L'ex commissario Gallo e i suoi presunti collaboratori hanno rilasciato solo dichiarazioni spontanee e si sono avvalsi della facoltà di non rispondere alle domande del giudice per le indagini preliminari Fabrizio Filice. Per ora solo il poliziotto Malerba ha voluto parlare durante l'interrogatorio, ammettendo di aver prelevato dati. L'Agenzia per la cybersicurezza nazionale dal canto suo rigetta ogni insinuazione circa presunte forme di compromissione dei propri servizi digitali
Si è avvalso della facoltà di non rispondere Carmine Gallo, ex commissario capo della Polizia, durante l’interrogatorio di garanzia tenuto oggi davanti al giudice per le indagini preliminari di Milano, Fabrizio Filice. Gallo, che si trova agli arresti domiciliari, è accusato di essere a capo di un’operazione di dossieraggio illecito, che avrebbe fatto ricorso a violazioni di sistemi informatici delle forze dell’ordine. L'ex poliziotto ha scelto il silenzio, limitandosi a dichiarare spontaneamente di voler chiarire la propria posizione direttamente con il pubblico ministero. "Sono un servitore dello stato, parlerò ai pm per dimostrare la mia innocenza", avrebbe detto al giudice. "Dimostrerà la sua estraneità ai fatti contestati", ha affermato la sua legale, Antonella Augimeri. Gli indagati sono coinvolti in un’inchiesta che ha portato alla scoperta di presunte infiltrazioni nei database delle forze dell'ordine, con la centrale operativa situata in via Pattari 6 a Milano. Le indagini, condotte dal gip Filice e dai nuclei investigativi, punta a fare chiarezza sulle modalità e sugli obiettivi di questa presunta attività illecita. (TUTTO QUELLO CHE SAPPIAMO SULL'INCHIESTA).
Il commento di Gallo davanti al tribunale: “È la vita”
Interpellato dai cronisti all'uscita dal tribunale, Gallo, 66 anni, con una lunga carriera nella Squadra Mobile e nella sezione antimafia, ha risposto in modo laconico alla domanda su cosa significasse per lui essere ora dalla parte degli indagati: “È la vita, scusate ma non posso parlare”. L'avvocato Antonella Augimeri ha chiarito che parlerà coi pm "solo quando avremo piena conoscenza di tutti gli dell'indagine". Il legale ha confermato che Gallo nelle dichiarazioni ha spiegato di essere un "servitore dello Stato" per oltre 40 anni e che da lui non c'è mai stata "alcuna infedeltà". "Dimostrerà la sua estraneità ai fatti con un interrogatorio con i pm e collaborerà con i magistrati", ha aggiunto la legale.
leggi anche
Dossieraggio, Meloni: "Essere implacabili coi funzionari infedeli"
Anche l’hacker Calamucci si avvale della facoltà di non rispondere
Nella stessa giornata, anche Samuele Nunzio Calamucci, esperto informatico e considerato braccio destro di Gallo, ha scelto di non rispondere al gip. Calamucci, agli arresti domiciliari dal 25 ottobre, è accusato di associazione per delinquere, accesso abusivo a sistemi informatici e violazione del segreto d'ufficio. Il suo legale, Paolo Simonetti, ha confermato la decisione di mantenere il silenzio, riservandosi di presentare ulteriori chiarimenti nel corso delle indagini preliminari. Nelle sue dichiarazioni spontanee, Calamucci ha affermato: "L'unica cosa che posso dire, signor giudice, è che dal punto di vista empirico le cose che ho letto sugli organi di stampa sono impossibili da realizzare".
