In Evidenza
Altre sezioni
altro

Cucina siciliana, le ricette tipiche per scoprire il gusto dell'isola

Cronaca

Stefania Leo

Arancina di cous cous del ristorante "Il Bavaglino" (foto: Il Bavaglino)

Dall'arancina al cannolo: la scrittrice Giuseppina Torregrossa fa un viaggio attraverso la tradizione culinaria dell'isola per eleggere le ricette simbolo del territorio

Condividi:

La Sicilia è una terra ricca di tradizioni, culinarie e non. Una delle persone che ha indagato più a fondo il rapporto tra cibo e storie nell'isola è Giuseppina Torregrossa, autrice, tra gli altri, de "Il conto delle Minne" (Mondadori) e "L'assaggiatrice" (Rubettino). La scrittrice disegna un viaggio tra street food e pietanze simbolo della gastronomia locale, per eleggere i 10 piatti tipici imperdibili della cucina siciliana.

Arancina

“Femmina a Palermo e maschio a Catania, l'arancina (perché io sono palermitana) è un cibo 'votivo' - spiega Torregrossa - d'altronde spesso i nostri piatti sono espressione della devozione nei confronti dei Santi. L'arancina veniva mangiata nei giorni di Santa Lucia, quando non si consumano farina o grano macinato, quindi né pane né pasta. Ora è anche un cibo di strada”. La ricetta tradizionale prevede che l'arancina sia fatta con risotto allo zafferano e ragù di carne con piselli all'interno. Ma oggi ci sono moltissime rivisitazioni. Oltre a quelli con prosciutto e formaggio, besciamella e provola affumicata, ci sono anche rielaborazioni gourmet. Una di queste è l'"arancina cous cous" con un cuore di ragù di pesce fatto utilizzando ricciola, pesce san pietro, baccalà, polpo, cozze e vongole. Tutti gli ingredienti, ad eccezione dei molluschi, sono prima soffritti in padella e poi mantecati con brodo di pesce e salsa di pomodoro. A creare questa variante è stato Giuseppe Costa, chef del ristorante "Il Bavaglino" di Terrasini, in provincia di Palermo.

Caponata

“La caponata è un piatto povero, ma nasce come ricco. Sembrerebbe esser frutto delle esperienze dei monsù francesi (cuochi arrivati nel Sud Italia nella seconda metà del Settecento) - racconta l'esperta - il nome di questo piatto indica un modo di cucinare le cose. Qualcuno la chiama 'Tutto dentro'. Si tratta di mischiare verdure e altri ingredienti, alla difficile ricerca dell'equilibrio dell'agrodolce”. Nelle famiglie ricche ai tempi dei monsù, la caponata si faceva con verdure e carni pregiate. Si usavano anche i fegatini. I poveri del tempo, a servizio dei nobili siciliani, ne hanno fatto un'imitazione priva di carne, a base di sole verdure. “La melanzana è la carne dei siciliani: con questo ortaggio facciamo qualunque cosa - aggiunge Torregrossa - le nuove rivisitazioni propongono la caponata con il pesce: tocchetti di pesce spada o lampuga (detto anche pesce capone)". Si tratta infatti di una ricetta molto versatile: “Ognuno fa la caponata a modo proprio, c'è chi ci mette anche le bucce d'arancia”.

Pasta con le sarde a mare

La pasta con la sarda a mare è un piatto molto simile a quello napoletano degli Spaghetti alle vongole fujute. “Si tratta di una pasta povera fatta con finocchietto selvatico, acciughe salate e pangrattato spolverato sopra - spiega la scrittrice siciliana - e si possono mettere anche l'uvetta o i pinoli. C'è chi pensa che debba essere rosata (cioè con l'aggiunta di pomodoro) e chi dice che debba essere rigorosamente bianca”.

Cous cous

“Il cous cous è l'espressione del connubio con l'Africa”, spiega Torregrossa. La maggior parte delle teorie su questo piatto fanno risalire l'arrivo del cous cous in Sicilia allo sbarco degli Arabi sull'isola. Nati come alimento povero, principale fonte di sostentamento per le popolazioni nomadi, questi granelli di semola accompagnano verdure, carne di agnello o montone, e brodo. Il cous cous deve essere passato più volte al vapore e insaporito con un brodo nella doppia pentola nota come cuscussiera. Se si usa quello precotto, lo si può cuocere con l'aggiunta di un po' di acqua bollente. Per preparare il cous cous di pesce alla trapanese, oltre ai grani di semola, serve del pesce misto, crostacei e frutti di mare, pomodoro, aglio, carote, cipolla, prezzemolo, zafferano, paprika, sale e peperoncino.

