Introduzione
Il 13 agosto 2007, la 26enne Chiara Poggi viene uccisa nella villetta in cui viveva con la famiglia a Garlasco, in provincia di Pavia, mentre i genitori e il fratello sono in vacanza in Trentino. Un delitto che ha avuto un fortissimo impatto mediatico in Italia e che ha portato alla condanna in via definitiva di Alberto Stasi, il fidanzato della vittima, che si è sempre dichiarato innocente. Il caso, che sembrava ormai chiuso, ora potrebbe riaprirsi con l’iscrizione nel registro degli indagati di Andrea Sempio, amico del fratello della giovane uccisa. Dai familiari ai testimoni, fino agli avvocati: ecco chi sono le persone in qualche modo coinvolte nella vicenda.
Quello che devi sapere
Alberto Stasi
- All’epoca dei fatti, Alberto Stasi aveva 24 anni ed era uno studente dell’Università Bocconi di Milano. Fu lui a dare l’allarme, raccontando di aver passato la mattinata in casa a lavorare per la tesi e di essere poi andato a casa di Poggi dopo che lei non rispondeva alle sue chiamate, né al telefono fisso né al cellulare. Il 20 agosto 2007 viene accusato di omicidio volontario, il 24 settembre viene arrestato e una settimana dopo rilasciato in mancanza di prove e in attesa di giudizio. Complessa la vicenda giudiziaria che ne seguì: in primo e in secondo grado Stasi fu assolto, dopo un passaggio in Cassazione viene invece condannato nel processo di appello bis, con sentenza poi confermata in Cassazione.
- Nonostante i ripetuti tentativi dei suoi legali di ribaltarne le sorti, anche rivolgendosi alla Corte europea dei diritti dell’uomo, Stasi – ora 41enne - sta scontando la pena a 16 anni di reclusione. È entrato nel carcere di Bollate nel 2015 e dal 2023 ha ottenuto la possibilità di lavorare al di fuori della struttura penitenziaria, per mansioni contabili e amministrative. Esce ogni giorno dal carcere, per poi farvi ritorno la sera.
- La pena di Stasi, comminata nel 2014, finirebbe nel 2030. Per buona condotta e con lo scomputo di 45 giorni di liberazione anticipata ogni sei mesi, la liberazione potrebbe arrivare però nel 2028. Da quest’anno potrebbe inoltre richiedere l'affidamento in prova, espiando la parte conclusiva della pena fuori dall'istituto penitenziario. In foto: Alberto Stasi nel 2014.
Per approfondire: Garlasco, Stefano Nazzi a Sky TG24: "Difficile arrivare a prove inattaccabili dopo anni"

Andrea Sempio
- Nel marzo 2025 si diffonde la notizia per cui il caso sarebbe stato riaperto: c’è un nuovo indagato. È Andrea Sempio, ai tempi dell’omicidio amico molto vicino di Marco Poggi, fratello della vittima. Nel 2007 aveva 19 anni, oggi ne ha quindi 37. In realtà Andrea Sempio era già stato indagato, su impulso della difesa di Stasi, tra il 2016 e il 2017. I legali del condannato sostenevano che le tracce di Dna trovate sotto le unghie della ragazza appartenessero proprio a Sempio, ma le indagini erano finite con l’archiviazione del gip, che concordava con il pubblico ministero nel considerare "radicalmente priva di attendibilità la consulenza tecnica sul materiale genetico offerto oggi dalla difesa Stasi".
- Perché quindi adesso Sempio è di nuovo indagato? Nuovi consulenti genetisti, sempre su richiesta della difesa di Stasi, avrebbero riesaminato le analisi già effettuate dagli esperti incaricati otto anni fa "in maniera molto scientifica", con nuove metodologie. Il loro lavoro è iniziato tre anni fa prima di essere presentato alla Procura di Pavia, che l'ha trovato convincente e ha quindi chiesto di riaprire le indagini. Il gip aveva in prima battuta bocciato questa richiesta, ma poi la Procura ha fatto ricorso in Cassazione e alla fine è arrivato il via libera alla riapertura del caso.
- Negli anni gli avvocati di Stasi hanno spinto per la tesi secondo cui Sempio si sarebbe invaghito di Poggi. Tesi considerata inattendibile sia nelle precedenti indagini che dai suoi difensori. Lui in passato diceva: “Non la conoscevo, l'ho incrociata qualche volta in casa. Con lei avevo un rapporto puramente di cortesia. Ci salutavamo e fine”

