Istat, natalità ancora in calo in Italia: nel 2022 -1,7% di nascite. Male anche il 2023

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Secondo il rapporto “Natalità e fecondità della popolazione residente - anno 2022” il numero medio di figli per donna scende a 1,24, evidenziando una lieve flessione sul 2021. Aumentano i figli fuori dal matrimonio, e quasi un nato su due è primogenito. Non vanno meglio i dati provvisori relativi al periodo gennaio-giugno 2023: le nascite sono circa 3.500 in meno rispetto allo stesso periodo del 2022 e il numero medio di figli è a 1,22

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Continua il calo delle nascite in Italia. L’Istat nel rapporto Natalità e fecondità della popolazione residente - anno 2022 segnala che l’anno scorso i nuovi nati sono stati 393mila, in calo dell’1,7% rispetto al 2021. Inoltre il numero medio di figli per donna scende a 1,24, evidenziando una lieve flessione sul 2021 (1,25). Non vanno meglio i dati provvisori relativi al periodo gennaio-giugno 2023: le nascite sono circa 3.500 in meno rispetto allo stesso periodo del 2022 e il numero medio di figli è a 1,22.

Nascite in calo dal 2008

L’Istat spiega che “dal 2008, anno in cui il numero dei nati ha registrato il più alto valore dall’inizio degli anni Duemila, i nati residenti in Italia sono sistematicamente diminuiti. In termini assoluti, la riduzione medio-annua ammonta a circa 13mila unità, quella relativa al 2,7%. Rispetto al 2008 oggi si rilevano oltre 183mila nascite in meno (-31,8%)”. Alla base del calo delle nascite ci sono “mutamenti strutturali della popolazione femminile in età feconda, convenzionalmente fissata tra 15 e 49 anni. In questa fascia di popolazione le donne sono infatti meno numerose di un tempo. Quelle nate negli anni del baby-boom (dalla seconda metà degli anni Sessanta alla prima metà dei Settanta) sono quasi tutte uscite dalla fase riproduttiva mentre quelle che oggi ancora vi si trovano scontano l’effetto del cosiddetto baby-bust, ovvero la fase di continua riduzione della fecondità del ventennio 1976-1995 che ha portato al minimo storico di 1,19 figli per donna nel 1995”.

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Aumentano i figli fuori dal matrimonio

Prosegue anche l’aumento dei figli nati da genitori non sposati. Secondo l’Istat “sono 163.317 (+3,5mila sul 2021, quasi 50mila in più sul 2008), pari al 41,5% del totale, di cui il 35,0% con genitori che non sono mai stati coniugati e il 6,5% da coppie in cui almeno un genitore proviene da una precedente esperienza matrimoniale. Dall’inizio del millennio la quota di nati fuori dal matrimonio sul totale dei nati è sistematicamente aumentata, guadagnando 33 punti percentuali”. La maggioranza di genitori non sposati è al Centro (48,7%), poi Nord-ovest (42,4%), Nord-est (42,3%) e Mezzogiorno (36,8%). “L’aumento della quota dei nati fuori dal matrimonio nell’ultimo anno (+1,6 punti percentuali) - osserva Istat - è in linea con la crescita media degli ultimi dieci anni (+1,5). La tendenza ad avere figli fuori dal matrimonio è diffusa soprattutto tra i giovani. I nati fuori dal matrimonio costituiscono il 59,5% delle nascite tra le giovani fino a 24 anni e il 41,9% tra i 25 e i 34 anni. Tra le coppie di entrambi italiani si arriva rispettivamente al 73,2% e 45,7%. Dopo i 34 anni di età, la quota di nati fuori dal matrimonio si attesta a 36,6% per il complesso delle coppie e al 38,5% per le sole coppie di genitori italiani”. L’Istat segnala anche che “le nascite fuori dal matrimonio sono perlopiù quelle da coppie di genitori celibi e nubili (l’84,2% delle 163mila nascite nel 2022 contro un 15,8% da coppie nelle quali almeno uno dei due proviene da precedente esperienza coniugale). Ciò si deve al fatto che, soprattutto tra le coppie più giovani, aumenta l’adesione a un sistema valoriale per il quale il matrimonio rappresenta meno che in passato il passaggio obbligato prima di avere dei figli. Tra le madri fino a 24 anni di età, per esempio, la quota di nascite da genitori mai coniugati rappresenta il 54,6% del totale, contro il 36,4 % di quelle di età compresa tra i 25 e i 34 anni e il 28,0% delle over34enni”.

