Oggi, 29 settembre, si celebra la Giornata internazionale di sensibilizzazione sulle perdite e sugli sprechi alimentari. Sono passati 10 anni dall'approvazione dell'agenda Onu 2030, e 9 anni dalla legge Gadda sullo spreco di cibo, ma nel 2025 l'Italia resta sopra la media europea: migliora, ma non abbastanza
di Ludovica Addarii
Nel mondo vengono sprecate 1,05 miliardi di tonnellate di cibo, 1/3 della produzione alimentare globale, ma con questi numeri, l'Italia si colloca al primo posto davanti a Germania, Francia, Spagna e Paesi Bassi, nella classifica dei paesi più “spreconi” d'Europa. Il Bel Paese, spesso celebrato per le sue eccellenze gastronomiche, si sta battendo anche per diventare un modello virtuoso nella lotta agli sprechi alimentari, ma nonostante gli sforzi e diversi segnali incoraggianti, in Italia il problema rimane molto rilevante. Se ad agosto 2024 nel nostro Paese, lo spreco alimentare evitabile corrispondeva a circa 35,5 chilogrammi pro-capite annui, un anno dopo sembrerebbe ridotto del 18,7%, passando agli odierni 30 chilogrammi equivalenti a circa 131 euro di spesa, come evidenziano i dati presentati a settembre 2025 dall'Osservatorio Internazionale Waste Watcher (Osservatorio Internazionale Waste Watcher-Campagna Spreco Zero su elaborazioni DISTAL-Università di Bologna e Ipsos). Questi dati possono fare un po' paura se si pensa che ciascun italiano consuma circa un chilo di cibo al giorno e che quindi è come se in un anno buttassimo gli alimenti utili a sfamarci per un intero mese.
Ma quali sono i prodotti che finiscono di più nel cestino? In ordine frutta fresca, verdure, pane, insalata, cipolle, aglio e tuberi.
Chi spreca di più?
Lo spreco, però, non è uniforme in tutto il Paese. Al primo posto troviamo il Sud con un +13% rispetto alla media nazionale, poi si passa per il Nord con un -7%, per arrivare infine al -12% Centro, dati gli ultimi due, che riescono a contrastare la tendenza positivamente. A sprecare più cibo (+4% rispetto alla media nazionale) sono, al di là delle aspettative, le famiglie appartenenti al ceto medio basso, con un minor potere d'acquisto. La spiegazione è semplice: quando si possiedono minori risorse economiche, la tendenza è quella di acquistare prodotti alimentari di minore qualità, che di conseguenza tendono a deperire più facilmente. In effetti, più sprechiamo più diventa difficoltoso l’accesso al cibo sano e sostenibile.
Anche la numerosità del nucleo familiare è un fattore che influisce molto: le famiglie senza figli sprecano il 14% in più rispetto alla media nazionale, mentre quelle con figli il 17% in meno. Infine, incide anche la grandezza del proprio comune di residenza: nei comuni di media grandezza si spreca il 16% in più rispetto alla media nazionale, in quelli più estesi invece il 9% in meno.
Cosa possiamo fare?
In ogni caso, il problema è grave e serve uno sforzo per arginarlo. Come? Bisogna lavorare per prima cosa sulla consapevolezza. Ognuno di noi, nel proprio piccolo, può dare un contributo con alcune accortezze nelle azioni quotidiane: mangiare prima il cibo che rischia di guastarsi, congelare ciò che non si può consumare a breve, valutare attentamente le quantità prima di cucinare o di fare la lista della spesa, o ancora privilegiare l‘acquisto di piccoli formati e fare il programma di cosa cucinare settimanalmente.
Le App anti-spreco
Oltre al prezioso lavoro di ricerca delle Università, al contributo di istituzioni e amministrazioni locali, giocano un ruolo fondamentale le nuove tecnologie e le App anti-spreco. Grazie a queste ultime è stato possibile salvare milioni di pasti in tutta Italia. Il loro obiettivo è quello di vendere a un prezzo ribassato quei prodotti alimentari in eccedenza, che altrimenti rimarrebbero nelle scansie per poi essere gettati. Tale formula viene apprezzata sia dai consumatori, che riescono a risparmiare, sia dai venditori, che possono vendere quei prodotti che altrimenti rimarrebbero invenduti. Dietro questi gesti però, si cela uno scopo più profondo: ciò che si ottiene tramite l’uso di App anti-spreco, oltre alla convenienza economica, è il bene della società e dell’ambiente. Tra queste piattaforme, Too Good To Go è forse la più conosciuta sul territorio nazionale: solo nel 2024 sono stati superati i 30 milioni di pasti salvati, grazie a una community di 11 milioni di utenti e oltre 26.000 partner commerciali. In Italia però non è l’unica presente, sono diffuse anche altre piattaforme tra cui Phenix, Last Minute Sotto Casa, Save The Foods e tante altre.
L'obiettivo dell'Agenda 2030
Il percorso è ancora lungo e le ambizioni per il futuro sono alte: nell'Agenda 2030 istituita dalle Nazioni Unite ormai dieci anni fa, tra i buoni propositi c’è anche quello di dimezzare lo spreco alimentare entro il 2030. Per raggiungere la meta prefissata, sarebbe necessario arrivare ad una spesa di 369,7 grammi settimanali a persona (19 kg annui a testa), la metà rispetto ai 737,4 (38 kg annui a testa) del 2015. Considerando che sono passati 10 anni dal momento in cui è stato fissato questo obiettivo (e 9 anni da quando è stata emanata la legge Gadda 166/2016 che disciplina la donazione e distribuzione di prodotti alimentari e farmaceutici per la solidarietà sociale) sono stati fatti alcuni passi avanti per arrivare agli odierni 30 kg pro capite, ma non ancora sufficienti al raggiungimento del traguardo, che rimane molto lontano.