Le cugine Cappa
- Nel 2007 aveva fatto discutere il comportamento delle due cugine di Chiara Poggi, Paola e Stefania Cappa (ribattezzate dai media ‘le cugine K’). Erano finite sulle pagine dei giornali per aver fatto circolare una foto che le ritraeva insieme alla vittima. L’immagine era però un fotomontaggio rudimentale: si era detto che fossero in cerca di notorietà. Paola e Stefania Cappa sono figlie di Mariarosa Poggi, sorella di Giuseppe Poggi, il padre di Chiara. Sembra che le tre ragazze non avessero mai avuto rapporti stretti, ma che nei mesi prima dell’omicidio soprattutto Stefania si fosse riavvicinata alla cugina. In foto: Paola e Stefania Coppa con il fotomontaggio
Quando Fabrizio Corona andò a Garlasco
- Al circolo mediatico che si creò a Garlasco prese parte anche Fabrizio Corona, ai tempi ancora fotografo. Così spiegava la sua presenza sulla scena ai cronisti: ''Sono venuto qui a cercare di fare il mio lavoro, onesto e pulito e forse riesco a farlo meglio di voi''. Poi però ammetteva di essere in cerca di "una esclusiva''. Alla domanda su quali fossero i personaggi più interessanti della vicenda rispondeva: "Le due gemelle, il fotomontaggio? Una mossa alla Corona''
I genitori di Chiara Poggi
- I genitori della vittima, Giuseppe Poggi e Rita Preda (in foto, in un'immagine d'archivio), non hanno accolto con favore la riapertura delle indagini. "Ritrovarsi di nuovo immersi in questa storia non ci fa bene. È come una ferita mai completamente cicatrizzata che all'improvviso si riapre. Brucia", ha detto Giuseppe Poggi a Repubblica. Sia lui che la mioglie vivono ancora nella villa di Garlasco dove è stata uccisa la figlia

Marco Poggi
- Marco Poggi aveva 19 anni il giorno in cui sua sorella fu uccisa. Per la riapertura delle indagini, così come già in passato, è stato interrogato in particolare sul rapporto che ha con Andrea Sempio, con cui si frequenta ancora oggi e che ha conosciuto alle scuole medie. “Marco chiama quotidianamente Andrea, è distrutto per l'amico”, fanno sapere dalla difesa di Sempio. Da giovane insieme a Sempio giocava ai videogame con un computer sulla cui tastiera si stanno cercando tracce da poter comparare con quelle ritrovate sulle unghie della sorella
I testimoni e la bici
- Il giorno dell’omicidio una residente di Garlasco, Franca Bermani, aveva denunciato di aver visto una bicicletta nera da donna appoggiata al muretto della villetta della famiglia Poggi. Lo stesso dichiarò un’altra testimone, Manuela Travain.
- Gli inquirenti approfondirono questo elemento, trovando a casa Stasi alcuni modelli, sempre da donna, di cui uno in particolare poteva in linea di principio corrispondere a quella denunciata da Bermani, seppur lei stessa negli anni a seguire ha negato che la bicicletta vista da lei fosse la stessa con cui la procura motivò la sentenza. Per l’accusa fu decisivo il fatto che, nel mettere a disposizione dell’autorità giudiziaria varie bicilette, Stasi non ne menzionò una, quella che più si avvicinava alla descrizione di Bermani e Travain
L’ex maresciallo Marchetto
- Esaminando le varie bici, gli investigatori trovarono alcune tracce biologiche (anche se non si trattava di sangue) di Chiara Poggi sui pedali di un modello da uomo, di colore bordeaux, di marca Umberto Dei. Un’altra bicicletta della famiglia Stasi, di marca Luxury, non fu invece mai sequestrata, perché il maresciallo dei Carabinieri Francesco Marchetto la ritenne troppo diversa da quelle di cui avevano parlato i testimoni (non aveva ad esempio un portapacchi nero che era stato segnalato). Marchetto fu condannato per falsa testimonianza nel 2015, anche se poi il reato è stato prescritto: non avrebbe detto la verità sulla bicicletta nera da donna vista a casa Poggi, sostenendo – falsamente - che non assomigliasse a quella della famiglia Stasi

Il perito Roberto Porta
- Durante il processo, nel 2009 il Gip competente nominò l’ingegnere elettronico Roberto Porta come perito. Si è tornati adesso a parlare delle posizioni già espresse in passato circa la colpevolezza di Stasi, che come linea di difesa ha sempre puntato sul fatto che al momento dell’omicidio – inizialmente fissato tra le 09:27 e le 09:39 - stesse lavorando a casa propria alla tesi di laurea. Elemento confermato da Porta. Inizialmente anche i giudici dei primi gradi di giudizio spinsero per l’assoluzione basandosi proprio sul fatto che Stasi non lavorò al computer solamente per 11 minuti, un periodo di tempo troppo ristretto per poter commettere l’omicidio. Poi però l’orario di morte di Poggi fu spostato avanti da una nuova perizia, facendo così saltare l’alibi di Stasi. Porta parla ancora oggi di anomalie nelle indagini
Il genetista Pasquale Linarello
- Un altro nome chiave nella vicenda è quello di Pasquale Linarello, il genetista a cui si era rivolta la difesa di Stasi nel 2016 per l'esame delle tracce di Dna trovate sotto le unghie e sulle mani di Poggi, che erano state collegate ad Andrea Sempio. Ai tempi i pm parlarono di "un maldestro tentativo di trovare un colpevole alternativo" a Stasi
Gian Luigi Tizzoni, lo storico avvocato della famiglia Poggi
- Al fianco della famiglia Poggi c'è sempre stato l'avvocato Gian Luigi Tizzoni, che sulla riapertura delle indagini nel 2025 ha poco da dire: "Si tratta del settimo tentativo di far cadere un giudicato ed è davvero raro, straordinario". In foto: Tizzoni nel 2015
