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Coop per ragazzi autistici in ex villa del boss casalese Sandokan rischia la chiusura

Cronaca

Gaia Bozza

Nel bene confiscato al superboss dei Casalesi, da pochi giorni collaboratore di giustizia, c'è una cooperativa che assiste bambini e ragazzi autistici. Ma ora rischia di chiudere. La denuncia di Vincenzo Abate, presidente della coop "La Forza del Silenzio" e padre di due ragazzi autistici: "Le istituzioni ci devono 600mila euro"

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La Giornata per la consapevolezza dell'autismo passa, i problemi restano. Lo sa bene Vincenzo Abate, papà di due ragazzi autistici, gemelli, di 26 anni e presidente della cooperativa "La Forza del Silenzio", che da sedici anni si occupa di offrire sostegno e terapie avanzate a minori e maggiorenni, un caso unico considerando le difficoltà crescenti di ottenere terapie e aiuto per gli autistici che hanno compiuto diciotto anni. La cooperativa non si trova in un luogo qualunque: siamo a Casal di Principe, ex fortino della camorra, clan dei Casalesi. Oggi una realtà in radicale trasformazione. In via Bologna, cuore della città, nella villa che fu del boss Francesco Sandokan Schiavone, un tempo simbolo di affari criminali, è rimasto solo il marmo pregiato. Metà di quella che fu la casa di Sandokan è un bene confiscato, ormai da tempo. Circa 60 bambini e giovani vengono seguiti qui da diverse zone della provincia di Caserta. Qui si riesce a offrire il metodo Aba sia ai minorenni, sia ai maggiorenni in convenzione con la sanità pubblica, una possibilità spesso difficile da garantire. Ma a breve potrebbe essere necessario utilizzare il tempo imperfetto, perché la cooperativa si scontra con i ritardi dei pagamenti e questo ha generato un debito “monstre” con i creditori.

Perché la coop nel bene confiscato rischia la chiusura

Sommando ritardi su ritardi, le istituzioni – Azienda sanitaria locale e Comuni in primis – avrebbero accumulato un debito di 600mila euro. Elenca le cifre nero su bianco, il presidente della coop, e parla contestualmente di un’esposizione notevole con l’istituto di credito, che ha concesso loro ben due prestiti da 250mila euro. “Abbiamo dovuto fare tre decreti ingiuntivi nei confronti dell’Asl di Caserta, ma hanno fissato l’udienza nel 2025”, spiega. Intanto, c’è da garantire l’assistenza dei 60 ragazzi e la sussistenza di 50 dipendenti. Nel luogo simbolo della camorra e della sua resa - anche alla luce della recente collaborazione con la giustizia di Sandokan - sembra che sia vicina anche la resa dello Stato, in un certo senso; o comunque, del Welfare. La cooperativa è a un passo dall’alzare bandiera bianca: “Stiamo dimettendo diversi ragazzi - racconta Abate - perché non possiamo assicurare più l’assistenza in queste condizioni. Lo abbiamo già comunicato alle loro famiglie, che sono disperate, perché non sanno come assicurare ai figli le cure necessarie. Andando avanti così, lo dico senza mezzi termini, il rischio è chiudere”.

La provocazione: “La consapevolezza del muro”

Da questo, nasce la provocazione di Vincenzo Abate: ha fatto disegnare un muro, ci ha fatto scrivere “Wall awareness day”, cioè “La consapevolezza del muro”, e ha invitato i genitori dei ragazzi autistici a lasciare un pensiero sulla questione. Alla fine, insieme ai “suoi” ragazzi, ha realizzato un video per sensibilizzare l’opinione pubblica su quanto sta accadendo. “Quello che è stato fatto con fatica per 16 anni rischia di essere distrutto - spiega - Ho pensato, simbolicamente, di parlare al muro perché fino a ora parlare con le istituzioni è equivalso a questo”. Dopo il cappio della camorra, insomma, sembra essere la burocrazia a minacciare lo slancio della società civile. Un esempio pratico: “Dal 2022, con il cambiamento delle regole nell’erogazione dei fondi si è passati da 90 giorni, tempo medio di attesa per i finanziamenti erogati dall’Azienda sanitaria locale, a 180 giorni. Non parliamo poi dei Comuni: impossibile ottenere di essere pagati prima di un anno, a volte due, e i Comuni in dissesto non pagano per nulla”. Senza parlare del fatto che le ore di trattamento per i ragazzi autistici diminuiscono nel tempo e queste terapie concepite per l’età evolutiva cessano al compimento dei diciotto anni, dopodiché bisogna che i pazienti siano presi in carico dal servizio di salute mentale. Ma diventa spesso una corsa a ostacoli, fino a rendere “invisibili” i maggiorenni. Abbate usa esattamente questa parola nel suo lungo sfogo, parlando davanti al muro che ha disegnato nella sede della cooperativa.

L’appello della cooperativa

“Noi vorremmo essere finalmente ascoltati – è l’appello di Abbate – Non chiediamo più soldi, ma una diversa gestione dei fondi. Chiediamo alla Regione Campania di incontrarci, di far sedere intorno a un tavolo chi eroga i finanziamenti, chi eroga il servizio e le associazioni che rappresentano le famiglie delle persone autistiche. Ma lei sa qual è il paradosso? Che la Regione Campania non sa nemmeno quanti autistici ci sono. Ma come si fa a stabilire il fabbisogno se non si ha un quadro chiaro della situazione?”. 

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