Rifiuta nutrizione artificiale, sì dell'Asl Toscana al suicidio assistito

Cronaca
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La donna 54enne è paralizzata a causa di una sclerosi multipla progressiva. Il parere inizialmente negativo dell’Azienda sanitaria è cambiato in seguito alla recente sentenza della Corte costituzionale n. 135 del 2024 che ha esteso l'interpretazione del concetto di "trattamento di sostegno vitale"

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Sì dell'Azienda sanitaria Toscana Nord-Ovest al suicidio assistito per una donna rimasta completamente paralizzata a causa di una sclerosi multipla progressiva. La richiesta della 54enne per settimane ha ricevuto risposta negativa ma alla fine l’iter si è sbloccato e ha ottenuto il parere positivo dell’Asl. La donna, che rifiuta la nutrizione artificiale, possiede tutti e quattro i requisiti previsti dalla sentenza 242/2019 (Cappato/Dj Fabo) per poter accedere legalmente al suicidio medicalmente assistito in Italia. A renderlo noto è l’Associazione Coscioni che sottolinea come questa sia “la prima applicazione della nuova sentenza della Consulta che ha esteso il concetto di 'trattamento di sostegno vitale'". Da oggi, se confermerà la sua volontà, la donna potrà procedere a porre fine alle sue sofferenze.

I prossimi passi

La Commissione medica dell'Azienda sanitaria ora aspetta di sapere le modalità di esecuzione e il medico scelto dalla donna, in modo da assicurare "il rispetto della dignità della persona". La revisione del parere della Asl, inizialmente negativo, è avvenuta alla luce della recente sentenza della Corte costituzionale n. 135 del 2024 che ha esteso l'interpretazione del concetto di "trattamento di sostegno vitale". L'Azienda sanitaria, infatti, fino a questo momento, non riconosceva la presenza di questo requisito, in quanto equiparava il rifiuto della nutrizione artificiale (Peg) all'assenza del ‘trattamento di sostegno vitale’". Nella nuova sentenza, però, i giudici costituzionali hanno chiarito che "non vi può essere distinzione tra la situazione del paziente già sottoposto a trattamenti di sostegno vitale, di cui può chiedere l’interruzione, e quella del paziente che non vi è ancora sottoposto, ma ha ormai necessità di tali trattamenti per sostenere le sue funzioni vitali".

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