5 anni fa moriva il “serial killer dei treni”, Donato Bilancia, nel carcere Due Palazzi di Padova, stroncato dal Covid a 69 anni. Condannato a 13 ergastoli per 17 omicidi commessi tra il 1997 e il 1998 tra Liguria e Piemonte, è considerato uno dei più sanguinari serial killer della storia italiana
Cinque anni fa, il 17 dicembre 2020, moriva nel carcere Due Palazzi di Padova Donato Bilancia, una delle figure più enigmatiche della cronaca nera italiana. Aveva 69 anni e fu stroncato dal Covid. Condannato a 13 ergastoli per 17 omicidi e a 16 anni per un tentato omicidio, Bilancia è considerato tra i serial killer più sanguinari della storia italiana.
Donato Bilancia: chi era
Bilancia, tra il 15 ottobre 1997 e il 20 aprile 1998, uccise 17 persone, 9 uomini e 8 donne, colpendo tra Liguria e Piemonte. Era soprannominato "il mostro dei treni" o "il serial killer delle prostitute". Venne arrestato nel 1998, a tradirlo fu l'auto usata per alcuni suoi spostamenti. Era nato a Potenza nel 1951 e si trasferì giovanissimo, nel 1956, a Genova con la famiglia. Cominciò presto l'attività criminale, con i primi furti, i primi guai con la giustizia a 15 anni, un arresto in fragranza di reato nel 1974 per furto e uno nel 1976 per rapina. Nel 1987 fu segnato dal suicidio del fratello Michele, buttatosi sotto un treno col figlio Davide, di 4 anni. Nel 1990 rimase in coma per alcuni giorni dopo essere rimasto vittima di un incidente stradale. I suoi primi omicidi, come detto, risalgono al 1997. Dopo l’arresto, Bilancia scontò i primi anni di carcere a Marassi, a Genova, per poi essere trasferito a Padova. Bilancia era “un serial killer atipico, complesso, con una tipologia di vittime sempre diversa: signore in treno, prostitute in auto che giustiziava vicino all'abitazione dei genitori, creditori”. Così lo aveva descritto a La Stampa Donato Lavorino, autore del libro Nella mente del serial killer. “I moventi erano per denaro, per rabbia, per vendetta. Aveva in testa un disegno criminale che, in realtà, nemmeno lui conosceva intimamente. E poi quell'odio nei confronti della cognata, che portò poi il fratello del killer a suicidarsi con il nipotino, un trauma che gli ha segnato l'esistenza. Fu lì, il cosiddetto punto di rottura". Per Lavorino, Bilancia è “il killer più prolifico in Italia”. Il numero dei colpi sparati alle vittime “era direttamente proporzionale alla resistenza attuata dalle vittime”. Colpisce anche un altro aspetto del suo profilo: aveva “paura del sangue” ed era “terrorizzato nel guardare le vittime negli occhi”, al punto da coprirle per evitare di incrociarne lo sguardo. Infine il numero 32, ricorrente nelle sue scelte: “Sceglieva spesso le vittime in base a quel numero”, lo stesso che puntava abitualmente al casinò di San Remo.
Il documentario e le “tre vite” di Bilancia
La sua vicenda è stata raccontata nel documentario Le tre vite di Donato Bilancia, scritto e diretto da Pino Corrias con Renato Pezzini e la collaborazione di Massimo Calandri. Una produzione Rai Documentari, realizzata con il Cptv Rai di Milano, andata in onda nel 2022 all’interno del ciclo L’Italia Criminale, quando la cronaca fa la Storia. Il docu-film ricostruisce le tre vite di Bilancia: quella del giocatore nella Genova che normalmente non si vede; quella dell'assassino, ricostruita attraverso gli audio originali della confessione resa nei tre giorni e tre notti di interrogatori; quella del carcerato, durata 22 anni, dal 1998 fino al 17 dicembre 2020. "La sua terza vita l'abbiamo scoperta indagando sugli anni che ha passato in carcere che nessuno aveva mai raccontato”, aveva raccontato Corrias all’Ansa. “La storia di Bilancia si conclude con un anno di processo dove lui non compare mai e i tredici ergastoli. La sua confessione non l'ha sentita nessuno, noi l'abbiamo usata molto perché secondo noi è molto forte". "Lui dice 'io sono un pazzo' perché nel processo gioca la carta della follia - sottolinea Pezzini -, convinto che questo possa generare una revisione del processo, una perizia psichiatrica. Ma poi abbandona anche questa strada".