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Nel 2022 quasi un nato su due è primogenito

L’Istat poi osserva che se a inizio millennio le criticità riguardavano la decisione di avere un secondo figlio, oggi le molteplici difficoltà economiche che investono il nostro Paese incidono invece sulla scelta primaria di mettere al mondo un figlio. “Nel 2022 quasi un nato su due è primogenito - osserva l’Istituto - I nati del primo ordine ammontano, infatti, a 192.525 unità, il 48,9% del totale dei nati, registrando una significativa crescita assoluta (+6mila) e relativa (+3,2%) sul 2021. I figli di ordine successivo al primo diminuiscono invece del 6,1% nell’ultimo anno. L’aumento dei primi figli si deve al recupero dei progetti riproduttivi rinviati dalle coppie a causa della pandemia. Infatti, l’incremento riscontrato tra il 2021 e il 2022 assorbe completamente la riduzione rilevata tra il 2020 (192.142) e il 2021 (186.485 primogeniti) pari al -2,9%”. L’aumento dei primogeniti “si inserisce nel quadro di un trend decrescente di lungo corso. Dal 2008 a oggi, infatti, i nati di primo ordine sono diminuiti del 32,4% mentre quelli di ordine successivo al primo del 31,2%”.

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Cala il contributo alla natalità da parte dei cittadini stranieri

Anche “i nati da genitori in cui almeno uno dei partner è straniero continuano a diminuire nel 2022 - osserva l’Istat - attestandosi a 82.216 unità e costituendo il 20,9% del totale dei nati. Dal 2012, ultimo anno in cui si è osservato un aumento sull’anno precedente, queste nascite sono diminuite di 25.789 unità. I nati da genitori entrambi stranieri sono 53.079 (26.815 in meno sul 2012) e costituiscono il 13,5% del totale dei nati. I nati in coppia mista, passati da 28.111 nel 2012 a 29.137 nel 2022, presentano nel tempo un andamento tutt’altro che regolare. Il crescente grado di ‘maturità’ dell’immigrazione nel Paese, testimoniato anche dal notevole aumento delle acquisizioni di cittadinanza italiana, rende però sempre più complesso misurare i comportamenti familiari dei cittadini di origine straniera”. Si riscontra, infatti, “un numero rilevante di acquisizioni di cittadinanza proprio da parte di quelle collettività che contribuiscono in modo più cospicuo alla natalità della popolazione residente. Dai dati più recenti sulle acquisizioni emerge che, nel 2021, circa il 40% delle acquisizioni di cittadinanza da parte di donne straniere riguarda le collettività albanese, marocchina e rumena. L’incidenza delle nascite da genitori entrambi stranieri sul totale dei nati è notoriamente molto più elevata nelle regioni del Nord (19,3%) dove la presenza straniera è più radicata e, in misura minore, in quelle del Centro (15,1%); nel Mezzogiorno l’incidenza è molto inferiore rispetto al resto d’Italia (5,6% al Sud e 5% nelle Isole)”.

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In media si diventa madri a 31,6 anni

“Per il totale delle donne residenti l’età media al parto rimane stabile rispetto al 2021, pari a 32,4 anni - spiega l’Istat - Più alta per le italiane (32,9) rispetto alle straniere (29,6), ma rispetto al 1995 la crescita è di oltre due anni. In misura marcata è cresciuta anche l’età media alla nascita del primo figlio, che oggi si attesta a 31,6 anni, oltre tre anni in più rispetto al 1995”. A livello territoriale “l’età media al parto è più alta nel Centro e nel Nord (32,8 e 32,5) rispetto al Mezzogiorno (32,0). Il Lazio è tra le regioni che presentano il calendario più posticipato (33 anni). Nel Nord, è la Lombardia a registrare l’età media al parto più alta (32,6 anni), mentre la Provincia autonoma di Bolzano/Bozen quella più bassa (31,8 anni). Nel Mezzogiorno, l’età media al parto delle residenti in Sardegna e in Molise si attesta a 32,9 anni, superata solo da quelle della Basilicata (33,1 anni). Le madri più giovani d’Italia risiedono in Sicilia, con un’età media al parto di 31,5 anni. Confrontando i tassi di fecondità per età del 1995, del 2010 (italiane e totale residenti) e del 2022 (italiane e totale residenti) si osserva uno spostamento della fecondità verso età sempre più mature. Rispetto al 1995 i tassi di fecondità sono cresciuti nelle età superiori a 30 anni mentre continuano a diminuire tra le donne più giovani. Questo fenomeno è ancora più accentuato se si considerano le sole cittadine italiane, per le quali, confrontando la fecondità del 2022 con quella del 2010, il recupero della posticipazione si osserva solo a partire dai 35 anni”.

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