Paolmbella, ha detto che i lavoratori non spegneranno gli impianti dello stabilimento ex Ilva: "Ci sarà un'insubordinazione verso la proprietà".
L'azienda comunica il calendario dello spegnimento degli altiforni
L'incontro al Mise è stata l'ultima tappa forse del difficile dossier sull’ex Ilva dopo la decisione dell’azienda di lasciare l’impianto siderurgico. A oggi l'azienda conferma di essere determinata a lasciare Taranto il 4 dicembre. Ieri la causa in via ordinaria avviata da ArcelorMittal per ottenere il recesso è stata assegnata al giudice competente e, come da tempistica italiana, vedrà la sua prima udienza solo a maggio. Ma questo non significa che ArcelorMittal debba restare a Taranto fino a quel momento. E anzi l’ad Morselli ha comunicato che l'acciaieria sarà spenta entro gennaio. L'annuncio dello spegnimento degli altiforni era già stato comunicato il 5 novembre. Secondo ArcelorMittal, questo sarebbe il calendario: il 13 dicembre si spegne l'Afo2, a fine dicembre l'Afo 4 e il 15 gennaio l'Afo 1, il più grande altoforno d'Europa. I sindacati hanno fatto sapere che dopo lo spegnimento di un altoforno, seguendo la procedura di "colatura della salamandra" (cioè della ghisa residua che resta sul fondo del forno), così come indicato dal programma di spegnimento di Arcelor Mittal, "ci voglio almeno sei mesi per fare ripartire l'impianto".
Arcelor Mittal: possibili emissioni per spegnimento
ArcelorMittal ha inviato una lettera ai ministeri dell'Ambiente e dell'Interno, a Ispra, Regione Puglia, Comune di Taranto, Ilva in as, Arpa, al custode giudiziario degli impianti, ai comuni dell'area a rischio. Nella missiva in cui comunica il piano di "sospensione" dell'esercizio dello stabilimento e delle centrali elettriche, ha scritto che "le operazioni tecniche necessarie alla sospensione potrebbero comportare fasi transitorie con possibili emissioni visibili e possibile accensione delle torce dello stabilimento siderurgico".
Commissari Ilva: recesso indebito
Intanto però i commissari straordinari di Ilva e delle società del gruppo in amministrazione straordinaria hanno depositato il ricorso cautelare d'urgenza al tribunale di Milano e, in una nota, hanno ribadito che "il preteso recesso" da parte di Arcelor Mittal "è stato indebitamente esercitato e che, conseguentemente, non sussistono le condizioni giuridiche per la retrocessione dei rami di azienda oggetto del contratto di affitto". Secondo il ricorso, non c'è alcuna garanzia della continuità dello 'scudo penale' nel contratto di affitto ad Arcelor Mittal dei rami di azienda della ex Ilva. I commissari sostengono, inoltre, che le modalità affrettate di restituzione degli impianti siderurgici dell'ex Ilva sono inaccettabili in quanto rischiano di causare danni irreparabili al ciclo produttivo, distruggendo l'azienda. Hanno chiesto, quindi, di adottare provvedimenti in grado di preservare la continuità della produttività per tutta la durata del processo civile.
La Procura di Milano apre un fascicolo: "Interverremo in causa civile"
Sempre in giornata, la Procura di Milano – ha spiegato in una nota del procuratore Francesco Greco – è intervenuta “ravvisando un preminente interesse pubblico relativo alla difesa dei livelli occupazionali, alle necessità economico-produttive del Paese, agli obblighi del processo di risanamento ambientale, ha deciso di esercitare il diritto-dovere di intervento" previsto dal codice di procedura civile "nella causa di rescissione del contratto di affitto d'azienda promosso dalla società Arcelor Mittal Italia contro l'amministrazione straordinaria dell'Ilva". Nella causa civile promossa da ArcelorMittal è atteso un atto di intervento scritto da parte della Procura di Milano che ha deciso di essere parte del procedimento civile in base all'articolo 70. Secondo la norma, i pm concluderanno l'atto scritto con le loro richieste, in questo caso a sostegno dei commissari dell'ex Ilva. Nel procedimento inoltre potrebbe 'costituirsi' autonomamente anche il governo. La Procura di Milano, nel fascicolo esplorativo intende anche accertare se in sede di esecuzione del contratto di affitto siano state poste in essere condotte rilevanti sul piano penale che abbiano causato l'eventuale depauperamento del ramo d'azienda.
Le reazioni politiche contro lo stop impianti
Commentando il deposito del ricorso d'urgenza da parte dei commissari ex Ilva, il ministro al Sud Peppe Provenzano ha affermato che "lo Stato non permetterà che l'azienda fermi tutto col rischio di compromettere gli impianti". Anche il collega Francesco Boccia, Ministro degli Affari regionali, ha usato gli stessi toni: "La proprietà non deve assolutamente permettersi di spegnere la fabbrica. Non consentiamo a Mittal di essere ricattati". E sulla stessa linea c'è anche il leader di Iv Matteo Renzi secondo cui Mittal non può “spegnere l'altoforno. Sarebbe un disastro per Taranto, una follia”. Bisogna tenere aperta l'ex Ilva "a ogni costo".