
Il boss mafioso, poi pentito, è libero dopo aver scontato 25 anni di carcere e quattro di libertà vigilata. Collaboratore di giustizia, è stato coinvolto in decine di omicidi. Vivrà lontano dalla Sicilia, sotto falsa identità e nel programma di protezione. Forti le reazioni. “Questa non è giustizia”, ha dichiarato Tina Montinaro, vedova del caposcorta del giudice Falcone. “Capisco la rabbia, ma legge che ha permesso la scarcerazione l’ha voluta Falcone. Grazie ai segreti confessati da Brusca abbiamo incarcerato centinaia di mafiosi”, ha detto Pietro Grosso, già procuratore nazionale antimafia
Giovanni Brusca (CHI È), il capomafia che azionò il telecomando che innescò l'esplosione il 23 maggio del 1992 in cui morirono Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta, è libero. A fine maggio sono terminati i 4 anni di libertà vigilata impostigli dalla magistratura di sorveglianza, ultimo debito con la giustizia del boss di San Giuseppe Jato che si è macchiato di decine di omicidi.
Dopo 25 anni di carcere, vivrà sotto falsa identità
Dopo l’arresto, e un primo falso pentimento, il boia di Capaci decise di collaborare con la giustizia. In tutto ha scontato 25 anni di carcere. La sua scarcerazione, avvenuta nel 2021, e la decisione di sottoporlo alla libertà vigilata sollevarono dure polemiche. Brusca continuerà a vivere lontano dalla Sicilia sotto falsa identità e resterà sottoposto al programma di protezione.
Vedova Montinaro: “Questa non è giustizia”
Parole dure da Tina Montinaro, moglie di Antonio, caposcorta del giudice Falcone, rimasto ucciso nella Strage di Capaci insieme ai colleghi Vito Schifani e Rocco Dicillo. "Ho appreso la notizia della liberazione definitiva di Giovanni Brusca. Lo so bene che è stata applicata la legge ma sono molto amareggiata. Ritengo che questa non è Giustizia né per i familiari né per le persone per bene. A distanza di 33 anni i processi continuano e noi familiari non sappiamo la verità”, ha dichiarato, per poi sottolineare: “Credo sia indegno che Brusca, per quanto abbia avuto accesso alla legge sui collaboratori di giustizia sia libero. Mi aspetto che la città si indigni dinanzi a questa notizia. Se è vero che è cambiata. Ritengo che non si possa rimanere indifferenti".
Autista Falcone: “Non dovrebbe uscire dal carcere”
Dello stesso tenore il commento di Giuseppe Costanza, autista del giudice, sopravvissuto alla strage di Capaci: “Queste persone che hanno ucciso anche bambini non dovrebbero uscire più di prigione. Sono molto amareggiato. Essere scarcerati dopo 25 anni e magari con qualche vitalizio. È un premio? Dovrebbero uscire dalla tomba anche Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Vito Schifani, Antonio Montinaro Rocco Dicillo. E invece adesso Brusca ce l'abbiamo in giro. Viva l'Italia. Ecco, adesso festeggiamo la liberazione”, ha commentato all’Ansa. “È vero, la legge va applicata ma io su questo è meglio che non mi pronuncio. Ribadisco che quando ci sono stragi con tante persone uccise, ci dovrebbero essere giudici più consapevoli. Perché non è corretto che lui sia un uomo libero. Brusca ha scontato 25 anni di detenzione ma chi è morto non torna più in vita”, ha aggiunto.
Fratello moglie di Falcone: “Ha scontato pena ma resta criminale”
"C'è poco da dire: la legge è questa". Alfredo Morvillo, fratello della moglie di Falcone, ha accolto senza commentarla "in positivo o in negativo" la notizia della scarcerazione definitiva di Giovanni Brusca. "È una vicenda che sta nell'ordine delle cose. Ha scontato la pena, ha usufruito del trattamento previsto dalla legge per i collaboratori. Dico solo che, anche da uomo libero, resta un criminale”, ha aggiunto.
Grasso: “Capisco rabbia, ma legge l’ha voluta Falcone”
"Lo so, la prima reazione alla notizia della liberazione di Brusca è provare rabbia e indignazione.Vale per tutti, anche per me. Ma dobbiamo evitare reazioni di pancia e ragionare insieme. La legge per cui ora, dopo 25 anni di carcere e 4 di libertà vigilata, è considerato libero l'ha voluta Giovanni Falcone, ed è la legge che ci ha consentito di radere al suolo la cupola di Riina, Provenzano e Messina Denaro, che negli anni 80 e 90 ha insanguinato Palermo, la Sicilia, l'Italia”, ha commentato Pietro Grasso, già procuratore nazionale antimafia e presidente della Fondazione scintille di futuro. "Grazie ai segreti confessati da Brusca infatti abbiamo potuto evitare altre stragi, incarcerare centinaia di mafiosi e condannarli a pene durissime e centinaia di ergastoli. Ripeto quello che ho detto quattro anni fa: con Brusca lo Stato ha vinto tre volte: quando lo ha catturato, quando lo ha convinto a collaborare e ora che è un esempio per tutti gli altri mafiosi. L'unica strada per non morire in carcere come Riina, Provenzano e Messina Denaro è collaborare con la giustizia. Certo è che se mai dovesse commettere un qualsiasi tipo di reato non avrà alcuno sconto. Quello che mi preoccupa, e dobbiamo vigilare che non accada mai, è che si rischia di concedere benefici a chi, come Graviano, non ha mai collaborato. Il modo in cui uno Stato onora le vittime è contrastando la mafia e cercando di sconfiggerla con tutte le forze e con tutta la forza del diritto”, ha concluso Grasso.
Maria Falcone: “Dolore e amarezza, ma è la legge di Giovanni”
"Come cittadina e come sorella, non posso nascondere il dolore e la profonda amarezza che questo momento inevitabilmente riapre. Ma come donna delle Istituzioni sento anche il dovere di affermare con forza che questa è la legge. Una legge, quella sui collaboratori di giustizia, voluta da Giovanni, e ritenuta indispensabile per scardinare le organizzazioni mafiose dall'interno”, ha commentato Maria Falcone sorella di Giovanni Falcone, ricordando che Brusca "ha beneficiato di questa normativa, ha avuto un percorso di collaborazione con la giustizia che ha avuto un impatto significativo sulla lotta contro Cosa Nostra". "Le confessioni di Brusca - ha ricordato Maria Falcone - hanno contribuito all'arresto di numerosi mafiosi e alla confisca di beni illeciti. Tuttavia non si può ignorare che la sua collaborazione non è stata, su ogni fronte, pienamente esaustiva. In particolare, rimane tuttora un'area nebulosa quella riguardante i beni a lui riconducibili, per i quali la magistratura ha il dovere di continuare a indagare e chiarire ogni dubbio: colpire i mafiosi nei loro interessi economici è la pena più dura, privarli del denaro è ciò che li annienta davvero". "Il mio giudizio personale, come sorella di Giovanni Falcone oggi rimane distinto da quello istituzionale. Brusca è autore di crimini orrendi, come il rapimento e l'uccisione del piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio di un pentito, che fu tenuto prigioniero per 779 giorni e poi strangolato e sciolto nell'acido e non trovo parole per esprimere il mio dolore e rabbia personale che altrettanto e ancora più grande sarà da chi ha subito questi orrori. Ma proprio per questo, oggi rinnovo il mio impegno, e quello della Fondazione che porta il nome di Giovanni, a continuare a lavorare per il rispetto della legge, fondamento della nostra democrazia”, ha concluso.

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