Matteo Messina Denaro ai pm: "Non mi pentirò mai. Cosa nostra? La conosco dai giornali"

Cronaca
ANSA/US CARABINIERI

Nello stesso giorno in cui l'ex superlatitante è stato trasferito dal carcere all'ospedale San Salvatore de L'Aquila, emergono i dettagli dell'interrogatorio reso ai pm dopo il suo arresto: "Non voglio fare il superuomo e nemmeno l'arrogante, voi mi avete preso per la mia malattia"

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"Io non mi farò mai pentito". Nello stesso giorno in cui le condizioni di salute di Matteo Messina Denaro hanno imposto il trasferimento dal carcere di massima sicurezza de L’Aquila all’ospedale San Salvatore, sempre nel capoluogo abruzzese, emergono alcuni dettagli dall’interrogatorio dell’ex superlatitante successivo al giorno del suo arresto, il 16 gennaio 2023. Al procuratore di Palermo Maurizio De Lucia e all'aggiunto Paolo Guido, il boss ha negato di aver commesso stragi e omicidi: "Non c'entro nella maniera più assoluta. Poi mi possono accusare di qualsiasi cosa, io che ci posso fare". Lo stesso ha fatto riguardo alle accuse di traffico di droga. Anzi: "Io mi sento uomo d'onore ma non come mafioso. Cosa nostra la conosco dai giornali. Magari ci facevo affari e non sapevo che era Cosa nostra", ha detto ai magistrati. Ha però ammesso di aver avuto una corrispondenza con il capomafia Bernardo Provenzano. "Una cosa fatemela dire. Forse è la cosa a cui tengo di più. Io non sono un santo...ma con l'omicidio del bambino non c'entro", ha poi detto in riferimento all'omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo, il figlio del pentito Mario Santo Di Matteo, rapito nel 1993 e sciolto nell'acido dopo essere stato tenuto in ostaggio per quasi 800 giorni.

Messina Denaro ai pm: “Mi avete catturato per la mia malattia”

L’interrogatorio in questione - 70 pagine - è stato depositato oggi, 8 agosto. Oltre a negare il suo coinvolgimento con la mafia, Messina Denaro ha detto agli inquirenti che l’unico motivo per cui è stato catturato sono le sue condizioni di salute: "Non voglio fare il superuomo e nemmeno l'arrogante, voi mi avete preso per la mia malattia". Il capomafia ha raccontato che, fin quando ha potuto, ha vissuto stando lontano dalla tecnologia, sapendo che sarebbe stato un punto debole. Il giorno del suo arresto, Messina Denaro si trovava alla clinica di cura La Maddalena di Palermo, dove era in cura per un tumore che - ha ricordato oggi il suo legale Alessandro Cerella - è ormai arrivato al quarto stadio. La latitanza del boss è durata quasi 30 anni.

Sull'omicidio del piccolo Di Matteo: "Un sequestro non è mai finalizzato all'uccisione"

Messina Denaro è sceso nei dettagli sulla vicenda del piccolo Di Matteo. "Lei mi insegna che un sequestro di persona ha una sua finalità, che esclude sempre l'uccisione dell'ostaggio, perché un sequestro a cosa serve? Ad uno scambio: tu mi dai questo ed io do l'ostaggio; il sequestro non è mai finalizzato all'uccisione", ha detto parlando al procuratore De Lucia. A uccidere il bambino, ha aggiunto, è stato il capomafia corleonese Giovanni Brusca, fuori da sé per essere stato condannato all'ergastolo per l'uccisione dell'esattore Ignazio Salvo. "Ma... allora, a tutta coscienza - ha detto Messina Denaro -  se io devo andare in quel processo, che è ormai di Cassazione, devo andare per sequestro di persona. Quindi a me perché mi mettete - non voi, il sistema - come mandante per l'omicidio, quando lui dice che poi non ci siamo visti più?".

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Il boss sull'audio in cui imprecava contro commemorazione Falcone: "Non volevo offendere il giudice"

Soltanto lo scorso 19 luglio, la Corte d'Assise d'appello di Caltanissetta ha confermato l'ergastolo per Messina Denaro, in quanto mandante delle stragi del 1992 in cui morirono i giudici Giuseppe Falcone e Paolo Borsellino. Negli scorsi mesi era trapelato un audio - inviato a una paziente anche lei malata di tumore - in cui il boss si lamentava di essere bloccato nel traffico a causa di una commemorazione della strage di Capaci, quella in cui fu ucciso Falcone. Ai magistrati, Messina Denaro ha spiegato che "ce l'avevo con quella metodologia di commemorazione". Perché, ha detto, "se invece del giudice fosse stato Garibaldi, la mia reazione sempre quella sarebbe stata, perché non si possono permettere di bloccare un'autostrada per decine di chilometri: cosi vi fate odiare". 

Le critiche al reato di concorso esterno: "Farlocco"

Messina Denaro ha poi criticato sia la definizione di uomo d'onore riservato - cioè gli affiliati alla mafia senza passare per i riti tradizionali - che il reato di concorso esterno in associazione mafiosa. "Il mafioso riservato è tipo un altro argomento di legge, se vogliamo dire, farlocco, come il 'concorso esterno', io preferirei, se fosse una mia decisione: tu favorisci... il favoreggiamento prende da 4 a 5 anni, se favorisci un mafioso sono 12 anni; meglio così: si leva il farlocco di torno", ha detto il boss. L'argomento è stato tirato fuori in risposta ai pm che gli chiedevano di Andrea Bonafede, accusato di essere un uomo d'onore riservato e di aver prestato al padrino la sua identità per aiutarlo nella latitanza.

"Ho avuto una vita molto avventurosa"

Ai procuratori che lo hanno sentito, il padrino ha parlato di una vita che "non è stata sedentaria", ma "molto avventurosa, movimentata". Poi - ammettendo di aver vissuto in latitanza - ha ammeso "di aver comprato una pistola, ma di non averla mai usata e di non aver fatto omicidi e stragi".

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"Vivo bene di famiglia, mio padre era un mercante d'arte"

E ancora, negando di aver trafficato sostanze stupefacenti, Messina Denaro ha detto di riuscire a vivere bene "di mio, di famiglia". Ha spiegato che il padre, Francesco Messina Denaro, padrino di Castelvetrano, morto da latitante e ritenuto uno dei fedelissimi dei corleonesi di Totò Riina, "era un mercante d'arte". Di sé ha raccontato: "Io sono appassionato di storia antica da Roma a salire".

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