Siti sessisti, Procura di Roma verso maxi inchiesta: aperto fascicolo per revenge porn
CronacaSecondo quanto rivelato da "Domani", dietro il sito Phica.eu ci sarebbe Vittorio Vitiello, residente in Toscana. Sarebbe stato lui a gestire, in anonimato, la piattaforma che si appoggiava su server stranieri. L'uomo è già stato ascoltato a Firenze. Proseguono le indagini della Polizia Postale
Potrebbero confluire in una maxi inchiesta le indagini sullo scandalo dei siti sessisti in cui venivano pubblicate foto di donne, senza il loro consenso, accompagnate da commenti volgari e da insulti. La Procura di Roma ha aperto un fascicolo per revenge porn in relazione al gruppo Facebook "Mia Moglie", dove gli utenti condividevano scatti privati senza l'autorizzazione delle dirette interessate. Un procedimento in cui potrebbe convergere anche il caso dell'altra pagina sessista Phica.eu. I pm capitolini, infatti, sono in attesa di una prima informativa della polizia Postale riguardo la piattaforma dove venivano pubblicati anche scatti di politiche, influencer e attrici. Intanto, il 2 settembre Domani ha rivelato che ci sarebbe Vittorio Vitiello, 45enne residente a Scandicci (Firenze), dietro il sito Phica.eu, finito al centro dello scandalo. Sarebbe Vitiello, secondo gli accertamenti, l’amministratore del sito: si sarebbe nascosto dietro i nickname “Phicamaster” e “Bossmiao” per gestire in anonimato la piattaforma che si appoggiava su server stranieri. Il 45enne è già stato ascoltato a Firenze dopo la denuncia presentata dalla sindaca Sara Funaro, le cui foto - con quelle di altre esponenti politiche - erano finite sul sito Phica.eu con commenti sessisti e volgari.
Le ipotesi di reato
Nel caso di "Mia Moglie" la strada investigativa sembra essere più lineare trattandosi di un'unica fattispecie ossia foto di donne, scattate a loro insaputa o comunque all'oscuro della loro diffusione, che avveniva da parte dei mariti o dei compagni. Diverso il caso di Phica.eu, dove si potrebbero configurare anche altre ipotesi di reato: dalla diffamazione fino all'estorsione per presunte richieste di denaro - segnalate da vittime - per rimuovere contenuti sensibili.
Il post dell'admin
Intanto, sulla homepage del sito, l'admin ha pubblicato un lungo post in cui respinge "ufficialmente" le accuse di estorsione. Nel messaggio, corredato da una serie di screenshot, ricostruisce la vicenda iniziata a dicembre del 2023 quando un utente ha chiesto la rimozione di un messaggio di una persona iscritta a Onlyfans, in qualità di marito e agente. Dopo aver eliminato "sempre gratuitamente" una serie di contenuti, a dicembre, avrebbe consigliato un "servizio di ricerca proattiva", per non "perdere tempo a cercare i link sulle varie piattaforme e segnalarle". "Ovviamente questo è un servizio a pagamento”, viene spiegato nel post utilizzando un paragone: "Se ordini una pizza e vai a prenderla di persona, non paghi alcun supplemento; la pizzeria però può proporti la consegna a domicilio con un costo aggiuntivo". Da lì partono le offerte economiche con "sconti" di 300 euro e ci si accorda per il pagamento con la prova della rimozione del 100% dei link esterni a piattaforme di streaming. Poi però tra i due sarebbe nata una "polemica" sul lavoro svolto più o meno bene e minacce di denunce.
L'intervento degli avvocati
E, dopo la pioggia di segnalazioni arrivate in poche ore per la class action lanciata dalla nota matrimonialista Annamaria Bernardini de Pace, sono intervenuti sulla vicenda anche gli avvocati dell'Unione Nazionale Camere Civili che parlano di una "rete sotterranea e ramificata di gruppi analoghi nei quali la violenza digitale si perpetua ogni giorno, alimentata dall'anonimato e dall'assenza di un'adeguata cultura del rispetto". Per questo chiedono "alle istituzioni e alle piattaforme digitali un impegno concreto e immediato".
Pm Firenze sentì anni fa Vitiello come teste
Intanto è emerso che la Procura di Firenze, nel 2018, si era occupata della piattaforma Phica.net. L'inchiesta della pm Ester Nocera era partita dalle denunce di un centinaio di donne a seguito della scoperta che alcune foto erano state rubate dai propri profili social e pubblicate, senza autorizzazione, sul sito. Vittorio Vitiello era stato ascoltato allora come persona informata dei fatti quindi non come indagato e avrebbe collaborato con la polizia postale. Le indagini per trattamento illecito dei dati personali si erano concluse con il rinvio a giudizio di tre persone, un pratese di 42 anni, un fiorentino di 50 anni e un trentatreenne di Bagno a Ripoli, ma il processo era stato poi trasferito per competenza a Prato.