È morto Matteo Messina Denaro. L'ex superlatitante e boss di Cosa Nostra aveva 61 anni
CronacaLe condizioni di salute del padrino di Castelvetrano, colpito da un’aggressiva forma di tumore al colon ormai al quarto stadio, erano precipitate dopo l'estate: il 22 settembre era arrivata la notizia di un coma irreversibile che non lasciava più speranze. Era stato arrestato lo scorso 16 gennaio mentre si trovava alla clinica La Maddalena a Palermo, dove era in cura. Disposta l'autopsia
Nella notte tra domenica 24 e lunedì 25 settembre è morto Matteo Messina Denaro (CHI ERA). Le condizioni di salute dell’ex boss di Castelvetrano, colpito da un’aggressiva forma di tumore al colon ormai al quarto stadio, si erano aggravate negli ultimi giorni: venerdì 22 era entrato in un coma irreversibile che non lasciava più speranze. I medici, sulla base delle indicazioni date dal paziente, che nel testamento biologico ha rifiutato espressamente l'accanimento terapeutico, avevano interrotto l'alimentazione parenterale endovena. Messina Denaro era ricoverato nel reparto detenuti all'ospedale San Salvatore de L'Aquila, dove era arrivato dopo essere stato qualche mese, in regime di 41 bis, nel carcere di massima sicurezza del capoluogo abruzzese. Dopo quasi 30 anni di latitanza (su 61 di vita), Messina Denaro era stato arrestato lo scorso 16 gennaio, mentre si trovava alla clinica La Maddalena di Palermo: proprio lì stava curando il suo tumore. Dopo la morte, la salma di Messina Denaro è stata spostata in uno dei sotterranei dell'obitorio dell'ospedale aquilano, che dista non più di cento metri dalla camera-cella nella quale era ricoverato dallo scorso 8 agosto: il corpo del boss sarà sottoposto ad autopsia, prima di lasciare il capoluogo della regione Abruzzo per essere tumulato a Castelvetrano.
L’aggravarsi delle condizioni di salute e la morte
Le condizioni del padrino, sottoposto dal 2020 a quattro operazioni chirurgiche e a diversi cicli di chemio, erano subito apparse gravi ai medici dell'Aquila che l'hanno avuto in cura dalla cattura e che inizialmente l'hanno sottoposto alle terapie in carcere, dove era stata allestita per lui una cella con infermeria. Dopo l'ultimo intervento il boss, molto grave, è stato trattenuto in ospedale, trattato con la terapia del dolore e poi sedato. Prima di perdere coscienza ha incontrato alcuni familiari e dato il cognome alla figlia Lorenza, avuta in latitanza e mai riconosciuta. La ragazza, insieme a una delle sorelle del capomafia e alla nipote Lorenza Guttadauro, che è anche il difensore del boss, è stata al suo capezzale negli ultimi giorni. È stato proprio il cancro al colon a portare i carabinieri del Ros e la Procura di Palermo sulle tracce del padrino, riuscito a sfuggire alla giustizia per 30 anni.
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Chi era Matteo Messina Denaro
Messina Denaro era nato a Castelvetrano, Trapani, il 26 aprile 1962. La mafia ne ha segnato la vita fin da subito: il padre era Francesco Messina Denaro, il don Ciccio di Cosa nostra. La prima denuncia per associazione mafiosa arriva nel 1989, quando viene coinvolto nella faida tra due clan siciliani, gli Ingoglia e gli Accardo di Partanna. Ritenuto tra i mandanti degli attentati del 1992 in cui morirono i giudici Falcone e Borsellino e delle stragi di Roma, Firenze e Milano del 1993, è stato condannato più volte all’ergastolo per decine di omicidi e altri reati. Tra questi anche la morte di Giuseppe Di Matteo, rapito a soli 12 anni e sciolto nell'acido tre anni dopo perché figlio del collaboratore di giustizia Santino Di Matteo. Poco tempo fa erano state rese pubbliche le risposte che Messina Denaro aveva dato al procuratore di Palermo Maurizio De Lucia e all'aggiunto Paolo Guido nell'interrogatorio seguito al suo arresto. In nessun passaggio aveva mostrato la volontà di collaborare con la giustizia: "Cosa nostra la conosco dai giornali. Non voglio fare il superuomo e nemmeno l'arrogante, voi mi avete preso per la mia malattia". Aveva però negato di essere coinvolto nell'omicidio Di Matteo.
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Dalla latitanza all’arresto
‘Diabolik’ – uno dei vari soprannomi dati a Messina Denaro – iniziava la sua latitanza nel 1993: si era reso irreperibile subito dopo la cattura di Totò Riina. Per decenni le autorità lo hanno cercato dentro e fuori Italia, costruendo al computer identikit digitali per capire come potesse essere invecchiato. Nel frattempo lui aveva messo su anche famiglia: è in questo periodo che nascono la figlia Lorenza, che solo pochi giorni fa aveva deciso di riconciliarsi con il padre, e il figlio Francesco. Alla fine, appena iniziato il 2023, lo si è trovato nella sua Sicilia, tradito dalla necessità di curarsi per la malattia. Da tempo utilizzava il falso nome di Andrea Bonafede. Ci si continua però a chiedere se davvero la gente che lo circondava non conoscesse la sua vera identità. Dopo la sua cattura gli inquirenti hanno arrestato anche vari membri della sua cerchia intima. A partire dalla sorella Patrizia, accusata di avere gestito un giro di estorsioni. Poi, dall’analisi dei pizzini con cui collaborava con i suoi collaboratori e degli immobili in cui viveva indisturbato a Campobello di Mazara, è emerso un quadro del boss ancora sconosciuto: Messina Denaro amava le donne, gli abiti di marca, i Rolex. Ma anche i videogiochi, i film – in casa sua sono stati trovati poster di Joker e de Il Padrino – e i fumetti. Uno, in particolare: Diabolik.
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La malattia
Dopo l’arresto si è scoperto che Messina Denaro era malato più o meno da tre anni, almeno dalla fine del 2020. Portato nel supercarcere de L’Aquila, una delle strutture attrezzate per le cure di cui aveva bisogno, è stato costantemente sotto il controllo dall'equipe dell'Oncologia dell'ospedale de L'Aquila. Curato in cella, dove per lui era stata allestita una sorta di infermeria, le sue condizioni sono precipitate nell’estate del 2023. Lo scorso 8 agosto scorso era stato ricoverato all'ospedale San Salvatore dell'Aquila per un intervento chirurgico per una occlusione intestinale. Dopo essere rimasto qualche settimana nel reparto di rianimazione, nonostante le sue proteste e quelle dei familiari, era poi stato trasferito nella cella del reparto per detenuti. Da lì è stata tutta una discesa: prima la terapia del dolore, l’interruzione della chemioterapia e di qualsiasi altra terapia oncologica, la sedazione. Fino alla morte avvenuta il 25 settembre 2023, poco prima delle 2.