leggi anche
Inchiesta dossieraggio e hacker, dati agli israeliani
In silenzio anche Cornelli e Camponovo, che però dice: "Ho paura"
Anche Giulio Cornelli, hacker di una delle società di investigazione al centro dell'inchiesta milanese sui presunti dossier illegali con informazioni prese da banche strategiche nazionali, si è formalmente avvalso della facoltà di non rispondere, ma ha annunciato di voler spiegare al pm. Cornelli, difeso dall'avvocato Giovanni Tarquini, ha rilasciato solo brevi dichiarazioni spontanee, come i presunti vertici del gruppo, Carmine Gallo e Nunzio Samuele Calamucci. "Chiarirò tutto quello che potrò chiarire - ha detto Cornnelli - Voglio uscire" da questa brutta situazione e "tagliare con ambienti che non mi riguardano". Come ha poi aggiunto l'avvocato Tarquini, Cornelli afferma di non riconoscersi "in quella figura che gli viene attribuita" dalle indagini in quanto "non è dentro in alcun contesto associativo criminale" bensì "in una vicenda delicata dai contorni ancora da definire". Pure Massimiliano Camponovo, anche lui nella presunta rete di spie informatiche, ha scelto di difendersi dalle accuse solo con dichiarazioni spontanee e avvalendosi della facoltà di non rispondere alle domande del giudice Fabrizio Filice. Camponovo, difeso dal legale Roberto Pezzi, avrebbe detto: "Temo per l'incolumità mia e della mia famiglia, mi passavano i dati e io facevo i report, eseguivo". Poi ha aggiunto: "Sono preoccupato, avevo percepito che dietro a questo sistema c'era qualcosa di oscuro".
leggi anche
Inchiesta dossieraggio, Piantedosi: "Furto dati per colpire avversari"
Malerba il primo a rispondere al gip di Milano
Marco Malerba, poliziotto del commissariato di Rho-Pero, nel Milanese, sospeso con misura cautelare dal giudice nell'inchiesta milanese su presunti dossieraggi, è stato al momento l'unico a rispondere alle domande del gip. Malerba è accusato di aver venduto al gruppo delle presunte cyber-spie informazioni sensibili con accessi abusivi alle banche dati. Da lui sono arrivate le prime ammissioni. "Sì, facevo gli accessi abusivi per i dati, nell'ambito di un rapporto di scambio di favori": è quanto avrebbe detto l'indagato. Favori che, a suo dire, gli venivano richiesti "dal suo capo", ossia Carmine Gallo. “Ci scambiavano i favori e non sono riuscito a dirgli di no” avrebbe detto - secondo quanto appreso - Malerba. Ha scelto invece di avvalersi della facoltà di non rispondere il finanziere Giuliano Schiano in servizio alla Dia di Lecce, anche lui accusato di aver fatto gli accessi illeciti nelle banche dati delle forze dell’ordine.
L'ACN rigetta insinuazioni su presunta compromissione
Intanto, in seguito ad alcune voci circolate online nelle ultime ore, l'Agenzia per la cybersicurezza nazionale ha fatto sapere che rigetta ogni insinuazione circa presunte forme di compromissione dei propri servizi digitali con le figure coinvolte nelle inchieste sugli accessi abusivi. "Le indiscrezioni giornalistiche che sono state affacciate in queste ore anche dalle testate online circa il fatto che i servizi digitali in uso all’agenzia possano essere stati compromessi dalla rete di spionaggio milanese, oggetto delle note indagini da parte della Procura distrettuale competente - come si legge in una nota - sono completamente destituite di fondamento. Questo in quanto i personaggi coinvolti in tale vicenda non hanno mai avuto alcun ruolo, contrariamente a quanto affermato, nella progettazione e nello sviluppo dei sistemi informatici in uso all’Agenzia". Tale precisazione, si legge ancora nella nota, "è tanto più doverosa nel momento in cui, a margine delle inchieste in corso sugli accessi abusivi a rilevanti banche dati, si tende ad offuscare l’integrità dell’Agenzia, con grave danno per l’immagine di questo Organismo che opera a servizio della sicurezza informatica del Paese e per la sicurezza nazionale in ambito cibernetico".