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Dalla scuola al lavoro, la strada per raggiungere la parità di genere è ancora lunga

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Dall’Osservatorio “Genere e Stereotipi” di Henkel Italia emerge un Paese in cui antichi pregiudizi condizionano ancora oggi vita privata e carriera professionale, incidendo su questioni come la gestione della casa e delle finanze in famiglia, l’educazione dei figli e le scelte di lavoro. Nemmeno la Gen Z ne è immune

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Gli stereotipi di genere nascono in famiglia e continuano a toccare ancora oggi sia la sfera privata che quella lavorativa: condizionano la gestione della casa, delle finanze, dell’educazione dei figli, delle scelte di lavoro. È il quadro che emerge dall’Osservatorio “Genere e Stereotipi” di Henkel Italia, che dal 2022 - in collaborazione con Eumetra - indaga un campione rappresentativo della popolazione italiana nella fascia di età compresa tra i 18 e i 55 anni tra la community del magazine online DonnaD, Amica Fidata.

Gender gap in famiglia: la distinzione dei compiti a casa

Da una rilevazione condotta tra l’autunno 2022 e febbraio 2024, a cui hanno partecipato 5mila persone, si nota innanzitutto come pregiudizi e stereotipi siano radicati tra le mura domestiche. I lavori di casa sono sempre sulle spalle delle donne? Se il 38% degli uomini dice di condividerli, solamente il 23% delle donne conferma questa versione dei fatti. Il peso differente nella gestione delle attività di casa sembra motivato dal differente contributo al reddito famigliare: il 18% degli intervistati ritiene che chi guadagna di più, cioè l’uomo nel 64% dei casi, influenzi le decisioni economiche della famiglia. Da questa tendenza si dissocia però l’80% della Gen Z, che crede che ci si debba occupare delle necessità familiari in maniera paritaria.

Gli stereotipi di genere condizionano l’educazione dei figli

Un altro campo in cui si evidenzia il retaggio di antichi stereotipi di genere è quello dell’educazione dei figli: è vero che il 62% delle madri intervistate pensa che i giocattoli “non abbiano genere”, ma va sottolineato come il 66% dei padri dichiari che non regalerebbe una bambola a un figlio maschio. Non solo: il 64% dei figli maschi dice di ricevere una “paghetta” dai genitori, mentre tra le figlie ci si ferma al 53%. Tra i ragazzi, il 64% afferma di aver ricevuto l’opportunità di studiare all’estero, mentre il 66% delle ragazze non ha mai nemmeno affrontato il tema. E se il 74% dei figli maschi può uscire di casa senza coprifuoco, per le ragazze ci si ferma al 57%.

Uomini, donne e gestione del denaro

Come anticipato, c’è poi la questione della gestione del denaro. Dalla rilevazione dell’Osservatorio 2024 si evince come solo in una famiglia su 3 i partner contribuiscono in modo paritario al reddito famigliare. Il 37% degli uomini dice inoltre di occuparsi in via esclusiva dei rapporti con la banca (percentuale che segna un +14% sul 2022) e il 38% afferma di gestire da solo le bollette e le spese della casa (+18% sul 2022).

Donne e lavoro: meno contratti, salari più bassi

Grande tema di dibattito è poi il rapporto tra donne, famiglia e vita professionale: tre donne su 10 rivelano di aver dato priorità alla famiglia invece che alla carriera. Tra le donne che lavorano sembra inoltre emergere la difficoltà a progredire di livello. Sette lavoratrici su 10 dichiarano di non aver mai chiesto una promozione o un aumento di stipendio e 8 su 10 non si sono mai proposte per una nuova mansione. Tra i dati più significativi si segnala come il 56% delle donne ritenga di essere pagata meno rispetto ai colleghi uomini e che solo il 38% sia soddisfatta del proprio stipendio. Non solo: come confermano i dati Eurostat, il tasso di occupazione delle donne di età compresa tra i 20 e i 64 anni è pari al 55% (IV trimestre 2022), il più basso tra gli Stati dell’Unione Europea (la cui media è del 69,3%). Una donna su cinque esce dal mercato del lavoro a seguito della maternità. Allo stesso tempo però, emerge una diversità di percezione tra uomini e donne: secondo l’Osservatorio anche i maschi affermano infatti di aver fatto delle rinunce per favorire la famiglia (25%), ma solo il 5% è rimasto a casa.

Studi e lavoro non sono gender neutral (nemmeno per la Gen Z)

Secondo l’Osservatorio 2024, a non essere immuni dagli stereotipi di genere sono anche la scelta della scuola e del lavoro. Va infatti a consolidarsi la percezione che i mestieri pratici e i percorsi di studio in materie Stem (Science, Technology, Engineering and Mathematics) siano prettamente maschili, mentre sono ancora visti come “femminili” tutti gli studi umanistici e tutto ciò che ruota intorno alla cura della persona. Si potrebbe pensare che siano posizioni che appartengono solamente ai più adulti, ma non è così: anche la Gen Z (i nati tra il 1995 e il 2010) non fa eccezione. In molti pensano infatti che ci siano facoltà universitarie “da maschi” e altre “da femmine”. Il 45% dei ragazzi e il 38% delle ragazze ritiene che sia così perché “uomini e donne hanno predisposizioni diverse” (la percentuale sale al 53% tra gli uomini adulti e al 53% tra le donne adulte). C’è poi chi pensa anche che uomini e donne abbiano “capacità pratiche diverse” (la pensa così il 43% degli uomini, 33% delle donne, 42% dei ragazzi Gen Z, 32% delle ragazze Gen Z) e “capacità cognitive diverse” (27% degli uomini, 26% delle donne, 33% dei ragazzi Gen Z, 25% delle ragazze Gen Z). Spostandoci dagli studi al lavoro in sé, il 62% della popolazione femminile crede che esistano lavori per uomini e lavori per donne, così come il 74% degli uomini.

Sport e stereotipi di genere

Nemmeno lo sport scappa dagli stereotipi: il 63% degli uomini ritiene ad esempio che il calcio sia una disciplina maschile, contro il 76% delle donne che pensa che sia adatta a tutti. Non diversamente, il 64% degli uomini vede la danza come uno sport “femminile”, mentre l’83% delle donne la pensa in altro modo. Guardando alla Gen Z, il 17% dei ragazzi e il 14% delle ragazze si dice influenzato nell’approcciarsi a uno sport dalle scelte degli amici maschi o delle amiche femmine.

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