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Occupazione e retribuzione, divario del 20% tra donne e uomini

Economia
Irene Elisei

Irene Elisei

©IPA/Fotogramma
I titoli di Sky Tg24 del 25 febbraio, edizione delle 8
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I titoli di Sky Tg24 del 25 febbraio, edizione delle 8
00:01:38 min

Nel mercato del lavoro persistono forti differenze tra uomini e donne sul fronte occupazionale e retributivo con gap che arrivano a superare il 20%. Focus sui dati del “Rendiconto di genere” presentato dall’Inps

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In Italia il mercato del lavoro sembra vivere una delle sue fasi migliori in termini sia di occupazione sia di disoccupazione (con un tasso che a gennaio si è attestato ai minimi storici), ma leggendo tra le righe degli ultimi dati segnalati dall’Inps si riscontra un profondo divario. Il tasso di occupazione degli uomini in Italia è pari al 70,4%, quello delle donne è fermo al 52,5%: la differenza è di quasi il 18%. Il gap si allarga fino a toccare la soglia del 20% se consideriamo un altro elemento di paragone, quello retributivo. Lo stipendio giornaliero di una lavoratrice nel nostro Paese è ad esempio inferiore a quello di un collega di pari livello e stessa anzianità di servizio del 23,7% nel commercio, del 32,1% nelle attività finanziarie e dei servizi alle imprese, del 16,3% nei servizi di alloggio e ristorazione.

A metterlo nero su bianco è l’Inps nel suo “Rendiconto di genere”. Recita così l’incipit del documento pubblicato ieri: “Sono ancora rilevanti le condizioni di svantaggio delle donne nel nostro Paese, nell’ambito lavorativo, familiare e sociale”. Si evidenzia e si riconosce dunque che le ragioni del divario risiedono anzitutto in una impostazione e in una realtà del nostro mercato del lavoro che poco favoriscono l’occupazione delle donne, soprattutto quando queste diventano mamme. 

Altri numeri chiave

L’Inps segnala, inoltre, che oltre ad una differenza nei livelli di occupazione e retribuzione c’è anche una maggiore instabilità e precarietà di condizione per quanto riguarda le donne attive nel mercato del lavoro. Solo il 18% delle assunzioni della popolazione femminile infatti sono a tempo indeterminato, a fronte del 22,6% di quelle maschili. Le lavoratrici con un contratto a tempo parziale sono il 64,4% del totale e pur essendo mediamente più istruite - nel 2023 hanno superato gli uomini sia tra i diplomati (52,6%) sia tra i laureati (59,9%) - fanno più fatica a fare carriera: solo il 21% dei dirigenti e il 32,4% dei quadri è donna. 

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Le ragioni del gap

La forte disparità retributiva si spiega in un minor ricorso agli straordinari da parte delle lavoratrici o al contrario ad una maggior propensione al part time. Le ragioni sono legate ad un ruolo della donna, ancora immutato, inteso come perno di una società chiamata sì a crescere in termini economici ma anche ad accudire le fasce di popolazione che più hanno bisogno, bambini o anziani che siano. A dimostrarlo, come riportato dal Rapporto dell’Inps, può bastare il dato relativo alle ore di congedo parentale utilizzate nel 2023: 14,4 milioni di ore sono state richieste da donne lavoratrici, 2,1 milioni usate da uomini. Un altro elemento a conferma di questa chiave di lettura? L'offerta di asili nido che rimane insufficiente nella maggioranza delle regioni italiane. Solo l'Umbria, l'Emilia Romagna e la Valle d'Aosta raggiungono o si avvicinano all'obiettivo dei 45 posti nido per 100 bambini sotto i due anni di età. 

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