Inchiesta Liguria, Toti: "Mai debitore di chi mi finanziava. Da Spinelli soldi dal 2015"

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Il governatore della Regione, ai domiciliari perché indagato per corruzione, risponde alle accuse dei pm anche con un faldone di 17 pagine, negando ogni addebito a suo carico. Sui finanziamenti: "Ogni euro è stato usato per la collettività, tutto tracciato". Sull'aver favorito Spinelli: "Ho sempre ascoltato tutti, anche chi non mi ha appoggiato"

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Diciassette pagine di memorie difensive, consegnate ai magistrati in occasione dell’interrogatorio fiume – 180 domande in più di 8 ore – che il governatore della Liguria Giovanni Toti ha chiesto e ottenuto per difendersi dalle accuse di corruzione che dallo scorso 7 maggio lo hanno portato agli arresti domiciliari. Nell’atto, pubblicato integralmente sul sito dell’emittente genovese Telenord, il presidente di Regione cerca di scagionarsi da ogni ipotesi di reato e di “spiegare le linee politiche e morali” che lo hanno guidato “nella unica prospettiva di servire il bene e l’interesse comune dei cittadini liguri e delle loro istituzioni”.

Toti e l'attività privata: "Ascoltato anche chi non mi finanziava"

Toti parla del rapporto con “l’attività privata” - aziende e imprenditori – che definisce “non già un fattore egoistico da contrastare ma una risorsa che, lasciata crescere nel rispetto delle regole, rappresenta un valore aggiunto per la collettività quale primario elemento di sviluppo sociale ed economico”. Contesta ai giudici di aver esaminato solamente “una limitatissima parte dei rapporti tra amministrazione, Presidente, e mondo del lavoro e delle imprese” e di averne poi fatto “paradigma per tutto il resto”.

 

"Mai ingerenze nelle libere scelte"

Sintetizzando, la posizione di Toti è questa: negli anni alla guida della Liguria ha sempre ascoltato chiunque “senza alcuna discriminazione”, sia chi lo ha sostenuto sia chi invece “notoriamente” si espone “con orientamenti politici diversi” oppure che proprio non si espone. Insomma: “Non ho mai travalicato le specifiche competenze degli enti e degli uffici preposti, mai ho ingerito nelle libere scelte e decisioni dei soggetti coinvolti mai ho fatto pressioni verso alcun soggetto, mai ho servito un interesse particolare in danno di quello collettivo”.

"Non mi sono mai sentito debitore nei confronti di chi aveva contribuito alla mia iniziativa politica"

Ecco quindi che Toti cita nomi di imprenditori e di aziende con cui ha dialogato negli anni pur senza che questi fossero finanziatori delle sue campagne elettorali. Si va dai fratelli Colaninno di Intermarine (evidenziando che uno di loro, Matteo, è stato in Parlamento in quota Pd) agli armatori Gramaldi, Webuild, Pizzarotti e Fincantieri, Costa e Royal Msc. Il tutto per dire: "Non mi sono mai sentito debitore nei confronti di chi aveva contribuito alla mia iniziativa politica: il fatto di essere contributore o comunque politicamente vicino non ha mai rappresentato un titolo per ricevere da parte mia favori o trattamenti preferenziali; del pari non vi è mai stato alcun mio atteggiamento che potesse in qualche modo dare adito a tale pensiero".

Il presidente della regione Liguria Giovanni Toti (S) e l'imprenditore Aldo Spinelli, in una foto d'archivio.
ANSA/LUCA ZENNARO

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I contributi elettorali

Parlando dei contributi elettorali, Toti dice: "Ogni dazione di denaro è avvenuta nella massima trasparenza. Ciò è riconosciuto dagli stessi atti di accusa ove si fa riferimento a bonifici effettuali ai Comitati politici, gestiti nei principi legali della massima trasparenza, con obiettivi e organismi statutari e bilanci pubblicati a norma di legge". Ogni finanziamento, aggiunge, è stato accreditato "con metodi tracciabili" e rendicontato, così come "tutte le spese sostenute". E ancora: "Ogni euro incassato ha avuto una destinazione politica, nessun contributo ha prodotto arricchimento o utilità personale a me, agli altri appartenenti al mio partito o a terzi privati".