Baccalà alla messinese

Il baccalà alla messinese è un piatto tipico della parte orientale della Sicilia, preparato solitamente con lo stoccafisso, accompagnato da pomodoro, patate, capperi e olive, ma anche uvetta e pinoli. L'utilizzo di questo pesce mostra una chiara contaminazione normanna. “Si tratta di un'espressione di questa terra” e in questa zona il piatto prende il nome di Stocco alla ghiotta.

Braciolone o Falsomagro

Noto in Sicilia con il nome di "braciuluni", il falsomagro è un piatto consumato nei giorni di festa. Si tratta di una braciola di carne molto sottile, arrotolata con un ripieno di pangrattato, uvetta, pinoli, caciocavallo e uovo sodo. Questi involtini vengono legati e cotti per un lungo periodo in bianco. Anche se “in alcuni casi si usa anche il sugo di pomodoro”, come precisa Torregrossa.

Sarda a beccafico

Il pesce è onnipresente nelle ricette tipiche siciliane: “Ci facciamo di tutto, dai filetti panati al ragù passando per le polpette”, spiega la scrittrice. Tra questi piatti spicca la sarda a beccafico. Una pietanza che eredita il suo nome dal beccafico, un uccello goloso di fichi, cacciato dai nobili del passato. All'epoca dei monsù questi volatili erano protagonisti delle tavole signorili. E la servitù, sempre alla ricerca di modi per imitare la gastronomia nobile, sostituì la loro carne con il pesce povero a disposizione, le sarde, servite impanate e ripiene con uva passa e pinoli. Da non dimenticare che “la sarda vuole la foglia d'alloro”, suggerisce Torregrossa.

Cannolo

Riconosciuto e inserito nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, il cannolo è un dolce tipico della cucina siciliana. È composto da una cialda di pasta fritta e un ripieno a base di ricotta di pecora. "Il migliore si trova a Piana degli albanesi, un Comune italiano in provincia di Palermo situato su un altopiano montuoso - dichiara Torregrossa - qui c'è una colonia di albanesi di religione ortodossa bizantina. La qualità del cannolo è legata a quella della ricotta, e quella di Piana è straordinaria”. La tradizione siciliana prevedeva che il cannolo si mangiasse fino a Pasqua.

Gelato al gelsomino

“Un altro simbolo del connubio con l'Africa è il gelato al gelsomino. Citato anche da Giuseppe Tomasi di Lampedusa ne 'Il Gattopardo', è un dessert sensuale”, spiega Torregrossa. Ancora una volta furono gli Arabi a insegnare ai siciliani ad aromatizzare la neve di montagna con questo fiore. Ma la ricetta era già presente sull'isola. Infatti, la popolazione utilizzava la pianta spontanea nota come scursuni per ottenere lo stesso risultato, con la sola aggiunta di cannella. Insieme alla granita al pistacchio è uno dei dessert tipici dell'estate.

Cassata

“La cassata è la rappresentazione della grandeur siciliana, un dolce straordinario”, sottolinea Torregrossa. La formula primitiva di questo dessert si limitava a una semplice ricotta infornata e condita. Il termine cassata si incontra per la prima volta nel XIV secolo, nel “Declarus” di Angelo Sinesio. Veniva definita come “cibo composto da pasta di pane e formaggio”. Nel 1873 il pasticciere palermitano Salvatore Gulì ne codificò la ricetta, introducendo la "zuccata". Questo è l'ingrediente alla base della lasagnetta bianca e trasparente che riveste la cassata. L'ortaggio utilizzato è una zucca lunga, tipica dell'isola, che ha un sapore che rimanda all'anice. Insieme al cannolo, è uno dei simboli della Sicilia gastronomica. “La decorazione di una cassata richiede la mano di un artista”, aggiunge la scrittrice.

Pasta coi tenerumi

I tenerumi sono le foglie vellutate delle zucchine lunghe usate anche per preparare la cassata. Per essere consumate se ne deve eliminare la peluria, operazione che richiede molto tempo. “È una verdura che si trova d'estate - spiega Torregrossa - e viene servita in una minestra calda ad agosto”. Richiede un soffritto e “c'è chi ci mette del pomodoro, chi la fa un po' asciutta, chi brodosa. Anche con quaranta gradi, ad agosto sulle tavole siciliane si trovano questi piatti di minestra perché per combattere il caldo ci vuole il caldo”.