Strage Brandizzo, tecnico Rfi Antonio Massa ammette: "Non mi avevano dato autorizzazione"

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Secondo quanto riporta Il Corriere della Sera, l'uomo avrebbe ammesso in lacrime davanti ai magistrati di aver dato il via libera agli operai sapendo che la linea non era stata interrotta. Intanto dalle indagini emerge che la tragedia del Torinese, con i lavoratori attivi sui binari nonostante la circolazione dei convogli, potrebbe non essere un caso isolato. Il 14 settembre informativa urgente di Salvini alla Camera

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“Non me l’avevano data l’interruzione della linea”. Secondo quanto riporta Il Corriere della Sera, così il tecnico di Rfi Antonio Massa nella serata del 31 agosto, il giorno dopo la strage di Brandizzo, avrebbe ammesso in lacrime davanti ai magistrati di aver dato il via libera agli operai sapendo che la linea non era stata interrotta. È in quel momento che l'uomo - che la sera della tragedia era l'addetto di Rfi presente sul posto in qualità di "scorta-cantiere" - è passato da testimone a indagato. Il secondo indagato é Andrea Girardin Gibin, capocantiere della Sigifer, la ditta del Vercellese per la quale lavoravano le cinque vittime. Intanto sono ripresi oggi gli accertamenti in Procura a Ivrea dove vengono ascoltati, come persone informate sui fatti, alcuni ex dipendenti della Sigifer, la ditta di Borgovercelli per la quale lavoravano le cinque vittime dell'incidente. Fonti parlamentari di maggioranza hanno fatto sapere che il 14 settembre alle 9 il ministro per le Infrastrutture Matteo Salvini terrà una informativa urgente nell'Aula della Camera.

Le indagini e l'ombra dei precedenti

Da quanto sta emergendo dallo sviluppo delle indagini, quello di Brandizzo non è stato un caso isolato: in altre occasioni è capitato che lavori sui binari cominciassero nonostante il passaggio di treni. Un aspetto che i magistrati dovranno approfondire insieme a criteri e modalità di formazione del personale. Una circostanza che sembra confermata anche dal video girato da una delle vittime la sera dell'incidente nel quale si sente una voce fuori campo dire "tanto io lavoro sul pari", con un evidente riferimento a un binario identificato in quel tratto con il numero 2. La voce sembra quella che più tardi avvertirà "ragazzi, se vi dico 'treno' andate da quella parte".

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Titolare Sigifer: "Ho la coscienza a posto"

"No, non è assolutamente una cosa normale. Per noi la sicurezza è sempre stata al primo posto. I ragazzi lo sapevano. Non volevo nemmeno usassero il cellulare durante i lavori, per evitare di distrarsi". A parlare, su Repubblica e La Stampa, è Franco Sirianni, titolare della Sigifer, che ribadisce come iniziare il lavoro sui binari senza nulla osta non fosse una prassi. Avvisato dal suo direttore tecnico, Christian Geraci, afferma: "Era un lavoro banale. C'era la scorta di Rfi. Mentre ero in auto, mi ha chiamato Andrea Gibin, il nostro caposquadra, così sconvolto che diceva frasi incomprensibili. Quando sono arrivato ho capito. Non trovavano i documenti degli operai, per ovvie ragioni - racconta di quella notte - La polizia continuava a chiedermi i loro tesserini. Abbiamo dato gli screenshot delle patenti e delle carte di identità. Dopo venti minuti ho parlato col fratello di Kevin. Poi la polizia mi ha bloccato, mi ha detto che avrebbero contattato loro le famiglie". Spiega che vorrebbe cercare i parenti, ma è andato da una sola famiglia, "perché è sempre pieno di giornalisti" e "non ho nemmeno i numeri di tutti. Avevo solo i cellulari dei lavoratori. Con Giuseppe Lombardo ho lavorato nei cantieri per 25 anni. Anche io sono un ferroviere. Kevin era arrivato da poco, il fratello lo conosco da più tempo". E sulle qualifiche degli operai spiega: "Avevano i titoli per lavorare. Gibin era caposquadra da tanti anni, Michael Zanera un saldatore qualificato. Hanno fatto i corsi per Rfi entrambi. Gli altri erano operai semplici, ma per usare il forcone nei sassi della massicciata basta, erano bravi".

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