Le cene elettorali

Il governatore cita le "cene organizzate per sostenere l’azione politica del mio partito" come esempio per dimostrare la sua versione dei fatti. A tutte si "è provveduto a garantire libero accesso agli organi di stampa all’evento, proprio per consentire all’opinione pubblica e ad ogni soggetto interessato la massima possibilità di trasparenza e pubblicità". La tesi è che "chi compie un delitto o ritiene che la sua azione possa configurarsi come tale non si prodiga esso stesso per darne visibilità ed anche prova documentale".

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I temi portuali: "Ricostruzione dei fatti carente e con errori"

Su quelli che Toti chiama "temi portuali", c'è subito una stoccata al lavoro dei giudici: "Nella ricostruzione di alcuni fatti l’impianto di indagine presenta carenze ed errori". Poi difende tutti gli atti che secondo l'accusa avrebbero favorito l'imprenditore Spinelli, figura chiave nel processo, come la concessione di Terminal Rinfuse per altri 30 anni o l'assegnazione del Carbonile Enel al Gruppo Spinelli. "Tutte le proposte arrivarono da soggetti terzi e furono elaborate e valutare dagli uffici secondo i termini di legge", dice Toti, specificando poi che "il mio intervento sulle vicende non inerì gli atti stessi e la loro qualità, ma fu una semplice opera di mediazione e sollecitazione alla realizzazione di un interesse squisitamente pubblico".

Lo yacht di Spinelli

Il presidente di Regione Liguria scrive che nelle indagini "viene dato risalto al fatto che taluni incontri avvengono sullo yacht di Spinelli, quasi fosse un luogo nascosto e lussuoso di piacere". Ai giudici dice: "Basta conoscere le abitudini di vita e lavoro di Spinelli per sapere che la barca è da sempre utilizzata come succursale dell’ufficio, essendo essa più vicina fisicamente ai terminal del Gruppo della abitazione di Spinelli".

Il ruolo di Spinelli 

Si evidenzia inoltre come lo stesso Spinelli abbia peraltro sottolineato "l’abitudine del Gruppo a contribuire alla vita politica della Regione attraverso elargizioni liberali destinate nel tempo a moltissimi soggetti". Lo dimostrerebbe il fatto che l'imprenditore ha spesso cercato "una sponda" in soggetti politici lontani da Toti: viene citato l’ex governatore Burlando, con cui Spinelli ha organizzato un pranzo  "caso vuole proprio nei momenti più caldi della vicenda". Toti scrive: "La coincidenza di tempi può fare apparire il pranzo come elemento usato da Spinelli proprio per trovare un mezzo di pressione per i propri interessi, vista la carenza, a suo dire di attenzione, delle istituzioni, per le sue specifiche ragioni". E aggiunge: "Non sfugge neppure che allo stesso pranzo partecipi Giulio Schenone, rappresentante del gruppo Psa in Italia e imprenditore in porto con diversi interessi".

Il presidente della regione Liguria Giovanni Toti (S) e l'imprenditore Aldo Spinelli, in una foto d'archivio. Genova, 07 maggio 2024.
ANSA/LUCA ZENNARO

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L'accusa di voto di scambio e i fratelli Testa

Poi c'è il capitolo delll’accusa sul voto di scambio: Toti avrebbe promesso alla comunità riesina sarebbero stati promessi posti di lavoro e alloggi di edilizia popolare pubblica in cambio di almeno 400 preferenze per la sua lista. "Da evidenziare che vinsi le elezioni con circa 380 mila voti. Il sostegno della comunità Riesina si sostanzia, nelle indagini, con una certa approssimazione, di 400 voti, giusto per proporzione e per capire che l’apporto non è tale da turbare l’equilibrio democratico del voto", dice Toti. Sulla relazione con Arturo e Italo Testa, quelli che nei fatti avrebbero messo in piedi il voto di scambio andando ad agevolare il clan dei Cammarata del mandamento di Riesi, il presidente precisa che gli furono presentati in qualità di attivisti politici da due onorevoli di Forza Italia, Alessandro Sorte e Stefano Benigni, garantendone "le qualità personali".

