In Italia 1 donna su 4 vive in regioni con scarso accesso a diritti fondamentali. Report
Cronaca
Introduzione
Più di una donna e di un minore su quattro vivono in zone dove c’è uno scarso accesso ai diritti fondamentali, il divario tra Nord e Sud del Paese risulta profondo e nel mercato del lavoro si registrano ancora disuguaglianze di genere: è questo lo spaccato che emerge dalla quarta edizione di WeWorld Index Italia 2025. Il sondaggio, realizzato in collaborazione con Ipsos a fine 2024 su un campione rappresentativo di 1.100 lavoratori e lavoratrici tra i 20 e i 64 anni, analizza la condizione di donne, bambine, bambini e giovani e assegna all'Italia appena la sufficienza. E i risultati mostrano come le donne registrino la performance peggiore (42,4 su 100), confermandosi il gruppo sociale più vulnerabile.
Quello che devi sapere
Scarso accesso ai diritti fondamentali
- La quarta edizione del WeWorld Index Italia indica che nel nostro Paese il 28,3% delle donne e il 29,9% dei minori vivono in regioni dove c’è uno scarso accesso ai diritti fondamentali. Le donne in particolare si confermano, come detto, il gruppo sociale più vulnerabile ed esposto a marginalizzazione e violazione dei diritti umani. Le più penalizzate sono le donne con figli del Sud Italia, con un tasso di occupazione che non supera il 69,5% rispetto a quello delle donne senza figli. Maglia nera alla Sicilia, dove la percentuale scende al 61%.
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La situazione del Sud
- I dati raccolti dal WeWorld Index Italia confermano poi il divario profondo tra Nord e Sud del Paese. Le regioni meridionali risultano infatti le più carenti nell'implementazione di diritti fondamentali, quali l’educazione e la salute, ma anche in termini di condizione economica e partecipazione politica femminile. Le madri del Sud risultano essere le più colpite, e non solo per le basse opportunità lavorative: la copertura dei servizi socio-educativi è infatti ferma al 17,3% contro l'obiettivo europeo del 45%, rendendo ancora più difficile conciliare lavoro e famiglia.
La situazione del Nord
- In ogni caso anche nel Nord Italia non vengono raggiunti livelli ottimali: in cima alla classifica delle aree che performano meglio si trova la Provincia Autonoma di Trento, con un punteggio di 67,3, seguita da Friuli-Venezia Giulia (64,9) Valle d'Aosta ed Emilia-Romagna (63,6), tutte in miglioramento rispetto al 2018. La Toscana, con un salto dal nono al quinto posto, raggiunge il 63,3. Situazione critica per le regioni del Sud: Sicilia (38,3), Campania (39,4) e Calabria (41,8) si piazzano agli ultimi posti. Puglia e Basilicata al 17° e 18° posto con punteggi di 43 e 42,4.
Le condizioni delle famiglie
- Il rapporto analizza anche la situazione dei padri, e mostra come il congedo di paternità e il congedo parentale restino per pochi: il primo è troppo breve, il secondo ha una retribuzione insufficiente. "Le famiglie reali, fatte di madri che lottano per conciliare lavoro e vita privata, di padri che vorrebbero ma non possono essere presenti, di bambini e bambine privi di servizi essenziali, restano fuori dalle priorità del Paese", ha detto Dina Taddia, consigliera Delegata di WeWorld. "Per non parlare delle famiglie non tradizionali, monoparentali, con background migratorio, omogenitoriali, i cui bisogni restano completamente ai margini".
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Il mondo del lavoro
- Guardando invece al mondo del lavoro, dal sondaggio emerge come gli uomini siano meno soddisfatti quando la loro superiore è una donna (media di 5,9 su 10, rispetto al 6,9 delle donne). Il rapporto mette in luce anche disuguaglianze di genere nel mondo del lavoro: il 64% degli intervistati dichiara infatti che la propria azienda non offre alcuna possibilità di smart working o telelavoro. Tra chi ne ha accesso, emergono le differenze di genere: mentre il 23% degli uomini non lo utilizza mai, tra le donne questa percentuale scende al 14%, segno di una maggiore necessità di flessibilità per conciliare vita familiare e professionale.
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Le disuguaglianze di genere
- Anche la fase di selezione del personale risulta essere influenzata da disuguaglianze di genere. Più della metà degli intervistati ha ricevuto domande inopportune durante i colloqui, con forti disparità tra uomini e donne: il 61% delle donne si è sentito chiedere se avesse figli/e, rispetto al 49% degli uomini. A una donna su quattro (25%) è stato chiesto se fosse incinta. Agli uomini, invece, vengono chieste più spesso informazioni sulla salute (35%), sul lavoro svolto dai genitori (34%) e sull'appartenenza sindacale (31%).
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"Serve welfare strutturale"
- Secondo Martina Albini, Coordinatrice Centro Studi di WeWorld, "i dati del nostro sondaggio confermano quanto il mercato del lavoro italiano sia ancora condizionato da stereotipi di genere e da una distribuzione iniqua del carico familiare. Per garantire un'effettiva parità di opportunità, servono politiche di welfare strutturali, che includano congedi parentali equamente distribuiti, maggiore accesso allo smart working e un cambiamento culturale che superi le discriminazioni ancora presenti nei processi di selezione e nelle carriere professionali".
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