"Sono vivo, ma non so se sia fortuna o un miracolo. Il dolore è troppo forte, non passerà mai" dice in un'intervista a la Repubblica Andrea Gibin, caposquadra nella tragica notte di Brandizzo in cui persero la vita cinque operai
Sono passati quasi due mesi dalla notte del 30 agosto, in cui cinque operai che stavano lavorando sui binari vicino alla stazione di Brandizzo hanno perso la vita dopo essere stati investiti da un treno. Torna a quelle drammatiche ore Andrea Gibin, il caposquadra della Sigifer, recentemente esclusa da Rfi dai cantieri ferroviari, in un'intervista a La Repubblica: "Sono vivo. Ma non so se sia fortuna o un miracolo. Ero a lavorare con loro. Ero rivolto verso il treno. Ho visto una luce e quando sono saltato fuori dalla ferrovia e mi sono girato, il treno stava ancora passando. Bastava un secondo in più ed ero morto. Il dolore è troppo forte. Non passerà mai".
"Si è sempre fatto così"
"La nostra era una squadra affiatata - ha detto ancora Gibin a Repubblica - e noi che eravamo sui binari facevamo quello che ci dicevano. Il nulla osta, da parte delle ferrovie, non è mai stata una cosa così fiscale. Quando ci davano il via, si cominciava a lavorare. Le carte potevano anche arrivare dopo. Si è sempre fatto così e ora tutti dicono che non si deve. A noi però non lo dicevano". Poi Gibin fa riferimento ad Antonio Massa, il tecnico di Rfi indagato: "Con lui non mi sono sentito in questi giorni, ma la notte del fatto mi ha detto: è colpa mia. Purtroppo è vero. Noi come semplici operai non abbiamo il controllo della sicurezza nei cantieri. Siamo nelle mani di questi signori. Ci danno l’ok e noi facciamo. Sono loro che ci dicono cosa c’è da fare e quando iniziare. E in questo caso è andata male. Non so cosa lui abbia intuito quella sera". Sugli operai scomparsi: "Lavoravamo insieme da tempo. Michael Zanera abitava qui, a Borgo Vercelli. Eravamo amici. Li vedo e li penso sempre. Li ho sempre nella testa. Sarà impossibile dimenticare, Quelli erano i miei ragazzi. Li conoscevo e volevo bene a tutti. Lavoravamo, ma andavamo anche a cena. Non è per niente facile andare avanti", conclude Gibin.