L'interrogatorio su Spinelli

Durante l’interrogatorio, alla domanda se avesse chiesto finanziamenti all'imprenditore Spinelli Toti ha replicato: “Non lo ricordo ma è possibile. Il gruppo Spinelli comincia a sostenere i miei comitati politici dal 2015 e questo rapporto è durato fino a ora. Voglio precisare che è possibile che avessi chiesto un finanziamento anche prima dell'incontro del 1 settembre 2021”. Il presidente della Liguria afferma però nel verbale di “non ricordare di preciso” cosa rispose Spinelli alla sua richiesta. “Mi avrà detto - dice ai magistrati - che avrà fatto come sempre (...) poi scendendo dalla barca chiamai la segretaria perché mandasse la documentazione a Spinelli per fare il versamento”. Alla domanda dei pm su cosa significasse la parola 'normale' riferita al finanziamento, Toti ha risposto: “Intendevo dire con la parola 'normale' che lo avrebbe fatto come sempre”. E ai pm che gli chiedono se ci fosse una correlazione tra la seduta del Comitato portuale e il finanziamento, Toti ha detto: “Dal mio punto di vista non c'è alcuna correlazione, dato che Spinelli mi finanziava da lungo tempo. Dal punto di vista di Spinelli lui è 'uno che ci prova sempre'. Era comprensibile la sua insoddisfazione, Spinelli tutte le volte ti ricorda se puoi fare qualcosa per lui. Ripeto che non ho percepito alcuna correlazione”. Poi ai magistrati  che gli hanno chiesto come mai il 17 settembre 2021 a Spinelli al telefono avesse ricordato che “il 28 va la tua roba ricordati che sto aspettando una mano”, Toti ha risposto: “Davo una buona notizia a Spinelli e cioè che il 29 andava all'ordine del giorno la sua pratica (della proroga del Terminal rinfuse, ndr) e gli reiteravo la richiesta di finanziamento. Non ho posto in relazione le due cose, al massimo era una captatio benevolentiae. Volevo far vedere che mi ero interessato per velocizzare la pratica”.

Un'automobile della Guardia di Finanza davanti al palazzo della Regione Liguria in una foto d'archivio.
ANSA/LUCA ZENNARO

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"Chiesi voti per Cavo ma non in cambio di posti lavoro"

"Sicuramente chiesi espressamente i voti per Ilaria Cavo, parlando con uno dei due Testa", ha messo a verbale Toti nel corso del suo interrogatorio ieri. "Il senso del mio intervento fu di chiedere di dare una mano alla Cavo nonostante le incomprensioni che c'erano state". Una delle accuse mosse dai pm Federico Manotti e Luca Monteverde è quella di voto di scambio, aggravato (per l'ex capo di gabinetto Matteo Cozzani) dall'aver agevolato la mafia. I due fratelli Arturo e Maurizio Testa, secondo l'accusa, erano i referenti della comunità riesina legata al clan Cammarata. "Si erano incontrati con Ilaria Cavo - ha continuato Toti - ma non le erano piaciuti... Non ricordo che mi abbia parlato di richieste di posti di lavoro anche se era ovvio che i Testa avessero chiesto attenzione per la loro comunità... I fratelli Testa erano assillanti e presentavano persone chiedendo se potevamo dare una mano. Di certo non ho mai immaginato un collegamento diretto tra voti e posti di lavoro". Come mai in una riunione Cozzani espresse il timore di "essere squartato" dai fratelli? "Era un dialogo ironico", la risposta del governatore.

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