Femminicidio Milano, giudici: "Esito vicenda De Maria imprevedibile". Avviate verifiche

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Emanuele De Maria, il detenuto evaso da Bollate che si è tolto la vita domenica gettandosi dal Duomo, secondo il pm avrebbe pianificato di uccidere la barista Chamila Wijesuriya e il collega Hani Nasr, che si è difeso dalle coltellate ed è sopravvissuto. Si indaga su premeditazione nell'inchiesta sulla morte della donna. Polemica sulla concessione del permesso di lavoro dal carcere. Il ministro della Giustizia ha avviato le verifiche con il Dap

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Gli investigatori di Polizia e Carabinieri continuano a indagare sulle 48 ore di terrore scatenate da Emanuele De Maria, che avrebbe ucciso la collega Chamila Wijesuriya, 50 anni, che lavorava nel suo stesso hotel e con cui aveva una relazione, ha ferito un altro collega, l'egiziano Hani Nasr, che si frapponeva nel loro rapporto e domenica pomeriggio si è poi tolto la vita buttandosi dalle terrazze del Duomo. Due giorni sui quali è già scoppiata la polemica, che ruota attorno al perché il detenuto fosse stato ammesso al lavoro esterno nonostante la precedente condanna per l'omicidio di una donna. Oggi il presidente della Corte d'Appello di Milano, Giuseppe Ondei, e la presidente facente funzione del Tribunale di Sorveglianza, Anna Maria Oddone, commentando il caso in una nota scrivono: "La decisione è stata emessa in ragione di un percorso carcerario che si è mantenuto sempre positivo anche durante i due anni di lavoro presso l'albergo Berna, senza che nulla potesse lasciare presagire l'imprevedibile e drammatico esito". Intanto sono state fissate le autopsie sui corpi di Chamila Wijesuriya e dello stesso De Maria, che si terranno venerdì 16 maggio.

La premeditazione

Il collega di De Maria ferito, l'egiziano Hani Nasr, che ha ricevuto cinque coltellate ma è ora fuori pericolo, ha spiegato che aveva consigliato Chamila di lasciar perdere De Maria, visti i suoi precedenti. E ha negato di aver a sua volta una relazione con la donna. Nella ricostruzione fatta dal pm Francesco De Tomasi, De Maria avrebbe pianificato di uccidere prima Chamila, poi il collega Nasr. I video riprendono il detenuto venerdì al parco Nord passeggiare con la vittima e, due ore dopo, alcuni frame lo riprendono da solo mentre scende nella metro alla fermata di Bignami con il telefono della donna uccisa. Ricomparirà sabato davanti all'hotel Berna per aggredire Nasri. Il giorno dopo l'atto finale con il suicidio. Il pm ha disposto le autopsie per accertare se l'uomo avesse assunto sostanze stupefacenti.

La polemica sul permesso di lavoro

Le indagini proseguono mentre irrompe la polemica politica sul "caso" del detenuto De Maria, condannato con fine pena nel 2030 per l'omicidio di una ragazza tunisina a Castel Volturno nel 2016. A dar fuoco alle polveri il suo avvocato, Daniele Tropea: "Meritava il permesso di lavorare fuori visto l'ottimo percorso che aveva fatto all'interno del carcere. La sua posizione era stata valutata dall'area educativa del carcere di Bollate e dal magistrato di Sorveglianza di Milano. Non mi sarei mai aspettato nulla di quanto accaduto e nemmeno che De Maria potesse trasgredire le regole. Il mese prossimo avevo in programma di chiedere la semilibertà per il mio assistito”.

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"È difficile spiegare alla gente perché fosse fuori", ammette il sindaco di Milano, Giuseppe Sala. "Non spetta al Dap concedere il permesso di lavorare all'esterno e dunque sulla vicenda l'amministrazione penitenziaria non c'entra nulla - replica il sottosgretario alla Giustizia Andrea Delmastro - è la magistratura ad aver fatto una scelta e credo che bisogna dunque chiedere a quest'ultima. È evidente che si debba far luce su cosa è successo". E non è escluso che il ministro Carlo Nordio, che sta vagliando tutti gli elementi della vicenda a disposizione finora, possa disporre un’ispezione.

Il caso De Maria

A chiedere un'ispezione al Guardasigilli è il presidente dei senatori di Forza Italia Maurizio Gasparri. "È incredibile - osserva - che una persona responsabile di un femminicidio abbia potuto fruire di permessi utilizzando i quali ha commesso altri gravissimi delitti e si è suicidato con modalità che avrebbero potuto causare ulteriori tragedie. Le valutazioni della magistratura sono state evidentemente sbagliate ed è necessario individuare le colpe e sanzionare chi ha commesso un errore così grave". Nel caso di De Maria, la pena di 14 anni e 3 mesi ottenuta in abbreviato era diventata definitiva nel 2021 e in primo grado erano cadute le aggravanti della premeditazione e motivi abietti; il lavoro esterno può essere concesso quando si è scontato un terzo della pena o sono passati cinque anni di detenzione. L'uomo era in carcere dal 2018.

Pm indaga su sottovalutazioni nel "percorso" di De Maria

La Procura di Milano sta effettuando verifiche, con l'acquisizione già compiuta di tutte le relazioni del fascicolo "trattamentale" del carcere di Bollate e con l'ascolto di testimoni, come alcuni colleghi di Emanuele De Maria, per accertare se ci siano state eventuali sottovalutazioni, omissioni o mancate segnalazioni nell'ambito del percorso del detenuto. Si tratta di una serie di verifiche, sempre coordinate dal pm Francesco De Tommasi - che ha aperto l'inchiesta per omicidio e tentato omicidio premeditati, ma che sarà archiviata per morte del reo - che saranno effettuate nell'ambito di un fascicolo autonomo.  C'è da capire, da quanto si è appreso, se nel suo percorso di lavoro esterno nell'albergo ci siano stati dei segnali della sua pericolosità e se il suo comportamento non sia stato effettivamente quello del detenuto modello indicato nelle relazioni del carcere.  Tra le persone da sentire, alcune anche già ascoltate, i colleghi dell'albergo e il datore di lavoro.

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