“Famiglia nel bosco” in Abruzzo, coniugi accettano casa offerta gratis da imprenditore

Cronaca
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Nathan e Catherine, i genitori dei tre bambini allontanati dal Tribunale dei minori dell’Aquila e trasferiti in una struttura protetta, hanno accettato l'offerta di un ristoratore di Ortona, originario di Palmoli, che ha proposto loro in comodato gratuito un proprio casolare appena ristrutturato per permettere alla famiglia di riunirsi in un ambiente di loro gradimento e continuare lo stile di vita che prediligono

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I genitori della “famiglia nel bosco”, Nathan e Catherine, hanno deciso, "pur di ovviare alle criticità igienico sanitarie riscontrate, di accettare per il tempo necessario all'attuazione delle migliorie abitative richieste", un immobile offerto da un privato cittadino. Si tratta di un casolare nel bosco di Palmoli, offerto gratuitamente per un periodo da un ristoratore di Ortona, originario del paese. Il padre dei tre bambini allontanati dal Tribunale dei minori dell’Aquila e trasferiti in una struttura protetta, si è recato nella struttura, situata sempre nell'area verde della zona, e - come racconta il proprietario - è rimasto molto impressionato dalla residenza autonoma immersa nella natura con almeno due ampie stanze di cui una cucina, un pozzo dove poter prelevare l'acqua, il bagno a secco e locali per gli animali.

La decisione

"Nessun passo indietro, ma un passo avanti che consente di tornare a vivere secondo il proprio credo e la propria voglia di libertà", hanno reso noto con un comunicato stampa i legali della coppia, gli avvocati Marco Femminella e Danila Solinas che ieri hanno depositato il reclamo avverso l'ordinanza del Tribunale per i Minorenni che ha disposto l'allontanamento dalla casa familiare dei tre figli.

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Consegnate le chiavi a Nathan

"È rimasto molto affascinato dalla casa", ha dichiarato all'Ansa Armando Carusi, proprietario del casolare. Il ristoratore vive ad Ortona, sul litorale abruzzese, e ha offerto in comodato gratuito la struttura appena ristrutturata per permettere alla famiglia di riunirsi in un ambiente di loro gradimento che permetterà loro di continuare lo stile di vita che prediligono. Il ristoratore ha poi consegnato le chiavi del casolare a Nathan, che ha detto: “Grazie, grazie a tutti. Ho fiducia nei giudici ma non ho altri commenti da fare in questo momento”. Carusi ha aggiunto che l’uomo “domani arriverà lì e, penso presto, anche la moglie con i bambini. È andato tutto bene, me l'aspettavo anche se ieri non ne ero completamente sicuro. Oggi abbiamo definito tutto.

Le parole del proprietario

"È la casetta dove sono nato e dove ho vissuto con i mei genitori che ora non ci sono più - prosegue Carusi -. Da piccolo con la mia famiglia abbiamo fatto la vita che Nathan e Catherine stanno facendo ora: senza riscaldamento e per questo ogni camera ha un camino. C'è anche l'acqua corrente. L'avevo ristrutturata per una locazione turistica. Non mi scandalizzo dello stile di vita della famiglia nel bosco perché l'ho vissuta anche io da piccolo". "Nathan è rimasto colpito anche da alcuni attrezzi in legno antichi presenti in cucina - conclude il ristoratore -. C'è anche la possibilità di filare la lana come si faceva una volta. E questo gli è piaciuto moltissimo. È un appassionato di queste cose. Ho inviato molte foto a Nathan dell'esterno che ha condiviso con la moglie Catherine. Mi ha detto che è bastato quello che ha visto. L'interno gli è piaciuto moltissimo”.

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I genitori: “Non abbiamo rifiutato gli aiuti”

Nei giorni scorsi, Nathan e Catherine avevano rotto il silenzio con una lunga lettera in cui hanno presentato la loro versione dei fatti. Hanno smentito di aver rifiutato le offerte di aiuto provenienti dal Comune di Palmoli e da privati, che avevano messo a disposizione una sistemazione alternativa durante i lavori di ristrutturazione del loro casolare immerso nel bosco. Hanno poi rivendicato anche la propria filosofia di vita, basata sulla scelta di crescere i figli in un contesto naturale e su un approccio educativo improntato all'autonomia e all'apertura mentale. Inoltre hanno precisato di aver potuto comprendere bene solo due giorni fa, grazie alla traduzione integrale in inglese, la portata dell'ordinanza che ha disposto l'allontanamento dei loro tre bambini: una difficoltà linguistica che avrebbe pesato sulla comunicazione con le istituzioni e sulla risposta alle richieste formali.

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